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Dove sono le “schizzinose” ce lo dicono i numeri

Dove sono le “schizzinose” ce lo dicono i numeri

Note ai margini - Investire sulla formazione perchè è strategica per lo sviluppo e l’uscita dalla crisi

Castelli Alida Domenica, 27/01/2013 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Gennaio 2013

Cominciamo con la prima osservazione: gli iscritti e le iscritte alle università negli ultimi due anni accademici sono diminuiti del 6,3% nel 2010-2011 cui si aggiunge un altro 3% nel 2011- 2012. Come sempre le statistiche non si applicano per darci una visione di genere, come sempre si ritiene che conoscere senza sapere per quanto riguarda donne e uomini sia inutile. Considerando però che ancora la maggioranza delle ragazze sceglie percorsi di laurea di indirizzo umanistico-sociale e che queste facoltà hanno visto ridotto in maniera sostenuta gli iscritti non credo sia sbagliato affermare che una buona maggioranza di persone che ha rinunciato ad un percorso universitario siano ragazze. Del resto il Censis in una recente ricerca ci conferma che le ragazze sono ancora meno di 1 su 4 tra quelle che nella scuola secondaria superiore ha scelto un Istituto Tecnico Superiore, dove anche recenti dichiarazioni governative hanno affermato esserci una vera possibilità di occupazione essendoci grandi assenze di figure tecniche richieste in questo momento di crisi dal mercato.

Una prima osservazione generale è sicuramente quella che, in piena crisi, invece di investire sulla formazione abbiamo preferito altro, e non penso alle singole famiglie, ma ad un sistema Paese che ancora non ha capito come la formazione sia strategica per lo sviluppo, e l’uscita dalla crisi, e che tra l’altro abbiamo un forte differenziale da coprire per arrivare ai livelli degli altri Paesi Europei, visto che i nostri laureati sono quasi la metà degli altri.

Una seconda osservazione la possiamo far derivare dai dati elaborati da Datagiovani per il quotidiano Repubblica: elaborati sui dati ISTAT riguardano i giovani sotto i 30 anni. Intanto un primo elemento ci dice che naturalmente c’è meno disponibilità di posti per loro, e con dati, naturalmente peggiori, per il Sud. Tra i giovani sotto i 30 anni al primo impiego (su un totale di 355.000) le ragazze sono il 46,/% contro il 53,3% dei ragazzi. La difficoltà di trovare lavoro penalizza quelli e quelle che hanno bassi titoli di studio che negli ultimi 5 anni sono diminuiti del 46% a tutto vantaggio dei diplomati e dei laureati. Questo cambiamento non significa però che il livello maggiore di istruzione equivale a una maggiore qualità del lavoro né a una sicurezza del domani. Oltre il 62% dei nuovi assunti sono precari: disposti a lavorare sabato e domenica e con salari spesso molto sotto i 900 euro mensili. E, se negli altri paesi europei, (dove peraltro le donne occupate sono decisamente molte di più) i lavori a termine sono in di munizione, da noi dal 2001 al 2011 sono aumentati del 28,6% per le ragazze.

Insomma schizzinose ma, a quanto pare, molto adattabili!



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