Perù - Un gruppo di donne della Cgil è in contatto con alcune detenute che mantengono la forza di guardare al futuro
Donne Cgil Giambellino Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Marzo 2006
Il primo gennaio 1997 alcuni militanti del Movimento Revolucionario Tupac Amaru, guidati da Nestor Cerpa Cartolini, occuparono l’ambasciata giapponese a Lima, prendendo in ostaggio le persone che là si trovavano per il ricevimento del giorno di capodanno. Il gruppo richiedeva la liberazione delle proprie compagne e compagni in carcere e migliori condizioni per alcune situazioni di estrema povertà. Dopo mesi di apparenti trattative, il 27 aprile, i militanti MRTA furono uccisi a sangue freddo e l’allora presidente Fujimori, attualmente detenuto in Cile, si fece fotografare accanto ai cadaveri. Come donne del gruppo CGIL Giambellino Corsico di Milano abbiamo iniziato, da allora, a corrispondere con alcuni detenuti e detenute politiche aderenti all’MRTA accusate di terrorismo. Recentemente una di noi si è recata a Lima, dove ha potuto visitare il gruppo di prigioniere nel carcere di Chorrillos.
Le ragazze sono straordinarie. In condizioni di reclusione, di limitatezza di libertà e di spazi, di igiene e di salute ai limiti del possibile, riescono a esprimere e a trasmettere una dignità e una forza assolutamente impensabili. Tutte hanno conservato senso dei diritti, sensibilità e dolcezza davvero alti.
Tutte hanno subito, ai tempi dell’arresto e anche successivamente, torture e violenze inimmaginabili. Ad alcune violenze, ripetute e praticate da più uomini, è seguita una nascita, con la conseguenza, per la donna, di non sapere né potere dire al bambino o alla bambina che non si era in grado di sapere chi fosse il padre. Tutte hanno subito anni di isolamento completo, senza possibilità di comunicare, neppure per lettera, con chicchessia. Passato un primo periodo in cui nessuno sapeva cosa fosse loro successo né dove si trovassero (di diverse persone ancora non si sa esattamente cosa sia accaduto), sono state ammesse, con infinite limitazioni, le sole visite di familiari stretti, attraverso la grata del parlatorio. La mancanza di contatto umano è il fatto che più fortemente le ragazze riconoscono come elemento che ha minato il loro equilibrio; il poter toccare la sola compagna di cella, quando c’era, è stato sentito come mancanza forte.
Attualmente è in corso la revisione di processi, diversi si sono già conclusi e alcune ragazze sono in libertà con cancellazione, altre in libertà vigilata; altre ancora sono state condannate a pene ridotte rispetto alle precedenti ma dovranno continuare a rimanere in carcere per diversi anni.
Attualmente sono detenute nel carcere di Chorrillos a Lima Milagros, Dominga, Nancy G, Nancy C, Gladys e Lucinda e, isolata nella parte del carcere riservato alle prigioniere comuni, Lucero.
Le celle sono in cemento grigio; all’interno due letti a castello, sempre in cemento, e uno spazio turca/lavabo. Per intenderci, ci si lava il viso e il corpo o la biancheria e gli abiti stando in piedi sulla turca, con la sola acqua fredda che fuoriesce da un rubinetto. Per farsi una sorta di doccia o per sciacquarsi i capelli (anche questo dà il senso della volontà: nessuna si è arresa ai capelli corti) si riempie d’acqua un secchio e ce lo si versa addosso.
E’ stupefacente come tutte abbiano un aspetto un aspetto curato: sono pulite, ordinate e deliziose. Sono anche in grado di ironizzare sul proprio parere più giovani di quanto non siano; dicono infatti che è merito delle bustine di creme e di profumi che mandiamo loro dall’Italia.
Alle pareti delle celle, oltre agli oggetti di necessità, i piccoli doni ricevuti dalle varie amicizie, le cartoline, le foto, le stelle colorate, tutto ciò che fa colore e dà conto degli affetti.
Le celle si affacciano su uno stretto corridoio che le ragazze chiamano patio e nel quale sono state poste delle piccole sedie; c’è anche una televisione con la possibilità di vedere pochissimi canali. Nel patio si può conversare e stare insieme. Le donne possono entrare in visita due giorni alla settimana, gli uomini una; a differenza dei detenuti, alle detenute non è consentito ricevere in cella visite maschili, pertanto per le ragazze è impossibile avere rapporti sessuali. Le limitazioni per la visita sono tantissime, sia rispetto ai propri capi di vestiario che rispetto a ciò che si può portare all’interno. All’entrata si consegnano i documenti (che vengono restituiti all’uscita), il nome di visitatori e visitata e la relazione tra essi vengono registrati, viene timbrato e firmato il braccio del visitatore che è poi sottoposto a ispezione. Ogni oggetto portato all’interno viene esaminato; le confezioni di alimenti aperte e controllate.
Ma, quando si entra e ci si ritrova nel gruppo di donne, è essere in gruppo di amiche; ci si siede, si beve la tisana offerta, si chiacchiera, si condivide il pranzo, si vedono le fotografie di amiche, amici, familiari. Questa messa in comune di intimità è un dono impagabile; i sentimenti non trovano le parole per dirsi ed è allo scambio di sguardi e di piccole carezze, è nelle mani trattenute che è affidata la comunicazione. Ma, quando è tempo di andare, stringe il cuore pensare che chi è in visita esce, invece loro restano lì, e si vorrebbe aver avuto più tempo. Per dirsi di più, ma anche per allontanare il momento di confronto di realtà: c’è chi va e chi resta, si è amiche ma non si hanno uguali possibilità, e si comprende appieno il senso della parola struggimento.
Il patio viene chiuso alle 18, le singole celle alle 21 (il lucchetto è enorme e produce una stretta al cuore), alle 22 viene spenta la luce sino alle sei del mattino, quando si riaprono le celle. Sono proibiti gli specchi, alle finestre (solo nel patio) non ci sono vetri, non c’è riscaldamento.
Il cibo fornito dal carcere è insufficiente e limitato; le ragazze integrano con frutta e verdura acquistata con i denari ricavati o da alcuni lavori artigianali che svolgono o provenienti dalla famiglia (quando c’è e se non ha più bisogno di loro) o dalla solidarietà di persone che hanno conosciuto la loro situazione. I denari che arrivano sono utilizzati in comune.
Da qualche tempo le ragazze possono frequentare i laboratori di informatica, di pittura e di manualità. La Biblioteca del carcere è dotata di pochissimi volumi, ma le ragazze sono riuscite a costituire un nucleo di libri da passarsi. Vedere Milagros, 35 anni compiuti in ottobre, undici e mezzo trascorsi in carcere, altrettanti da scontare, uscire dal padiglione per recarsi alla lezione di informatica (nel padiglione accanto) con lo zainetto (un sacchetto di tela con due corde) in spalla produce grande tenerezza, pare una studentessa che va a scuola.
L’assistenza sanitaria è molto scadente. Si ha diritto ad una visita alla settimana ma non esistono né materiali né medicine; la visita ginecologica (in un carcere femminile!) viene effettuata solo una volta ogni tanto e comunque su richiesta. Se si rileva la necessità di una visita ospedaliera possono passare due o tre mesi prima che sia disponibile l’ambulanza.
Le ragazze uscite dal carcere incontrano una realtà molto difficile; tutte avevano pensato alla conquista della libertà come massima aspirazione possibile, si sono ritrovate a dover combattere quotidianamente per riuscire a sopravvivere.
In tutto questo, la speranza e la consapevolezza. La speranza di poter contare sul futuro e, per quelle ancora in carcere, la consapevolezza di poter avere un rapporto con il mondo esterno in forma mediata, contando sulle visite che arrivano da fuori ma anche sulla propria capacità di far arrivare all’esterno, attraverso le relazioni, la propria voce.
Milagros, Dominga, Nancy C, Nancy G, Lucinda, Lucero, ma anche Lautaro, Johnny, Bernardo, Americo, Roger, gli altri e le altre detenute, disegnano, dipingono, scrivono. Come donne del Gruppo CGIL abbiamo organizzato mostre, esponendo disegni e dipinti, e incontri, raccontando realtà, recitando poesie e dando lettura di lettere. In questi anni abbiamo ricevuto molto più di quanto di quanto abbiamo dato e abbiamo appreso dignità.
Ed è a una poesia di Milagros che affidiamo il compito di dare conto della volontà di conservare intatte se stesse di ciascuna delle ragazze.
Amore ribelle
Sebbene la distanza voglia sfumare
la nostra presenza con l’assenza;
sebbene il tempo si affretti
e diventiamo vecchi entrambi;
sebbene l’avversità torturi le nostre anime
con il delirio dello scopo;
sebbene l’errore intenda stringere
il rosso del nostro amore…
Tu ed io
avremo fatto fiorire il più bel giardino
costruito la più solida fortezza
vinto la più cruenta battaglia
e scritto la più ribelle storia d’amore.
* Iole Contino, Caterina Florio, Loretta Lo Giudice, Grazia Lombardi, Antonella Prota Giurleo, Maria Carla Rossi
Chi volesse mandare messaggi alle ragazze, anche solo un biglietto, può farlo in italiano inviando il proprio testo a: Gruppo Donne CGIL Giambellino. Solidarietà Perù. Camera del Lavoro. Via Giambellino 115 - 20146 Milano. I messaggi saranno inoltrati alle famiglie che le consegneranno alle nostre amiche
(24 marzo 2006)
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