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Dritti al cuore della 194

Dritti al cuore della 194

Funerali ai feti - In Lombardia istituito l'obbligo per i genitori di scegliere come seppellire il “prodotto abortivo” anche se inferiore alle 20 settimane

Stefania Friggeri Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Aprile 2007

Il regolamento di polizia mortuaria D.P.R. 285/90 stabiliva che gli aborti superiori alle 20 settimane, assimilati alle parti anatomiche riconoscibili come ad es. un arto amputato, venissero inviati al cimitero in apposite cassette di legno per l’inumazione; se invece il periodo era inferiore, venivano destinati all’incenerimento presso le aziende deputate a trattare i “rifiuti solidi speciali”( parti anatomiche “non riconoscibili”). Ovviamente il D.P.R. permetteva in ogni caso, anche sotto le 20 settimane che la madre, se lo chiedeva, potesse seppellire a proprie spese quello che per lei era un figlio; ma questo accadeva raramente e sempre quando l’aborto era involontario e la gravidanza in uno stadio avanzato, sia perché la fuga può essere il modo per superare il lutto, sia perché le spese del funerale sono molto elevate. E tuttavia il 25 gennaio 2007 il Consiglio Regionale della Lombardia, all’unanimità, ha modificato il precedente regolamento stabilendo che l’Azienda ospedaliera, anche di fronte al “prodotto abortivo” (sic!) inferiore alle 20 settimane, ha l’obbligo di porre i genitori di fronte a due diverse opzioni: o la sepoltura dopo il funerale a proprie spese, o la sepoltura nella fossa comune a spese dell’Asl. Per minimizzare la loro responsabilità i rappresentanti del centrosinistra sottolineano come dal punto di vista tecnico le cose non cambino granché, ma come non vedere che dal punto di vista simbolico questo provvedimento è fortemente punitivo per le donne e prepara il clima per aggredire la 194? Perché, in linea con la legge 40 (“la legge assicura i diritti di tutti i soggetti coinvolti, in particolar modo del concepito” ), la normativa regionale attribuisce ad un piccolo insieme di cellule lo statuto di persona, soggetto di diritti al pari della madre (non dimentichiamo che il Codice Civile afferma che la capacità giuridica si acquisisce solo alla nascita). La donna perciò non vive solo il dramma dell’aborto, ma è indotta in modo subdolo a colpevolizzarsi come omicida essendo la sepoltura il rito pubblico attraverso il quale la comunità dei viventi riconosce nell’embrione un suo membro effettivo e ne vuole tenere vivo il ricordo. Vi sono donne che vivono l’aborto come tragedia, altre lo affrontano con rassegnazione, altre ancora con leggerezza, ma nessuno ha il diritto di entrare senza rispetto nel percorso intimo e privato della donna, spingendola ad un rito che non l’aiuta certo a sollevarsi psicologicamente. Il Movimento Per la Vita (che già può contare sulla progressiva disattivazione dei consultori, sull’obiezione di coscienza, sull’attivismo dei suoi membri che pretendono di entrare nei consultori e nei reparti ginecologici), cerca ogni occasione per svuotare e rendere inoperante la 194, una legge che a tutt'oggi è impopolare aggredire direttamente. E infatti Formigoni ha presentato questo regolamento come una difesa della “dignità del feto”. E la dignità della donna? Che viene trattata come un’incubatrice e la cui immagine, legata all’archetipo della madre cattiva o della madre dolorosa, proietta nell’inconscio collettivo non un’icona libera e vitale, ma i fantasmi della morte e del male. Prendiamo pure atto che in Italia è in corso un dibattito arduo e complesso che divide gli studiosi; speriamo che attraverso il confronto si formi un consenso ampio e consolidato; quello che è inaccettabile è il riconoscere l’autorevolezza necessaria per decidere ai politici. Politici sempre condiscendenti verso la Chiesa di Roma alla cui dottrina creazionista dobbiamo il concetto della “sacralità” della vita, anche se neppure papa Wojtila ha osato smentire tutta la teologia cattolica che non ha mai sostenuto la tesi per cui l’anima entra nel concepito al momento stesso del concepimento. E invece oggi, grazie a una delibera regionale, lo sostiene Formigoni. Amen.
(11 aprile 2007)

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