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Ebru Timtik. E la sua morte troppo ingiusta

Ebru Timtik. E la sua morte troppo ingiusta

Non lasciamo che il suo grido per la libertà rimanga inascoltato

Lunedi, 31/08/2020 - Ebru Timtik, E la sua morte troppo ingiusta.
Davide Sassoli : “ Non ha mai rinunciato, fino alla fine, al suo grido di libertà”.

Giovedi 27 agosto Ebru Timtik, famosa avvocata turca di 43 anni impegnata da anni a difesa dei dirtti umani, insieme ad altri colleghi, è morta provando dolore e senso d’ingiustizia dopo 238 giorni di sciopero della fame. Condannata a 13 anni di detenzione e in attesa di una risposta alla sua richiesta di appello, mai arrivata, ridotta a 30 kg e avendo subito il rifiuto al rilascio da parte di un tribunale di Istambul, e in attesa di una risposta depositata presso la Corte suprema della Turchia, mai arrivata, era ridotta a 30 kg. E' morta senza ottenere un giusto processo, sconfitta dalla violenza e dal muro di gomma e di indifferenza  della ”giustizia“ di Erdogan.
Ebru Timtik era accusata di terrorismo, insieme ad altri suoi colleghi, per essere legata all’organizzazione marxista leninista Dh-kp-C, considerato un gruppo terrorista. Aveva difeso, tra gli altri, la famiglia di Berkn Elau, morto nel 2014 a seguito delle ferite riportate l’anno prima nella rivolta di Gezi Park. Si era sempre impegnata nella difesa dei diritti umani e dei casi definiti sensibili. Anche il suo collega Aytac Umsa, come lei dello Studio degli avvocati del popolo, ancora in sciopero della fame, rischia la vita.
Entrambi accusano una procedura illegale e non riescono ad ottenere un giusto nuovo processo, unica richiesta alla base della loro protesta.
In queste poche e scarne parole la sintesi della storia di Ebru, che ha pagato con la morte la sua protesta; quando oramai era troppo tardi si è sollevata nel mondo l’indignazione di tante forze, individui e personalità del mondo democratico.
A questo punto, tornando all’efficace affermazione di Davide Sassoli espressa nel suo ruolo di presidente del Parlamento europeo: “Non ha mai rinunciato fino alla fine al suo grido di libertà“, una riflessione e una domanda si impone importante e pressante. Come fare affinchè questo grido di libertà di Ebru non si perda e sparisca nel silenzio che tutto annulla quale unico vero gesto di rispetto e solidale vicinanza che si possa fare, oggi, dopo il suo sacrificio?
Pur essendo difficile trovare risposte e suggestioni a questa domanda, sicuramente proiettandosi al di là di ogni possibile frontiera e confine, di questa donna, di questa paladina della giustizia e di quei diritti a cui ha dedicata la vita dobbiamo innanzitutto parlarne, parlare, raccontare, conoscere di più e onorarla così di una memoria militante delle parole, che abbiano la forza di mantenere vive le aspirazioni di chi alla richiesta di una giustizia vera ha sacrificato la vita.
Un compito di tutte e tutti coloro che non rinunciano ad aspirare ad un orizzonte di democrazia.
E ancor più l’impegno ci riguarda come donne che, non considerando alcuna frontiera, dobbiamo sentirci sottobraccio a tutte quelle vitali energie femminili che oggi, come non mai, coraggiosamente ed in modo sempre più ampio e partecipato nel mondo stanno lottando e rischiando la vita per la libertà e la democrazia.
A questo fine non si può non affiancare la coraggiosa denuncia di Ebru a quella delle donne nelle manifestazioni che si susseguono a Minsk in Bielorussia,  che hanno sostenuto Svetlana Tikhanovskaja, che si è opposta come candidata nelle elezioni a Lukashenko, di cui si contesta la vittoria, considerata frutto di brogli. Manifestazioni che sfidano da giorni quotidianamente il potere e di cui le donne rappresentano un incredibile punto di forza, qualificante, della protesta.
Senza paura di sfiorare la retorica, allora, sempre di più si impone l’esigenza di alzare lo sguardo, il tiro nella capacità, come donne di collegare e connettere le nostre rivendicazioni di donne italiane, il nostro particolare al generale, volgendo lo sguardo e sentendosene parte ad altri paesi, terre, situazioni. Saltare frontiere e confini per riuscire a dare forza a ogni donna che pur nella, spesso, ipotizzabile immensa diversità di culture, obiettivi e di rischi si spenda per raggiungere e rivendicare obiettivi di giustizia e democrazia per sé o per il proprio paese, mettendo in gioco anche la vita come è stato per Ebru, alla quale dobbiamo una rinnovata partecipazione e condivisione reciproca dell’impegno femminile e non solo, ovviamente, nel mondo.
Paola Ortensi 31/8 /2020

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