Dialogo con Luciano Vecchi - Incontro con Luciano Vecchi, vice responsabile relazioni internazionali del Partito Democratico, sugli scenari caucasici e sui problemi di politica internazionale
Bertani Graziella Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Ottobre 2008
Le turbolenze caucasiche pare che siano state domate. Alcuni degli interrogativi generati da quei fatti tuttavia rimangono ancora aperti. Cerchiamo di carpire qualche risposta in maniera rilassata e, davanti ad una tazzina di caffè dialogando con un “vecchio amico” che di internazionale (meždunarodnoe) ne sa tanto: Luciano Vecchi attualmente Vice responsabile relazioni internazionali del Partito Democratico - Italia.
Buongiorno Luciano, buone notizie oggi! Il patto Russia Ucraina è stato rinnovato per altri 10 anni.
Quindi il Mar Nero non dovrebbe più rappresentare uno dei principali terreno di “scontro tra potenze”...Possiamo essere ottimisti?
E’ sempre una cosa buona quando due Paesi firmano o rinnovano un trattato bilaterale di cooperazione. Russia e Ucraina sono due Paesi destinati naturalmente a cooperare tra loro. Naturalmente i Paesi che si affacciano sul Mar Nero sono molti di più. Ma non vedo ragione perché in quell’area vi debba essere uno “scontro tra potenze”. Il Mar Nero potrebbe e dovrebbe essere un luogo di dialogo e cooperazione proficua. D’altronde è stato così persino negli anni della guerra fredda. Naturalmente cooperazione significa rapporto di reciproca utilità tra parti che sono e restano distinte. Il mar Nero non deve essere né terreno di conquista né può essere un “lago interno” di alcune potenza, compresa la Russia.
Il conflitto russo-georgiano ci ha per caso aperto gli occhi su una nuova fase di definizione di confini e di - anche se personalmente inorridisco all’uso di questa parola non mi pare che non esista ancora un vocabolario con termini appropriati capaci di esprimere concetti diversi direi meno ottocenteschi - zone di influenza?
Spero che l’esito del conflitto russo-georgiano di questa estate non sia la modifica unilaterale di confini di Stati. Non ve n’è davvero bisogno. Molto meglio sarebbe pervenire ad una situazione nella quale, anche all’interno di ogni singolo stato, vi sia riconoscimento e rispetto per le minoranze e le diverse componenti nazionali. Spero che dopo la guerra fredda non si ritorni alle politiche di potenza dell’ottocento. O che in nome dei diritti dei popoli ai popoli stessi si costruiscano nuove prigioni.Mi pare però evidente che la pretesa di qualcuno – e in questo caso penso all’”occidente” – di estendere “zone di influenza” senza tenere conto degli interessi e delle sensibilità di tutti, sia un errore da evitare. Naturalmente resta fermo il diritto di ogni Stato sovrano di decidere di quali alleanze vuole far parte. Ma le alleanze a cui penso devono esser “per” qualcosa e non “contro” qualcuno.
Sapendola persona molto informata quante tante altre guerre dimenticate ci sono al mondo
e quante di queste sono riconducibili allo “scontro tra potenze” dato che il conflitto russogoergiano ci ha insegnato che non esistono più conflitti locali nel senso che devono essere letti all’interno di sfide globali?
Vi sono molti conflitti nel mondo (già scoppiati oppure ancora solo potenziali) in cui troviamo gli interessi diretti o indiretti di potenze straniere. Nessun conflitto oggi è locale. Ma ciò ci deve spingere a prevenire e a gestire positivamente i conflitti, non ad aggravarli.
Unilateralismo e plurilateralismo che ruolo gioca e che potrebbe giocare l’Europa?
La pretesa ideologica, soprattutto dopo il 1989, di pensare che il mondo possa essere governato da un’unica grande potenza si è rivelato – com’era prevedibili – non solo ingiusto ma anche impossibile. Il mondo sarà sempre più multipolare, cioè basato su un numero crescente di grandi attori internazionali. L’importante è che sia anche multilaterale, e cioè governato dall’ambizione dell’accordo e della cooperazione e non dallo scontro distruttivo.
Mi scusi se insisto e ritorno al conflitto russo-georgiano... C’è stata precchia confusione in quei giorni tra Europa allargata e NATO per cui si è persino avuta l’impressione che alcuni tendessero a far coincidere l’Europa con la NATO con allargamenti che andrebbero oltre i confini storicamente e culturalmente intesi. Come mai è potuto succedere? Possiamo parlare di vittimismo innocente da guerra informatica che anche l’unione Europea non è riuscita fronteggiare e perchè è stato permesso di confondere le due entità?
Unione Europea e NATO sono e devono rimanere due cose diverse anche se profondamente interconnesse. Sono due pilastri essenziali dell’ordine mondiale, non solo di quello europeo. D’altronde anche la Russia ha avuto ed ha rapporti con entrambe. Ma le finalità non sono le stesse. L’Unione Europea ha, per così dire, “finalità generali” di integrazione sovranazionale democratica. La NATO si occupa di sicurezza e di difesa. Io non ho obiezioni di principio all’allargamento dell’una e dell’altra. Ma occorre farlo per costruire maggiore sicurezza e maggiore spazio politico democratico sovranazionale. Non quindi con l’idea che la loro espansione serva a danneggiare qualcun altro.
Quali sono le politiche di difesa comuni nell’Europa e quale è il progetto di collaborazione con la NATO?
L’Unione Europea è in grande ritardo nel costruire una sua politica di difesa, di cui credo vi sia grande necessità. La NATO è un elemento essenziale di essa ma non l’unico. D’altronde, già oggi, vi sono paesi dell’Unione Europea che non appartengono alla NATO.
Questi giorni hanno anche riportato all’attenzione il ruolo dell’ONU un’istituzione apparentemente in crisi ? Che cosa è maggiormente auspicabile un suo superamento o una sua riforma?
Le Nazioni Unite sono indispensabili ma il loro ruolo dipende dalla volontà dei suoi paesi membri, a cominciare della maggiori potenze. Non vi è multilateralismo senza il sistema ONU. Penso che il Consiglio di sicurezza debba essere riformato, aumentandone sia la rappresentatività che i suoi poteri. Sono contrario ad avere nuovi membri permanenti o ad estendere il diritto di veto che invece andrebbe limitato. Penso che l’ONU dovrà riflettere sempre più anche la nuova realtà delle “aggregazioni regionali”, come ad esempio l’Unione Europea.
Quali appaiono i migliori strumenti per un processo mondiale di pace e di sicurezza?
Un sistema di regole e di istituzioni accettate e con poteri reali. Poi occorre, naturalmente una “buona politica” che rifugga da nazionalismi, egoismi, populismi. Essi sono la fonte principale dei conflitti, e non da oggi.
Vox populi afferma che ormai la politica estera dei paesi è determinata dalle fonti energetiche, secondo lei è possibile costruire una cultura laica rispetto a questa questione?
L’accesso alle risorse energetiche è naturalmente una preoccupazione fondamentale ma non l’unica. Se posso permettermi di dirlo, inviterei le grandi “potenze energetiche” a non sopravvalutarsi troppo. Le fonti possono diversificarsi e i prezzi possono anche crollare, come abbiamo visto più volte in passato. La credibilità di un grande Paese non dipende dal suo “potere di ricatto” ma dal modo in cui è percepito dal resto del mondo. I muscoli possono servire qualche volta a vincere ma certamente non a “convincere”.
Come è possibile leggere in chiave geopolitica questa crisi finanziaria? Come la fine di un tipo di politica capitalistica americana oppure come di crisi del modello capitalistico occidentale?
E’ la crisi dell’ideologia del mercato selvaggio e senza regole. E’ la crisi dell’ideologia neoliberista. Non è la fine del mercato né del capitalismo. Di entrambi abbiamo bisogno. Ma sia la democrazia che la razionalità economica ci dicono che i mercati da soli non risolvono i grandi problemi dell’umanità. Per questi serve la politica e un sistema di regole condivise e da rispettare.
L’affacciarsi di nuovi paesi sul mercato potrebbe determinare un mondo senza occidente.
Consapevoli di questa possibilità quali possibili strumenti la politica europea e in particolare quella italiana potrebbero determinare una possibile inversione di tendenza volta a favorire il multilaterialismo?
Non ci sarà un mondo senza occidente. Ma l’occidente non esaurirà in se l’intero mondo. Spero in un mondo in cui tradizioni e realtà diverse dialoghino e cerchino di trarre quanto di buono c’è in ognuna di esse, per migliorare se’ e gli altri. Lo dico da occidentale orgoglioso di esserlo. Penso che i miei valori siano buoni ma so che non bastano ad una utile visione del mondo nel suo complesso. Lavorare assieme è l’unica via. Ma non bisogna mai adagiarsi ad un pericoloso “relativismo culturale”. Non tutto ciò che esiste al mondo è buono per il solo fatto di esistere. Ma ciò riguarda il confronto politico e democratico, non quello tra potenze.
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