Comunque la si pensi, è da vedere il film di Sabina Guzzanti “Draquila” . Infatti il lungometraggio, esente da toni satirici e lontano dall’assaggio visto a Anno Zero, per la prima volta sul grande schermo scoperchia il pentolone a pressione della nostra situazione politica e affaristica, liberando una massa schiumogena che mai nessuno prima aveva fatto traboccare. Il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, come era successo con Bush nel lungometraggio di Michael Moore ne esce piuttosto malconcio, anche se appare quasi sempre efficiente e trionfante. Era tempo che qualcuno illustrasse senza strepiti e con buon mestiere la situazione in cui il nostro paese si è impantanato e componesse in un mosaico unitario le tessere che una stampa “troppo libera” ha fornito per frammenti.
Ora il resoconto, che prende il via dal tremendo sisma che ha scosso l’Aquila, è completo, anche se mancano gli ultimi sviluppi. Penoso e veritiero, merita di essere narrato al di là dei confini di casa. È una staffilata, ma è bene che gli spettatori siano informati e che la forza delle immagini, delle emozioni, delle verità dissimulate prorompa anche dagli schermi di un festival internazionale come quello di Cannes. Ed è giusto che si riconosca il coraggio, la forza e la fatica di una donna intelligente e di carattere che è stata capace di estrarre il malcostume che serpeggia nel nostro Paese. Di spunti ironici neppure l’ombra; ma partendo dal tremendo sisma che ha scosso l’Abruzzo la critica della Guzzanti si tesse progressivamente fino a diventare implacabile: con rigore e con la semplicità di un linguaggio accessibile a tutti, richiama le pecche di un sistema e l’arroganza di chi lo pratica.
Il film è ben fatto, molto importante, avvince dalla prima all’ultima immagine, senza nessun passaggio difficile da afferrare. L’indagine è senza mistificazioni ed è puntuale, ed è esplicita la lettura delle conseguenze del sisma, degli interessi intrecciati intorno alle macerie, della malafede diffusa.
“Draquila”, come si è accusato, non scredita l’Italia, ma una certa politica del suo governo. Mette in luce crepe e sbrecciature nella vita pubblica, appalti di stato, una protezione civile divenuta onnipotente, una girandola di appalti, di interessi, di affari. E questo a fronte di una popolazione pesantemente segnata, esautorata dai suoi diritti decisionali, impigliata in una rete di divieti. La tesi di un sistema poco onesto è suffragato da testimonianze (anche favorevoli alle misure berlusconiane), da resoconti di fatti inconfutabili, da un potere smisurato di un capo autoritario davanti al quale la genuflessione dilaga ancora. Ma il potere non appare più granitico, sta vacillando. Quanto al Ministro Bondi, che diserterà Cannes, farà un pessimo servizio a se stesso e al suo presidente. Comunque, ormai il vaso è scoperchiato, anche grazie a questa sconsolante e avvincente inchiesta.
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