CONSULTORI / LAZIO - Una ricerca della Società Italiana di Sociologia (Sois) rileva l’importanza dell’impatto sociale dei consultori. E demolisce il pregiudizio che li vuole luoghi marginali e frequentati solo dalle donne che vogliono abortire
Dalla Negra Cecilia Lunedi, 13/02/2012 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Febbraio 2012
Invisibili, poco conosciuti, solo parzialmente pubblicizzati. Eppure, per le donne, rappresentano un punto di riferimento fondamentale, un luogo in cui è possibile trovare aiuto, assistenza e, soprattutto, umanità. È il potere del passaparola che li tiene in vita e alimenta quel ruolo centrale che svolgono sui territori, accogliendo donne, uomini, adolescenti e famiglie, fornendo servizi importanti a costo zero per le e gli utenti. Sono i consultori del Lazio, attaccati dalla nota proposta di legge regionale (prima firmataria Olimpia Tarzia), e analizzati da una ricerca svolta dalla Società Italiana di Sociologia (Sois) che, tra numeri e percentuali, rivela tutta l’importanza del loro impatto sociale. È infatti in questi luoghi che diventa realtà oggettiva quella pratica di oralità diffusa tipicamente femminile, capace di sopperire agli scarsi investimenti pubblici e ad un’istituzionalizzazione marginale oltre che ad una pubblicizzazione praticamente assente, e di mettere in circolo, positivamente, quel patrimonio di relazioni tra donne che finisce per impattare, sempre, su tutto il tessuto sociale. Perché, stando ai dati, è soprattutto questo che fa dei consultori una vera e propria eccellenza nel panorama sanitario nazionale: la loro capacità non solo di assistere ed aiutare laddove necessario; ma anche quella di far fronte alla mancanza di informazione, cura e prevenzione diffusa soprattutto tra i più giovani. A svolgere la ricerca sei ricercatrici della Sois che, procedendo con metodologia quali-quantitativa, hanno prima selezionato 20 utenti (di cui 3 migranti), 3 opinion leader e 4 operatori professionali, per inquadrare il consultorio pubblico da un punto di vista storico e sociale, per poi mettere online un questionario rivolto agli utenti della regione Lazio. Domande approfondite, che hanno indagato il comune sentire nei confronti dei consultori da parte dei cittadini, rivelando numeri, percentuali e risposte che decostruiscono, di fatto, un pregiudizio radicato che sopravvive al passare del tempo. E che vorrebbe il consultorio come luogo marginale, dedicato a classi sociali meno abbienti, qualitativamente scarso perché a “costo zero”, e naturalmente riservato alle donne. Tra queste, prevalentemente straniere e meglio ancora se un po’ di sinistra, dal momento che la sua funzione principale resta, si sa, l’interruzione volontaria di gravidanza (Ivg), di cui ancora si parla a denti stretti, come qualcosa da celare e di cui provare vergogna. Luoghi comuni che sono si sono fatti costante, capace però di essere messa in discussione non solo dalle risposte delle donne, ma soprattutto dal campione che - volontariamente - ha scelto di compilare il questionario. È donna il 93,8% di coloro che hanno risposto, di queste solo il 2,5% di nazionalità non italiana. Il 65% di loro si è dichiarata cattolica, contro un 35% di atee. Riguardo l’orientamento politico, solo il 46,3% si è dichiarato di sinistra. “Dal campione - ci spiega Roberta Bettoli, direttrice di ricerca della Sois - risulta evidente che l’utenza dei consultori è trasversale: non ci sono differenze politiche, di appartenenza sociale, nazionalità o livello di studio: il consultorio è un luogo delle donne e per le donne. Forse anche per questo disturba tanto le istituzioni”. Inoltre “la tendenza degli ultimi anni ha visto una netta diminuzione di richieste per Ivg, a fronte di un aumento della domanda di prevenzione, informazione e cura. Negli ultimi anni hanno iniziato a rivolgersi ai consultori pubblici anche ragazzi, soprattutto adolescenti, che solo qui trovano le informazioni essenziali per affrontare la propria sessualità con maturità e sicurezza”. Perché se non sono le scuole e le aziende sanitarie a fare informazione su contraccezione e malattie a trasmissione sessuale, ecco che a far fronte a questa mancanza devono intervenire i consultori. Che, negli anni, “sono divenuti punto di riferimento fondamentale anche per le donne in gravidanza e i loro compagni”, continua Bettoli. Corsi pre-parto, assistenza post-parto, in alcuni casi addirittura allattamento collettivo: ed ecco che il consultorio da mero istituto sanitario di tipo curativo diventa patrimonio sociale, luogo di relazione capace di approfondire quella tra donne e di crearne, conseguentemente, di nuove tra generi. Tra i fattori che spingono le donne a rivolgersi ai consultori spiccano l’umanità e la passione delle operatrici e degli operatori, che svolgono il proprio lavoro mettendole al centro di un luogo che diventa amico e punto di riferimento. “Abbiamo chiesto alle donne intervistate di dirci la prima parola che veniva loro in mente menzionando il consultorio: le risposte sono state stupefacenti. Famiglia, amico, faro, certezza”. È eccellente il quadro che emerge dai loro racconti: ambienti caldi, accoglienti, in cui il personale è caratterizzato dalla generosità con cui svolge il proprio lavoro, spesso tra le mille difficoltà di strutture vecchie, da rinnovare, prive di materie fondamentali che, in tempi di crisi, scarseggiano ancora di più.
Ma ad essere centrali sono anche altri risultati, che impongono la necessità di una riflessione prima di tutto a chi, tra le nuove generazioni, conosce appena i consultori, o sceglie di non frequentarli semplicemente perché ne ignora l’importanza. Ma che interroga anche quelle istituzioni che hanno sui propri territori centri di eccellenza lasciati nel silenzio, celati tra le pagine di un web in cui si perdono tra mille indicazioni vaghe e confuse. Spazi, questi, che negli anni hanno cambiato radicalmente la vita delle persone, che sono stati leva importante nella possibilità di scelta delle donne, nella loro acquisizione di consapevolezza e, di conseguenza, nel loro approccio con il mondo esterno. E se di rivoluzione sociale si poteva parlare nel ’75, quando una legge ne istituì la creazione, di carattere fortemente innovativo si può dibattere ancora oggi, se il consultorio va ben oltre il ruolo di assistenza alle donne per il quale era stato pensato. Un’eccellenza che, ricorda Bettoli, “si inserisce in quella visione innovativa della medicina di stampo olistico che mette il paziente al centro come persona, e non come mera casistica clinica”. Alla ricerca, presentata alla Provincia di Roma il 27 gennaio, e che dal Lazio sarà estesa anche ad altre regioni, hanno collaborato Patrizia Magnante, presidente nazionale della Sois, Michela Pietropaolo, Caterina Giuliano, Anna Tropeano e Serena Il Grande.
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