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Due in una

Due in una

Incontro con la filosofa Caterina Botti - Una riflessione filosofica su bioetica e gravidanza

Isabella Rossi Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Maggio 2008

Cos’è una buona madre e cosa è una cattiva? Da questa domanda ha preso spunto il libro “Madri Cattive” (ed Il Saggiatore, pg 250, Euro 18,00), una riflessione su bioetica e gravidanza di Caterina Botti, docente di etica delle donne presso l’Università La Sapienza di Roma. “E’ un libro che parte dalla mia esperienza di gravidanza sette anni fa - ha dichiarato l’autrice durante la recente presentazione a Perugia, presso la libreria Feltrinelli -. Io insegno filosofia e mi occupo di bioetica, ragionando intorno alle possibilità conoscitive mi sono resa conto che entrambi i poli del dibattito vivono dell’astrazione del bene e del male ma tacciono sulla gravidanza”. In altre parole sui nove mesi di gravidanza non c’è morale, ma solo su aborto e concepimento. Una constatazione da cui scaturisce una deduzione: alla donna non viene riconosciuta l’attività della responsabilità durante questo periodo ma solo la colpa dell’irresponsabilità. Infatti secondo Caterina Botti, se vogliamo riconoscere alla donna incinta lo statuto di soggetto, non possiamo usare le griglie della tradizione filosofica che ragiona sull’uno, mentre la donna è due in uno. Due sono le posizioni attualmente. Secondo quella laica l’embrione forse è vita, forse no e la donna decide sull’aborto. Dall’altra parte si fa valere il due: la vita vince sul diritto alla libertà. Ad opinione dell’autrice del libro entrambi queste posizioni non colgono il punto: l’autonomia di relazione. Riconoscere, eticamente, alla donna l’autonomia di relazione significa prendere atto del fatto che la donna è testimone dei suoi interessi e di quelli del feto. E’ dai sentimenti della donna, infatti, che parte il bilanciamento di questi interessi. Ogni scelta che la donna fa durante la gravidanza, in altre parole, è una scelta fatta nella condizione di due in uno, con la consapevolezza cioè di essere incinta e di rappresentare gli interessi di due in uno. Importante affermazione questa, che mette in discussione la tradizione filosofica stessa. Secondo Caterina Botti i criteri di bene e male ereditati tendono a reiterare una serie di stereotipi, senza tenere conto del fatto che l’umanità è relazionale e dipende dai sentimenti di una donna. Sentimenti che sono arbitrari e che hanno una ragione di essere profonda e individuale. Ed è legittimo secondo la filosofa porsi una domanda: “Come si pongono le leggi nei confronti della libertà individuale e dell’autonomia relazionale degli esseri umani su cui essa si fonda?” Le risposte possono essere sicuramente molteplici e differenti a secondo degli Stati, ma in generale la difficoltà a tracciare proprio i confini della libertà individuale è palese. Un esempio chiarificatore: negli Usa è possibile per legge imporre un cesareo coatto, ma non è possibile obbligare un padre o una madre a donare un rene al figlio morente. La presentazione del libro, promossa su iniziativa della Consigliera di Parità Marina Toschi, con un’ interessante introduzione di Adelaide Coletti, portavoce della rete delle donne, e il contributo dello psichiatra Giampaolo Bottaccioli, ha dato luogo ad un vivace dibattito.

(7 maggio 2008)

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