Religioni - Lo stereotipo della Madre/corpo/utero cancella da secoli il riconoscimento della donna come soggetto autonomo completo di corpo e di mente
Stefania Friggeri Lunedi, 30/05/2011 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Maggio 2011
Sconforta leggere gli articoli e le vignette che compaiono sui giornali stranieri a commento della trista figura del nostro premier. Ma ormai al dileggio fa seguito la preoccupazione: ci si chiede chi siamo, di quale tempra siamo fatti, ci si chiede come mai lo spirito pubblico non abbia reagito al progressivo degrado morale e politico e, in un sorta di assuefazione, abbia accettato, passo dopo passo, cose che mai prima avrebbe accettato. La storia dell’Italia infatti ricorda quella della rana nella pentola piena di acqua fredda. Poiché il calore aumenta insensibilmente, la rana non dà peso al progressivo riscaldamento dell’acqua così che, quando ormai l’acqua scotta e vorrebbe scappare, non può più farlo: è troppo tardi, la sua incomprensione del pericolo l’ha resa incapace di fuggire, e muore bollita. Per non morire bolliti come la rana migliaia di italiani hanno avviato forme di resistenza, da ultimo “il popolo viola” e poi gli studenti, i lavoratori e, il 13 marzo, le donne. E’ vero: la volontà di riscattare la dignità delle donne comprendeva, implicitamente, anche quella di riscattare la dignità di un paese infangato, e infatti alcuni commentatori ci hanno definito “cuore della nazione”. Ma legando insieme donna-Italia e donna-nazione, ancora una volta ci hanno imprigionato nella figura della Madre, della “natura” che fruttifica, insomma dell’utero. Ma le donne di “Se non ora quando?” non hanno rappresentato, né lo volevano, le “madri della nazione”, hanno rappresentato piuttosto gruppi di individui che si erano messi insieme non in base alla comunanza di “sangue e terra”, ma di valori e principi. E infatti se vogliamo identificare un ente sovrano che stava in quelle piazze, quell’ente semmai non era la “nazione”, ma lo “stato” che, a differenza della nazione, è inclusivo: non vaglia il “corpo” ma accoglie tutti coloro che rivendicano il loro diritto di partecipare e di scegliere, in quanto esseri dotati di “ragione”. E dunque, se vogliamo davvero rivendicare la dignità femminile contro una cultura maschilista di cui Berlusconi è solo l’epigono malato, se vogliamo liberarci di una cultura patriarcale che fa della donna, ridotta a corpo sessuato e riproduttivo, un essere dalla ragione balbettante, se vogliamo insomma liberarci dall’immagine umiliante del corpo (e dei vizi della carne), dobbiamo chiamare in causa l’influenza secolare della Chiesa cattolica nel nostro paese. Perchè quando si dice “dobbiamo liberarci del berlusconismo che c’è in noi”, come non vedere, nel grumo malato di quel sentire, il maschilismo di una tradizione culturale che vede la donna come “corpo”, e non come soggetto autonomo? Soggetto completo di corpo e di mente e che, pertanto, ha diritto alla signoria sul suo corpo? Come liberarci dell’ideologia dominante se dimentichiamo quanto esatta è stata l’analisi di Freud quando scriveva “l’anatomia è il (loro) destino”? Ci avevano chiesto: e la voce delle donne dov’è? Ebbene, la nostra voce l’abbiamo alzata il 13 febbraio, e con noi c’era una suora, voce coraggiosa di quella “Chiesa del silenzio” che non può limitarsi a scrivere documenti, ma deve intervenire nel dibattito pubblico con modalità più organizzate e combattive (anche se ormai mancano all’appello personalità come Scoppola e la Zarri, cattolici ferventi ma armati di salda laicità). La manifestazione del 13 febbraio è stata un successo anche perché, lontano dall’idea escludente di “nazione” e dentro quella inclusiva di “stato”, si sono ritrovate tante anime; eppure, se dentro il grande corpo della Chiesa cattolica non prenderanno visibilità e forza le correnti del rinnovamento, l’Italia resterà ostaggio del clericalismo dominante ed aggressivo (vedi lo sfarinamento della 194 e dei consultori). Concludendo: come gli ebrei protestano quando il Vaticano nega la sua responsabilità nella formazione dell’antisemitismo, così le donne devono prendere coscienza di come le religioni abbiano resa sacra, e dunque immodificabile, la loro inferiorità sociale (vedi la risoluzione n.1464, 4 ottobre 2005 approvata dal Consiglio d’Europa che dichiara: le diverse religioni hanno una forte influenza sulla vita delle donne “ma questa influenza di rado è benigna”).
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