Anno nuovo - “non avevamo ancora finito di temere la Cina e l'India per il loro peso nell'economia internazionale e siamo a domandarci che cosa succederà se falliscono anche loro. E l'Africa? Sarà più brava di noi o si trasferirà anco
Giancarla Codrignani Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Gennaio 2009
L'opinione pubblica - neutra - quest'anno si fa gli auguri sperando che dio ce la mandi buona, tanta è la pesantezza della crisi in atto e la previsione della sua durata. Le donne sanno che, come sempre, il prezzo da pagare - in soldoni di genere - sarà doppio per loro.
L'analisi generale è, in parte almeno, comune per tutti. Preso atto che la categoria "capitalismo" resta inamovibile dalla contemporaneità, l'averla utilizzata "senza reti" ha prodotto sconquassi che penalizzano tutto il mondo. Colpa solo di Bush? La vecchia Europa è stata più prudente, ma subisce le onde d'urto del terremoto e i cittadini si ritrovano, se non in mezzo alle macerie, con le crepe e i calcinacci in casa. C'è, però, una riflessione, nel merito, "di genere"? credo di sì, anche se il sistema opera seduzioni neutre a tutto campo. Altrimenti basterebbe il Papa ad accusare il denaro e le ambizioni che chiudono il cuore nell'egoismo, anche se sa che i pulpiti (a partire dal suo) non sono innocenti. Alle donne piace la disponibilità economica e vorrebbero spendere non solo spinte dal bisogno; tuttavia sono tante quelle che, con le famiglie, trascorrono la domenica nei centri commerciali. Sta accadendo come quando si distingueva da quella borghese la cultura operaia che aveva inventato la cooperazione, la mutualità, le università popolari. Oggi ci si riferisce ai lavoratori e al ceto medio, tutti uniformati dal consumismo: abbiamo più benessere in case piene di cose inutili dove i bambini ingrassano tra play-station e cellulari. Le divisioni sono tra chi ha moltissimo e chi ha abbastanza, poco, quasi niente, ma tutti aspirano ad avere di più magari attraverso un "pacco" televisivo. Donne comprese? Sì e no. Non è sopravvissuta la solidarietà operaia; sopravvive ancora la cultura di genere.
Le donne saranno ancora a lungo le responsabili dell'autarchia domestica, ma la storia oscura la diversa reazione dei generi nella contingenza. E' vero che anche gli uomini vanno a fare la spesa, pur con la lista compilata in mano e con il timore di rimproveri per eccessi negli acquisti. E' stressante fare i conti con le necessità e non dimenticare i pannolini per il bimbo o i pannoloni per il nonno mentre si decide quanta frutta comperare. I media odierni raccontano che l'uomo, per rilassarsi, fa sesso come gli capita e tradisce "senza sentirsi in colpa". Non si sa quanto sia vero; tuttavia è certo che anche alle donne capiterà di lasciarsi andare (altrimenti con chi se la vedrebbero i traditori?), ma si può pensare che sia un esodo dalla monotonia coniugale più che un antistress, perché lo stress femminile resta. Quanto al senso di colpa... Chi conosce le poche che non ne sono vittime, scopre che si tratta di beate single. Non va dimenticato che la gravità della crisi è dovuta all'imprevedibilità della sua estensione. E' la globalizzazione, bellezza! Non avevamo ancora finito di temere la Cina e l'India per il loro peso nell'economia internazionale e siamo a domandarci che cosa succederà se falliscono anche loro. E l'Africa? Sarà più brava di noi o si trasferirà ancor di più al nord?
Necessita un cambiamento di sistema, lo dicono tutti. Per questo si deve tornare a ragionare sulla cultura delle donne. Cinesi, indiane, africane. Tutte nel mondo che sono lì a pensare come far sopravvivere i bambini e gli uomini e, possibilmente, a farli convivere. Chi pensa al rinnovamento della politica si deve rendere conto che ha a fianco non solo delle intelligenze pari alla propria a cui rendere giustizia in termini di omologazione, ma esseri umani liberi che, avendo sperimentato condizioni di vita non solo subalterne ma diverse, hanno elaborato una cultura che presuppone un approccio alle questioni basato sulla priorità del vivere.
Vivere è prima di tutto sopravvivere come singoli e come società. Per questo il primo obiettivo di ogni donna consapevole è la fine della violenza. Infatti la violenza che si scatena sul corpo delle donne, compagne di vita, madri dei figli, amiche o estranee è alla radice di tutta la violenza che invade il mondo. Per questo le ragazze accolgono in massa l'invito a manifestare il 25 novembre, data internazionalmente scelta per denunciare la piaga mondiale di cui è responsabile un solo genere.
Anche di fronte alle tradizionali violenze sociali - la povertà è violenza sui poveri - di cui la scarsità della busta paga del marito era simbolo, le donne del passato non accusavano l'uomo - caso mai si organizzavano nelle lotte sociali - ma si industriavano per tirare avanti nella scarsità. Oggi ovunque siamo diverse, ma la coazione a ripetere è introiettata, almeno storicamente. Nel nostro paese giovani e meno giovani rischiano la disoccupazione, perfino volontaria per non spendere tutto lo stipendio in una badante per il nonno.
Ma nel Sud del mondo andrà peggio, perché l'impoverimento dei poveri produce solo guai. Comunque, anche là le donne si daranno da fare per salvare il salvabile. A Mumbai ha imperversato il terrorismo: nelle manifestazioni di protesta hanno partecipato molte donne, civilmente attive, ma ancora discrirminate dalla violenza, aumentata negli ultimi tempi del 300% e statisticamente quantificata nell'uccisione di una donna ogni 77 minuti. Ashra Nomani, che vive negli Usa ma è nata a Mumbai, afferma che oggi le indiane vivono peggio di 1400 anni fa: da islamica sostiene che Maometto piangerebbe vedendo la condizione delle donne. Nei paesi in guerra dell'Africa gli strazi si moltiplicano: in Congo, nel solo Kivu, ci sono stati (e proseguono) oltre 26.000 stupri e gli ospedali operano in continuazione corpi straziati e bisognosi di ricostruire le sacche intestinali. In Pakistan una ragazza stuprata può essere condannata a morte. In Arabia Saudita le violentate ricevono anche 300 frustate. In Somalia si pratica l'infibulazione. In Polonia i parroci continuano a dire alle donne che in confessione denunciano i maltrattamenti, le botte, le violenze dei mariti che debbono sopportare per l'unità della famiglia. In tutti i paesi poveri le donne mangiano meno dei maschi e le bambine sono più analfabete. In Italia muoiono o diventano invalide nei cantieri o in casa, senza che nessuno ne faccia menzione.
Eppure ovunque le donne cercano di mettere in tavola la minestra.
Facciamo un po' di conti. Se più di metà dell'umanità - le donne - subiscono rapporti di forza non istituiti dal loro genere e rimediano a caro prezzo i danni operati da quel sistema che le ha fatte estranee e subalterne, perché i poteri non dovrebbero - appunto nei tempi di crisi - domandarsi come imparare da quel potenziale positivo che sostiene le nazioni perché dà da mangiare a tutte le famiglie? Ormai tutte le diverse scuole economiche dicono che sono necessarie riforme e trasformazioni niente meno del sistema. Signori politici, sarebbe mica il caso di cambiare di 180 gradi l'analisi? Partire dal pensiero femminile significherebbe cambiare lo sguardo sul mondo, rifare l'ottica del potere. Dovremo ripensarci anche noi donne, spesso ignare di essere così "diverse". Non si tratta solo di liberazione del proprio genere dall'oppressione, ma di contributo alla salvezza generale. Abbiamo un'esperienza autonoma, che contiene elementi di una forza uguale e contraria a quella tradizionale. Mettere in tavola ogni giorno la minestra è una grossa metafora. Sarebbe interessante partire da lì e rifare i conti dell'uguaglianza a partire dalla differenza: fare morire di fame e mandare a fare i soldati bambini che non abbiamo partorito noi, ma altre mamme come noi oppure fare una politica internazionale di cura? Nel bilancio degli stati la cooperazione deve venire prima o dopo la difesa? La prevenzione delle nascite indesiderate, l'uso dei contraccettivi, la scelta dell'interruzione volontaria della maternità sono norme neutre dettate da governi e centri religiosi oppure strumenti dell'autonomia femminile? Le soldate israeliane non vogliono andare a distruggere le case dei palestinesi stanno bene in carcere o interpretano al meglio i diritti di cittadinanza?
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