Lunedi, 26/12/2011 - L’India è ancora oggi il paese delle caste, millenario sistema di classificazione sociale, che segna irrimediabilmente il destino degli abitanti, a seconda della discendenza familiare. Elisabetta Zerial, giovanissima vincitrice dell’edizione 2010 del premio “Tiziano Terzani” per le scuole, ha analizzato, nel suo racconto, la vita delle devadasi, giovani donne che nella tradizione erano delle danzatrici. Ballavano all’interno dei templi indiani una danza detta “Orissi” dal nome dallo stato dell’Orissa, situato sulla costa orientale dell’India. Le danzatrici del tempio, che seguivano fedelmente la tradizione, non si sposavano mai perché il loro unico sposo era rappresentato dalla divinità. L’insegnamento era tramandato dalla madre adottiva alla figlia spirituale. Dopo l’indipendenza dal dominio inglese, della tradizione – già di per sé discutibile - è rimasta la parte peggiore. Non più donne provenienti da caste privilegiate, le devadasi di oggi sono quasi tutte di caste “inferiori”, in particolare della casta degli Intoccabili – i Madiga – la più povera di tutte. Nel 19esimo secolo, con l’arrivo dei missionari cristiani, infatti, le giovani di casta più agiata si avvicinarono al cristianesimo, e nei templi indù finirono le giovani di casta inferiore. Per poter sopravvivere – visto che alle spalle non avevano famiglie agiate – queste ragazze che vivono da recluse hanno cominciato a prostituirsi nel tempio. In breve tempo la prostituzione delle devadasi è diventata una pratica diffusa e redditizia, che veniva e viene collegata ad una sorta di precetto religioso, mascherando questo commercio di corpi di bambine da “dovere verso la divinità”.
Nonostante sia stata dichiarata fuorilegge questa realtà è più che viva. La divisione della popolazione in caste, gli aborti praticati se il nascituro è una femmina, i matrimoni precoci, sono molti elementi che rendono la vita delle donne indiane, soprattutto di quelle più povere, per nulla semplice. A questo, si aggiungono le terribili pratiche, di vendita e consumo di corpi di bambine e donne, che non sono purtroppo un caso isolato di questa zona dell’India, ma sono riscontrabili in molti paesi del sud del mondo, nei quali condizioni di povertà e disperazione si mescolano ad antichi precetti e vecchie usanze, che relegano le donne a ruoli di subalternità.
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