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Dora Maar senza Picasso

Dora Maar senza Picasso

Presentato alla Casa delle donne Lucha y Siesta il reading Dora Maar, scritto e diretto da Donatella Mei con la partecipazione di Francesca Cati, primo appuntamento della rassegna Donne che hanno fatto la storia.

Martedi, 27/01/2015 -
Roma. È andato in scena alla Casa delle donne Lucha y Siesta il reading Dora Maar, primo appuntamento di Donne che hanno fatto la storia, rassegna dedicata alla presentazione di personaggi femminili, poco o molto conosciuti, che nella storia dell’arte hanno tracciato un segno non facilmente cancellabile. Lo spettacolo, scritto e diretto da Donatella Mei con la partecipazione di Francesca Cati, è una pièce tragica e comica insieme. Mei ripensa la vita di Dora Maar attraverso un’ironia sottile che, se da una parte si mostra in grado di restituire la tormentata vicenda esistenziale della grande fotografa, dall’altra coinvolge direttamente il pubblico, chiamato a intervenire in prima persona nella rappresentazione.



Le due donne, Donatella e Francesca, sono entrambe sulla scena. La prima è un’insegnante che, voce narrante fuori campo, ripercorre la storia, gli incontri e l’arte di Dora Maar; la seconda, Francesca, la interpreta rappresentandola fisicamente sul palco e indossandone i vestiti. Tra i due personaggi un filo diretto: in una relazione di continuo scambio, la Dora Maar evocata dalle fotografie e dalle parole di Donatella Mei lascia il posto alla Dora Maar di carne che, non senza commovente dolore, ricorda con occhi malinconici la tormentata relazione che l’ha legata a Picasso.



Il Maestro. Perché è esattamente nel rapporto con il pittore di Guernica che la vita di Dora – nonostante l’innata creatività, la bellezza, il fascino originario – s’incrina fino quasi a spezzarsi. È lei stessa che, terminata la relazione con il Minotauro, pronuncia le lapidarie parole: “Dopo Picasso, c’è solo Dio”. E, tranne alcune rare eccezioni, sembra essere questo il destino riservato dalla storia dell’arte alla Maar; essere solo l’amante del Grande, il volto piangente delle sue tele. Eppure, non ce ne sarebbe da meravigliarsi; è purtroppo stato comune per le grandi artiste non essere comprese nel loro estro e nelle loro sovversioni, relegate al ruolo di amanti e mogli, e in questo minimizzate e rese passive. E lo sanno bene le due interpreti del reading che il pericolo sarebbe stato ricadere nella sola Maar compagna di Picasso, lei che è la terza donna dopo Olga, la danzatrice dei balletti russi, e Marie Thérèse, che ama il Grande ma odia le sue tele. Eppure, con grande abilità, Donatella Mei presenta l’artista oltre Picasso. Lui che la tradisce, che la deride per la sua statuaria bellezza, che la spinge ad abbandonare la fotografia per adottare la pittura dove il suo livello sarebbe stato irraggiungibile; Picasso è presente solo in questi riferimenti che, se non possono intaccare il suo genio d’artista, ne fanno capire la piccolezza di uomo.



Nella pièce, Donatella Mei fa vincere la Dora Maar fotografa e visionaria, non da molto riscoperta e posta al centro di iniziative che anche in Italia l’hanno vista protagonista, come la recente mostra al Palazzo Fortuny di Venezia. Donna dalla personalità enigmatica, Henriette Theodora Markovitch è un’artista complessa ed eclettica. James Lord scrive di lei: “Si avvertiva immediatamente quando ci si trovava in sua presenza che quella non era una donna comune. Non era bella in senso classico, ma era un tipo che non si dimenticava facilmente. C'era nei suoi occhi una luce, uno sguardo straordinariamente luminoso, limpido come il cielo di primavera. Aveva una bella voce, una voce singolare, unica. Non ho mai conosciuto nessun altro con una voce come la sua. Era come un gorgheggio nel canto degli uccelli”.



Dora fa parte del gruppo Contre-Attaque, partecipa all'Esposizione Internazionale del Surrealismo a Santa Cruz de Tenerife, espone alla Galerie de Beaune di Parigi. Incontra il surrealismo e ne indaga le intimità; si avvicina alla tecnica dei collages – sperimentata nello stesso periodo anche dall’amico Henry Cartier-Bresson, che apprezza il tratto della giovane donna – per arrivare fino alla macchina fotografica, con la quale eccelle. Dora è una continua sperimentazione. Cambia le prospettive, deformandole; gioca con le doppie esposizioni; inventa fotomontaggi ed è, in questo, stimata da Man Ray e Brassaï. Ritrae la strada e le esistenze a margine che la abitano. Le visioni caleidoscopiche contenute nella sua arte riflettono una capacità di lettura e di interpretazione che esclude la staticità e sempre rinasce grazie a un costitutivo e interno dinamismo. Beffarda, Dora Maar è l’unica donna a sopravvivere all’abbandono di Picasso: “Tutti pensavano che mi sarei uccisa dopo il suo abbandono. Anche Picasso se lo aspettava. Il motivo principale per non farlo fu di privarlo della soddisfazione”. 



Nell’ultima parte della sua vita, appropriandosi di una libertà che forse non si era mai perduta, Dora si riavvicina alla fotografia. E lo fa utilizzando materiali diversi, che tornano a testimoniare l’eclettismo della sua arte. E, nonostante Picasso che la imprigiona piangente nelle sue tele, Dora continua a vivere nelle sue fotografie. Sono piene di luce, come lei.

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