Lunedi, 07/12/2020 - Di sè stessa diceva con malinconica ironia: “sono una vedova del Partito d’azione, ho fatto politica per tutta la vita e sono passata da un ambiente paragonabile all’Agorà di Atene, al bar dello sport e ora addirittura ad una discarica”.
Gianna Radiconcini, scomparsa a 94 anni il 2 dicembre, era una combattente nata.
A 17 anni entrò in contatto con i partigiani, alcuni erano nascosti nella sua casa dell’alta borghesia del quartiere Prati e il suo compito era quello di procurare loro da mangiare quando anche la sua famiglia faceva la fame, come tutti a Roma.
Vendette la sua medaglietta d’oro, con la Madonna di Pompei, per comperare 20 kg. di dinamite che fecero saltare in aria i camion tedeschi. Si trovava davanti alla Caserma di viale Giulio Cesare, con le donne che chiedevano notizie dei loro uomini tenuti prigionieri, quando una sventagliata di mitra ne fece bersaglio e ricordava che, quando tutte si rialzarono da terra, solo Teresa Gullace (immortalata nel film “Roma città aperta") restò a terra immobile, in un lago di sangue.
Sono tanti i ricordi giovanili e sofferti di Gianna Radiconcini, ma si accompagnavano a ricordi orgogliosi di quando partecipò alla nascita della storia dell’Italia repubblicana, a fianco di grandi uomini. Uscì dal Partito d’Azione insieme a Ferruccio Parri e ad Ugo La Malfa e, con Altiero Spinelli, entrò a far parte del Movimento Federalista di cui fece anche parte della Direzione.
Come responsabile di una rubrica per le donne, lavorò alla Voce Repubblicana “volevano che mi occupassi di cucina e cucito, ci furono molte litigate, ma io mi battevo per portare l’attenzione sui diritti negati delle donne nel matrimonio e nella famiglia”. E vinse la sua partita. Per i diritti delle donne si confrontò anche duramente con Oronzo Reale, anche lui repubblicano e che, da Ministro, riformò il Codice del diritto di famiglia approvato solo nel 1975 e che introdusse, tra l’altro, il principio della patria potestà condivisa e la parità di trattamento in caso di adulterio.
Come donna Gianna Radiconcini ha pagato duramente la sua capacità di vivere senza i condizionamenti di una società perbenista e maschilista. Finito tristemente il matrimonio, fu costretta a nascondere il figlio, avuto da un nuovo amore, per non essere accusata e forse condannata per adulterio e per non perdere il lavoro alla Rai dove da anni era in servizio come giornalista precaria.
Gianna Radiconcini era poi riuscita, negli anni, ad avere dei riconoscimenti meritati per il suo lavoro: è stata la prima corrispondente dall’estero della Rai, come responsabile dell’informazione sui lavori che si tenevano a Bruxelles e a Strasburgo. L’interesse per un’Europa forte e unita fu quindi un motivo conduttore nella sua vita. A Strasburgo si trovò nuovamente a lavorare a fianco di Altiero Spinelli, che aveva fondato il Movimento federalista Europeo dove la Radiconcini aveva avuto un posto in Direzione, e con lui condivise entusiasmi e delusioni per il cammino tortuoso di un’Europa dove le chiusure sovraniste di singole nazioni hanno impedito che si creasse una reale unità.
Ormai anziana ma mai rinunciataria, Gianna Radiconcini ha portato avanti anche in questi ultimi anni la sua battaglia europeista, scrivendo libri, organizzando e partecipando a convegni. Diceva: “l’Europa non è raccontata bene..continua ad essere un oggetto misterioso”. E il suo amore per la battaglia per un’Europa dei Popoli avrà un suggello dimostrativo anche dopo la sua morte.
A Ventotene Altiero Spinelli e gli altri confinati dal Fascismo scrissero il “manifesto di Ventotene”, un documento per la promozione dell’unità europea, e a Ventotene Gianna Radiconcini ha chiesto che siano disperse le sue ceneri. Un gesto di amore nei confronti del suo impegno di vita e un segno di speranza perché le idee di uomini dalle forti tensioni morali e ideali non siano lasciate cadere in questi che chiamava “tempi degli uomini lupi”.
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