Laicità - Se la scuola non saprà contrastare il conformismo culturale e promuovere la razionalità non potrà uscire dall’analfabetismo scientifico che impedisce lo sviluppo delle imprese ad alta tecnologia
Stefania Friggeri Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Marzo 2008
Qualche parola sulla laicità, ma non dalla parte delle donne che, ormai è evidente, sono le prime vittime della ‘sana’ laicità di Ratzinger, ma per esaminare temi che usualmente non vengono messi in rapporto con la laicità. A torto però perché, ad esempio, l’Italia non può sperare di sollevarsi dalla crisi economica se alle previdenze sul piano strutturale e finanziario non si accompagna il recupero d’una cultura laica. Ragioniamo. Oggi i paesi emergenti sono quelli che sfornano matematici, fisici, ingegneri, in cui si investe nella ricerca e viene promossa la cultura scientifica. Che si nutre di libere relazioni, di un metodo di lavoro razionale, lontano dal dogmatismo. Perché la scienza si fonda sul dubbio e l’uomo, consapevole dei suoi limiti e del grande mistero che lo circonda, quando raggiunge un risultato, non solo l’espone al controllo universale (pubblicazioni,convegni…) ma continua la ricerca perché ogni punto di arrivo è anche un punto di partenza: ogni verità è vera finchè…rimane vera. Niente di assoluto, parlano gli uomini, non Dio. Nessuna confusione fra fede e scienza perché questa si occupa di trovare spiegazioni naturali a fenomeni naturali, non ha nulla da dire sul trascendente. Da qui la lettera dei 67 professori della Sapienza al rettore che aveva chiamato a tenere la “lectio magistralis”, ovvero a tracciare le linee di indirizzo degli studi, il rappresentante d’una cultura incompatibile col pensiero scientifico. Il quale si fonda su quel relativismo (no alla Verità assoluta) contro cui il Papa lancia continui strali. Infatti assegnare al papa il momento più solenne dell’anno accademico è stato definito “incongruo…in nome della scienza e della laicità della cultura” anche perché questo papa ha affermato che la scienza senza la fede è cieca e la ragione senza la fede inaridisce, come l’albero le cui radici non toccano l’acqua. Letto in questa luce il caso della Sapienza non è che l’ultimo atto di protesta di uomini di scienza contro i ripetuti tentativi di limitarne l’autonomia sostenendo che gli scienziati sordi ai dettami del magistero cattolico non sono in grado di lavorare rispettando i principi morali. La servile canea politico-mediatica ha inoltre dimenticato che nel tempio del dialogo e del confronto il discorso sarebbe stato unidirezionale perché è impensabile che accetti un contraddittorio una figura che, per definizione, è colui che “docet”, insegna. D’altra parte l’abito del discorso unidirezionale, (parlare “ex cathedra”), appartiene alla tradizionale catechesi cattolica che non si fonda sulla “centralità” dell’alunno: ascolto, promozione dello spirito critico e dell’autonomia; essa non contempla neppure le domande, le suggerisce e detta le risposte, come nel catechismo: Chi ci ha creato? Ci ha creato Dio. Ma se questo era già criticabile ieri, nell’età pre-globalizzata e pre-tecnologica, oggi la scuola, se non saprà contrastare il conformismo culturale e promuovere la razionalità sposata alla creatività, non potrà uscire dall’analfabetismo scientifico che ci impedisce di progredire nel campo delle imprese ad alta tecnologia. Parole di Mussi alla Sapienza: “Quello che è sicuro è che i grandi problemi attuali dell’umanità non avranno soluzione senza uno straordinario sviluppo del sapere e delle conoscenze scientifiche. Della libertà della scienza…Dovremo nell’arco di poche generazioni affrontare problemi inediti della salute, delle comunicazioni, dell’energia, dei cambiamenti climatici, della scarsità di risorse vitali come l’acqua…C’è la via del dominio, del conflitto di civiltà…e c’è la via della cooperazione…Questa seconda via ha bisogno d’una diffusione mai conosciuta prima di valori umani, di conoscenza, di scienza. Le Università, le istituzioni della ricerca scientifica hanno dunque un valore immenso. Il nostro paese deve recuperare ritardi gravi, a cominciare dalle risorse che vi destiniamo”. E infatti in campagna elettorale l’Unione si era impegnata a promuovere i saperi, ma ancora una volta al ministero dell’Istruzione è andato un cattolico e molte risorse sono andate alle le scuole private, quasi tutte cattoliche, dove gli allievi non vengono certo educati a sentire il “diverso” come soggetto di pari dignità culturale, ma piuttosto come persona da tollerare e, se possibile, da convertire. E non per responsabilità diretta degli insegnanti, ma per il fatto in se stesso, perché i genitori si preoccupano di tenerli lontano da chi proviene da un’altra cultura. E invece in un mondo globalizzato si dovrebbero scoraggiare tutte le scuole confessionali, come ci dice l’esperienza delle scuole multietniche e multireligiose con le quali, nei paesi sconvolti dall’odio, si cerca di educare i giovani alla pace.
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