Parental Guide, MPAA - Motion Picture Association of America film rating system:
Classificato PG-13 per sequenze di forte violenza, alcune immagini inquietanti e materiale suggestivo [1]
Se avete dubbi a riguardo io al vostro posto andrei a vederlo questo film, nonostante sia di Villeneuve, regista che personalmente trovo manierista e pomposo al tempo stesso. In questo caso la sua cifra senza dubbio sposa bene il materiale originale, il romanzo di Herbert (1965, vincitore premi Nebula e Hugo). Asciutta linearità ed epicità da saga intergalattica danno insieme il loro meglio in questo caso.
Meglio ancora se apprezzate almeno un po' la fantascienza, infatti tutta la narrazione si svolge su altri mondi ma le popolazioni rappresentate sono molto umane e di cose molto umane si occupano: sullo sfondo di temi quali potere, politica, religione, sostenibilità e sopravvivenza, si stagliano umanissimi conflitti, ambizioni e aspirazioni, possibilità di autodeterminazione e - forse - percorsi di consapevolezza.
Non una fantascienza fatta d'azione e combattimenti tra navicelle, non lo è affatto, ma ci troviamo precisamente in uno spazio siderale, anche nella rappresentazione stessa dei fatti, ci sono battaglie fragorose che non fanno troppo clamore svolgendosi sulla scena di un pianeta solitario e solo i/le presenti, tuttə direttamente coinvoltə sono a testimoniare quanto accade. Anche gli scontri che vedono confrontarsi eserciti arrivano esattamente come faccende private, inseriti nelle lotte intestine ad alcune casate del Landsraad [2]. In termini semplici ci troviamo di fronte a più o meno complesse beghe di potere fantascientifiche. Non c'è un fuori, una società fatta di relazioni, ma solo rapporti tra casate, famiglie e sodali circoscritte quasi chirurgicamente. L'umanità rappresentata è monca: non vediamo relazioni che non siano di parentela o legate alla brutale sopravvivenza. L'universo non vede relazioni altre che quelle strette, intime e necessarie. Non c'è infanzia, non c'è distrazione; qualche accenno di amicalità ma esclusivamente all'interno di relazioni definite da strutture formali.
L'unico popolo di cui si percepisce l'esistenza è il resistente popolo Fremen che vive su Arrakis, il solitario e decisamente inospitale pianeta al centro della narrazione. Popolo che di fatto vive oppresso e in clandestinità attraverso il quale si veicola la dimensione dello sfruttamento umano e delle risorse che offre il territorio, in questo caso una potente droga, la "spezia" (o melange) necessaria all'impero.
La popolazione soffre quindi sia l'occupazione imperiale, sia le durissime condizioni ambientali del deserto, popolato per di più da creature mostruose e fameliche. Condizioni ambientali che potrebbero essere rese più a misura umana ma sulle quali l'impero nulla fa proprio a causa del commercio della droga-spezia. In questo contesto la popolazione del deserto ha sviluppato competenze e tecnologie funzionali alla sopravvivenza e capaci di rendere sostenibile l'ambiente. Parallelamente si è sviluppata e tramandata una mitologia simil religiosa dove si andrà ad innestare la vicenda del protagonista, Paul-Timothée Chalamet, l' ennesimo giovane uomo che viene considerato predestinato.
Coinvolto nella vicenda è anche un misterioso gruppo di donne, descritto come una sorta di sorellanza esoterica, le "Bene Gesserit" che perfezionano da generazioni poteri e capacità dal sapore soprannaturale. Ovviamente sono cose segrete per cui da me non avrete nessun dettaglio in più [3].
La regia nonostante gli infausti precedenti [4] porta sullo schermo un adattamento cinematografico decisamente convincente, che nonostante il minutaggio non annoia, per alcune atmosfere è quasi teatrale (cosa che mi ha riportato alla mente lo stupendo e decisamente più passionale Edoardo II di Jarman [5], questo nella mia lingua è davvero un grande complimento).
In questo quadro il cast tutto fa un lavoro impeccabile, forse in alcuni passaggi si respira un po' di maniera, ma che volete come detto è Villeneuve e in questa occasione la sua maniera è perfettamente funzionale alla sideralità che si vuole far respirare. Un ambiente alieno in cui ci si muove in modo posato ma in cui accadono fatti estremi per violenza. Violenza palpabile ma mai brutalmente esplicita. In modo particolare ho apprezzato Stellan Skarsgård che porta in scena un barone Harkonnen spettacolare.
Purtroppo - nonostante la sensibilità in merito alla rappresentazione delle donne sembrerebbe essere diventata una questione rilevante - il potere che è assegnato al "femminile" è ancora una volta quello stregonesco descritto sopra. A Zendaya (che interpreta Chani) non è stata data altra possibilità in questa prima parte che fare da santino nelle visioni oniriche. Unica menzione fuor di stereotipo il dott. Liet-Kynes che qui, in un genderswap letterario-cinematografico, diventa la dott.ssa Liet-Kynes interpretata da Sharon Duncan-Brewster. Ammetto che, salvo stravolgimenti del testo originale in relazione ai ruoli di genere, non mi aspettavo chissà quale rivoluzione. Chissà se ci sarà una seconda parte e quindi quali spazi potrebbero aprirsi. Da inguaribile ottimista mi dico una volta in più che "domani è un altro giorno".
Note
[1] Parental Guide IMDB https://www.imdb.com/title/tt1160419/parentalguide
[2] Assemblea dei nobili dell' Impero nel mondo di Dune.
[3] Già dal 2019 è stata annunciata una serie spin off a loro dedicata: The Sisterhood, che però rischia di non essere concretizzata esattamente come la seconda parte di questo film.
[4] "Dune, il film impossibile" , Francesco Gerardi per Rivista Studio (https://www.rivistastudio.com/dune-storia/ )
[5] D. Jarman, "Edward II" https://www.imdb.com/title/tt0101798/
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