Movimento per la Vita - L’introduzione nei consultori del Movimento per la Vita si sta rivelando un espediente efficace per colpire le leggi legate alla vita sessuale e alla fertilità della donna
Stefania Friggeri Lunedi, 23/04/2012 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Aprile 2012
Un virus funesto si sta diffondendo nel paese e ha già contagiato la Lombardia di Formigoni (espressione del gruppo di potere che bagna con l’acqua benedetta gli interessi mondani dell’Opus Dei e di Comunione e Liberazione), il Piemonte di Cota (mosso dall’opportunismo cinico di irrobustire con la tradizione cattolica la vaghezza dell’identità padana), il Lazio della Polverini (sostenitrice della proposta Tarzia per garantirsi la benevolenza del Vaticano). Ma il virus non ha risparmiato neppure l’Emilia-Romagna le cui linee guida regionali non sono prive di ambiguità: lo dimostra il caso di Correggio, dove la giunta di centrosinistra ha votato un progetto “sperimentale” che prevede l’ingresso nei Consultori del Movimento per la Vita. L’introduzione nei consultori del Movimento per la Vita si sta rivelando un espediente efficace per colpire insieme le due leggi che mirano a risolvere le problematiche legate alla vita sessuale e alla fertilità della donna: la 405, che istituisce i Consultori, e la 194 che disciplina anche l’IVG (interruzione volontaria della gravidanza). Il Movimento per la Vita infatti, che prevede nel suo statuto il contrasto attivo all’IVG, equipara l’aborto all’omicidio ma…non ammette la contraccezione, se non l’inaffidabile Ogino-Knaus. In verità l’ostilità alla contraccezione, ferma e tenace, era già presente fra i primi cristiani: eredità della cultura ebraica, la condanna dei metodi contraccettivi si è poi irrobustita nel tempo grazie all’autorevolezza di figure prestigiose fra cui giganteggiano Agostino e Tommaso, i padri della morale cristiana. Agostino afferma che il peccato originale è legato al piacere della carne, il più grave dei peccati perché allontana “dalle vette dello spirito”, dunque da Dio. Pertanto se “il piacere sessuale nella sua veemenza blocca la ragione” chi accede al sacro deve rimanere celibe e il matrimonio ideale è quello di Giuseppe e Maria che vissero, secondo la tradizione, in castità. O meglio: il piacere che traggono gli sposi dalla vita matrimoniale è giustificato solo dal fine della procreazione. Successivamente la contraccezione, già condannata come peccato mortale, viene addirittura criminalizzata da Tommaso: poiché il seme maschile è “qualcosa di divino” che deve sempre essere versato nel giusto vaso, il peccato col quale viene impedita la procreazione della vita è identico a quello con cui viene tolta la vita: omicidio. Da qui l’opinione diffusa fra i moralisti che l’incesto, se il seme entra in vagina, sia un peccato meno grave della contraccezione che va sempre evitata, anche se la gravidanza mette in pericolo la vita della donna. E queste idee arrivano fino alla “Casti connubii” (1930) dove si condanna “l’idolatria della carne” che induce ad una “criminosa libertà” coloro che “vogliono soddisfare il solo piacere, ma senza oneri”. Nella seconda metà del XX secolo però la Chiesa non condanna più come peccato il piacere e la volontà di limitare il numero dei figli (mortale o veniale a seconda dei teologi) anche se gli sposi devono osservare la castità periodica e rifiutare ogni forma di contraccezione diversa dai ritmi temporali (vedi la Humanae Vitae di PaoloVI nel 1968). E tuttavia nella “Familiaris consortio” (1981) Papa Woityla raccomanda agli sposi di non abusare del metodo di controllo concesso dalla chiesa cercando “per motivi disonesti” di avere un numero di figli “al di sotto del numero di nascite moralmente giusto per le loro famiglie”. Parole che esprimono l’ideale della moglie-madre e della famiglia numerosa, ideale che, nel clima nazionalista del 1915, aveva indotto molti moralisti a deplorare, nella limitazione intenzionale del numero dei figli, la rinuncia a una forza militare pari a quella del nemico. “Migliaia di genitori piangono la perdita dell’unico figlio… È una punizione necessaria” (da U.R.Heinemann,“Eunuchi per il regno dei cieli”). Ovvero il principio in sé giusto del “non uccidere” trova delle limitazioni in alcuni casi (pena di morte, guerra giusta), non ne trova alcuno se si tratta di contraccezione. O di aborto: i teologi hanno dibattuto per secoli quando avviene l’animazione: chi diceva che l’anima entrava nell’embrione al momento del concepimento, chi al 40° giorno per i maschi e all’80° per le femmine, dottrina questa ultima che rimase prevalente fin verso la fine del XIX secolo. Quando prevalse l’opinione dell’animazione simultanea, e questo portò ad un inasprimento della normativa: Pio XII nell’Allocuzione alle ostetriche del 1951 affermò che l’aborto è vietato anche quando permette alla madre di sopravvivere. Concludendo: solo ripercorrendo la storia della Chiesa si può contestualizzare e comprendere l’humus culturale di cui ancora oggi si nutre la morale, rigida e colpevolizzante, di associazioni quali il Movimento per la Vita, strettamente ossequienti ai precetti e alle disposizioni del Magistero. La cui influenza si allarga ben oltre gli spazi dell’associazionismo cattolico, come ha dimostrato la censura della parola “preservativo” che la dirigenza dell’ente ha imposto alla RAI, azienda pubblica e voce della multiforme società italiana.
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