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DOPO, Licia Pinelli

DOPO, Licia Pinelli

Con la speranza che il mondo cambi

Giovedi, 10/12/2015 - Alla fine della vita ciò che conta è aver amato.



Parole lette, rimaste impresse nella mente di Licia Rognini Pinelli e poste in chiusura del suo bel libro, piccolo e toccante. “Dopo”( Enciclopedia delle donne, Milano, 2014, pp.80, euro10.00) è la scrittura intima e privata, sofferta e autentica di una donna, del suo coraggio di fronte allo sgomento, rabbia, dolore per la morte innocente del marito Pino, “il ferroviere anarchico”, “caduto” dal quarto piano nel cortile interno della Questura di Milano. Molti i dubbi sulla tesi del suicidio di Pinelli qualche giorno dopo, alla notizia che la strage alla banca dell’ Agricoltura di piazza Fontana del 12 dicembre – diciassette morti, ottantotto feriti- fosse stata compiuta da suoi compagni anarchici.

Quel dicembre 1969 segnerà una cesura tra un prima e un dopo, una ferita pubblica e un dolore privato, quello che non fa notizia .



Per Licia Pinelli il “dopo” è il tempo della cura, della ricomposizione nella “normale quotidianità” , del riprendere in mano la vita, sua e delle sue figlie bambine. E’ anche il tempo in cui la fragilità inflitta dalla sofferenza diventa forza resiliente. Forse per questo, solo ora, il “dopo” può essere narrato lasciando dipanare il lento e aggrovigliato filo della memoria, dove i lembi del ricordo sono tribolati frammenti sparsi.

Intanto il “mondo fuori” - ben documentato nella postfazione di Marino Livolsi - è uno spazio esterno minaccioso, con i suoi anni bui, le manifestazioni studentesche represse dalla polizia: a un anno di distanza da piazza Fontana, le morti dello studente Saltarelli e poi di Roberto Franceschi lasceranno tutti sgomenti. Licia condividerà la sofferenza combattiva di quelle madri che hanno perso i loro figli, e aumenterà il senso di protezione verso le proprie figlie bambine ancora da crescere.



Ma è anche un “mondo fuori” accogliente che consente a Licia di trovare un lavoro esterno casa, una casa frequentata da studenti universitari, batteva a macchina le loro tesi. Un incarico all’ Istituto di Bioetica e Statistica Medica di Milano diretta dal professor Giulio Alfredo Maccacaro la inserirà in un ambiente accogliente. Come primo lavoro, la trascrizione a macchina di un “libro bianco”, La strage di Stato, un’inchiesta militante collettiva frutto di indagini e testimonianze di giovani studenti universitari e coraggiosi amici, spinti dal desiderio di accertare i fatti e risalire alla responsabilità politica. In seguito, e fino alla pensione, sarà segretaria all’ Istituto di Psicologia della Facoltà di Medicina diretta dal professor Marcello Cesa- Bianchi. Non mancheranno bei gesti di generosità, come quello ricevuto dalla collega Pia che le cederà il suo posto di ruolo, perché scrive Licia: “lei e suo marito lavoravano entrambi e io avevo più bisogno di loro”. L’occasione di incontrare ancora gli studenti rinnoverà la sua disponibilità all’ascolto. Per loro, una presenza rassicurante, cui affidarsi per ricevere consigli. Licia convincerà uno studente allontanatosi da casa a farvi ritorno. Contento, per aver ricevuto dalla madre un’accoglienza inaspettata, le sarà molto riconoscente.



In poco tempo, si tesse intorno a Licia e alla sua famiglia una rete solidale. La dedizione affettuosa dei genitori, di studenti, di amici con i quali basta uno sguardo per capirsi. Il conforto della vicinanza di padre Turoldo, Corrado Stajano con la moglie Giovanna Borgese, Dal Praz. Insieme a nuove conoscenze, Giovanni Testori, Cesare Musatti, la visita gradita di Enzo Jannacci e Beppe Viola. Anche la solidarietà di sconosciuti, con le loro lettere dal mondo dimostreranno sostegno e voglia di giustizia. Cara la presenza di persone amiche, compagni di Pino appassionati, coinvolgenti e dignitosi per quella loro semplicità di vivere la vita.



Condividerà altresì con Marino Livolsi, Umberto Mazzocchi e tutti gli altri compagni una forte commozione quando trasporteranno le ceneri di Pino dal cimitero di Musocco al cimitero di Carrara.

Licia condurrà una lunga lotta titanica per conoscere la verità e avere giustizia, insieme agli avvocati Renato Palmieri, Marcello Gentili, Domenico Contestabile e, in seguito, agli affezionati Carlo Smuraglia e l’avvocata Enrica Domeneghetti.

Anche il linguaggio dell’arte sensibilizzerà l’opinione pubblica. Come I funerali dell’anarchico Pinelli, dipinto del pittore Enrico Bay esposto a Milano, a Palazzo Reale nel 2012. Oppure Morte accidentale di un anarchico, testo di Dario Fo scritto per il teatro.

Sarà Piero Scaramucci, aggirando la riservatezza di Licia, a raccogliere una lunga e travagliata intervista riportata nel libro Una storia quasi soltanto mia pubblicato prima nel 1982 e ripubblicato nel 2009 da Feltrinelli, con l’integrazione di testimonianze di Smuraglia, Stajano, Bocca, Fo, Rame, Gozzini, Livolsi, Manghi, Ruggiu, Fofi, Costa. Insieme al libro di Camilla Cederna Pinelli. Una finestra sulla strage , contribuirà a dare fondamento ai dubbi su quella morte ingiusta.

Interviste per testimoniare, per non dimenticare e tenere alta l’attenzione. Incontri pubblici soprattutto dibattiti con gli studenti fiduciosi di sapere. E ogni volta riaperta, la ferita stillerà tenace fermezza di reagire, rialzarsi, resistere.



Ne uscirà fortificata, Licia, per la cura dedicata al legame sincero e affettuoso fino ad oggi con le colleghe di lavoro di un tempo, e quello amicale con donne sensibili e determinate come Camilla Cederna e Franca Rame. L’amicizia con una donna incontrata sul tram, Emilietta, vecchia socialista e staffetta partigiana, sempre vicina e solidale a Licia e alla famiglia, la condurrà ad intraprendere viaggi alla scoperta di un nuovo “mondo fuori”, ancora più lontano. Insieme ad altre persone guida, invece, si lascerà accompagnare lungo un cammino personale di ricerca interiore, per un germe di risposta alla domanda sul senso profondo della vita, alimento di possibile serenità.

Poi il gesto gratuito e disinteressato del volontariato, a disposizione di quanti hanno conosciuto il dolore. E il Coro “Città di Milano” diretto dal maestro Mino Bordignon, con quei canti “a cappella” così intensi e vibranti e capaci di liberare la mente facendo fuggir via, almeno per qualche ora timori e inquietudini.

Un personale rimedio ai momenti di malinconia, l’abitudine di catalogare, ordinare libri, fotografie, ritagli di giornale, rivedere istantanee e cartoline riportando indietro la memoria senza lasciarsi troppo coinvolgere.

Forse proprio dopo l’udienza del 9 maggio 2009, giorno della memoria per le vittime del terrorismo e delle stragi, Licia ammetterà: “Mi sono in parte riconciliata con il mondo”. In quell’occasione, il presidente Napolitano riconobbe a Giuseppe Pinelli “rispetto e omaggio” per essere stato “vittima due volte: prima, di pesantissimi e infondati sospetti, e poi di un’improvvisa, assurda fine”.



Dopo quarantasei anni travagliati: “Ho ancora la speranza che il mondo cambi”. E ora che spetta alle figlie Claudia e Silvia partecipare agli eventi pubblici per testimoniare, conclude, difendendosi da quanti le imputerebbero una chiusura in se stessa, nella quale non si riconosce : “ Preferisco vedermi come il padre di Bambi che, alla fine di quello splendido film di Walt Disney, guarda dall’alto di un colle con la serenità datagli dalla saggezza dell’età, suo figlio e i suoi compagni avviarsi verso il loro futuro”.



v. link: www.arivista.org n.401

v.link: www.enciclopediadelledonne.org rassegna stampa

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