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Dopo la guerra un lungo cammino

Dopo la guerra un lungo cammino

Vietnam - Ritorno in Vietnam dopo venti anni. La condizione delle donne e la visita Saigon, Ha Long, Danang e Huè -Testo e foto di Costanza Fanelli (seconda parte)

Costanza Fanelli Domenica, 23/02/2014 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Febbraio 2014

Le donne in Vietnam occupano un posto rilevante: le percepisci come il fulcro portante di quella organizzazione della vita vietnamita che si basa sull’intreccio stretto tra la famiglia e la rete di attività produttive e commerciali. Attività spesso legate alla sola sussistenza soprattutto nelle aree di campagna o lungo i tanti fiumi e canali che caratterizzano il paese. Nelle città e nei piccoli centri agricoli interi settori del commercio sono in mano alle donne. Contraddistinte da una grazia innata, attente alla loro estetica anche in situazioni pesanti di lavoro: i loro visi belli e sottili sono sempre protetti oltre che dai famosi cappelli a pagoda da fazzoletti e le loro braccia e mani da guanti per impedire al sole di scurire la pelle che deve rimanere bianca. È affidato alle donne molta parte del piccolo trasporto sull’acqua. per turisti, per trasportare merci e persone. Con perizia e eleganza guidano con i remi a pertica le piccole imbarcazioni con cui si possono percorrere i tanti corsi d’acqua e paludi, gli stretti canali circondati da mangrovie che segnano i grandi Delta del Fiume Rosso e del Mecong. I dati statistici attuali (2012) confermano le impressioni avute in questo viaggio: le donne sono il 49% della forza lavoro, sono il 51% delle persone che lavorano in agricoltura e il 65% nel commercio, sono il 67% nel settore del turismo ma anche il 51% nella finanza e nel credito, sono il 69 % nel settore educativo e il 57% in quello legato alla salute. Ciononostante la percentuale di donne presenti nel Parlamento arriva solo al 25%. A leggere i temi e gli obiettivi su cui è impegnata oggi l’Unione Donne Vietnamite i problemi sono però ancora tanti: portare fuori dallo stato di povertà oltre 700mila donne sole capifamiglia, consulenza e formazione professionale per la creazione di opportunità di lavoro per 100mila donne l’anno, partecipazione delle donne ai processi di sviluppo socio economico del paese, impegno per l’attuazione di leggi per le pari opportunità, interventi per migliorare la condizione e il ruolo delle donne nelle famiglie.



Ha Long

La vita si svolge nei villaggi sull’acqua, concentrati in particolari piccole baie e costruiti su palafitte o galleggianti per affrontare meglio le piene

La baia di Ha Long è uno dei tesori naturalistici più rilevanti e unici al mondo: tremila isole rocciose di tutte le dimensioni ricche di vegetazione immerse e sparpagliate nella grandissima insenatura del mare del Tonchino. Un labirinto di acqua, rocce di ogni dimensione e dalle forme più incredibili, un insieme di piccoli o grandi specchi di mare circondati da monti rocciosi incombenti, nel quale puoi navigare senza fine. Ma anche un vero ecosistema che si fonda sulla presenza diffusa di comunità di villaggi sull’acqua che vivono di pesca che è una delle ricchezze dell’area. Ha Long oggi è divenuto uno dei luoghi più importanti e frequentati per i flussi turistici. Ho fatto fatica a riconoscere quello che era il piccolo molo dal quale oltre venti anni fa sono salita in una imbarcazione, accompagnata dal gruppo di donne che mi ospitava. Quelle donne mi parlavano mentre navigavamo di piccoli loro progetti di riutilizzo di edifici che erano stati costruiti come foresterie e che potevano aprirsi al turismo. Oggi per navigare nella baia di Ha Long parti da una grande stazione marittima, circondata da grandi alberghi e residenze per vacanze che accolgono un flusso continuo di turisti, in grande parte dell’est asiatico ma anche europei del nord. Lì ti aspettano imbarcazioni attrezzate per ospitare e fare navigare i turisti anche per vari giorni, piccoli alberghi naviganti. Allora mentre si navigava vedevi solo piccole imbarcazioni povere che erano anche le “case” del pescatore e della sua famiglia. Oggi le imbarcazioni dei pescatori servono principalmente per pescare. La vita si svolge nei villaggi sull’acqua, concentrati in particolari piccole baie e costruiti su palafitte o galleggianti per affrontare meglio le piene. Ci arriviamo con piccole imbarcazioni guidate da donne sempre sorridenti: case familiari galleggianti, tutto in vista, donne e bambini che vivono e si muovono in pochi metri. Ogni tanto i bambini si tuffano ridendo nell’acqua, è il loro gioco, ma anche il modo di semplificare i problemi di igiene personale. Barconi adibiti alle più diverse attività: vendita di vari tipi di prodotti anche botteghe destinate ai turisti. C’è anche la scuola per i bambini. Con grandi problemi di inquinamento ambientale che si cerca di fronteggiare con qualche tentativo di raccolta dei rifiuti.



Danang

Hoi An è conosciuta anche come uno dei posti dove nascono le “lanterne rosse” di ogni forma e dimensione

Danang è stata uno dei centri nevralgici della guerra poiché vi era posizionata la più grande base militare americana e nei suoi dintorni il conflitto è stato drammatico. Oggi Danang è tutta un cantiere: è una città moderna che si estende lungo un largo fiume, sulle cui rive i giovani la sera si riuniscono, parlano, sentono insieme la musica con strumenti elettronici uguali a quelli di altri milioni di giovani nel mondo. DaNang è oggi una importante meta per turisti che cercano spiagge e baie bianchissime e lussuosi alberghi e resort, immersi nel verde e con piscine. Ma vicino a Danang c’è una delle cittadine più belle e particolari del Vietnam, Hoi An, un luogo pieno della storia precedente a quella che più conosciamo noi europei. Hoi An è stata nei secoli scorsi una delle più fiorenti enclavi delle potenze commerciali asiatiche in Indocina, ognuna ha lasciato qui una testimonianza culturale, architettonica, religiosa, civile. Templi e pagode di vario stile, palazzi civili eleganti costruiti tutti in legno, un ponte coperto che segna uno dei punti cruciali del lungo e pittoresco centro commerciale. Un crogiolo di culture oggi protetto dall’Unesco. Hoi An è conosciuta anche come uno dei posti dove nascono le “lanterne rosse”: di ogni forma e dimensione, una attività in mano alle donne che caratterizza il seguire ininterrotto di botteghe artigianali. Capitiamo nel giorno giusto: il giorno in cui si ricordano e festeggiano gli avi di ogni famiglia. E lo si fa in un modo meraviglioso, affidando alla corrente del fiume che lo attraversa una piccola lampada di cartone illuminata da una candela: tante lucine rosse nella notte che corrono e si rincorrono. Anche io ho messo la mia lampada pensando ai miei cari e ho aspettato finché non è scomparsa all’orizzonte.



Saigon

È visibile il contrasto tra modernità e arretratezza, tra globalizzazione e sviluppo del fai da te e il vecchio centro coloniale è soffocato da una sequenza di alberghi

La scuola è obbligatoria ma solo sulla carta e per tanti motivi è ancora alto il tasso di analfabetismo, specie nelle campagne

Saigon (oggi Ho Chi Minh city) si presenta come una città molto diversa da Hanoi. Lì è ancora più visibile il contrasto tra modernità e arretratezza, tra globalizzazione e sviluppo del fai da te. Il vecchio centro coloniale è oramai soffocato da una sequenza di albergoni delle più conosciute catene, ognuno a gara con l’altro per architetture sontuose e improbabili, per ospitare una quantità enorme di turisti per lo più asiatici, dell’est europeo ma anche di altri paesi occidentali. Saigon è la città più popolosa del Vietnam e lo si vede: il suo potere attrattivo verso aree di popolazione povera di campagna è in crescita, con tutti i problemi che già si conoscono. Un grande sviluppo economico e commerciale che avvantaggia alcuni e lascia da parte e poveri altri, segnato anche da nuove stratificazioni di privilegi legate al rigido sistema politico-burocratco di governo incentrato sulle gerarchie del partito unico. Un sistema segnato anche da forme diffuse di corruzione. Un rapporto squilibrato tra crescita economico e benessere sociale. Non c’è in Vietnam un sistema sanitario nazionale e pubblico a cui tutti possono fare veramente riferimento. Il destino di salute delle persone è affidato, oltre che alla perdurante diffusione della medicina tradizionale, ad una presenza maggioritaria di strutture private e costose o a fondazioni di carattere filantropico-sociale, per lo più di origine straniera. La scuola è obbligatoria ma, mi dicono, solo sulla carta e per tanti motivi è ancora alto il tasso di analfabetismo, specie nelle campagne. A scuola si va poche ore al giorno con turni di mattina o pomeriggio. Per il resto si condividono le attività produttive o commerciali della propria famiglia. Ma è rarissimo vedere bambini chiedere soldi o altro ai turisti. Semmai ti vendono qualcosa. Saigon porta ancora con sé la sua immagine di contro-capitale economica e commerciale rispetto alla capitale burocratica che è Hanoi. Ma è a Saigon che il turista e il viaggiatore, se vuole, è chiamato a ricordare cosa ha significato la guerra in Vietnam. Con un grande Museo della Guerra che ti ricorda le nefandezze compiute contro quel popolo in nome di una cosiddetta esigenza di presenza strategica occidentale in quelle aree. Ti ricorda anche, e forse è la parte più bella, il grande contributo di giornalisti e fotografi occidentali morti sul campo che hanno fatto conoscere al mondo quello che avveniva, aprendo e sconvolgendo le coscienze. Nei dintorni di Saigon sono avvenute le più distruttive campagne di guerra con bombe, esfolianti, una quantità enorme di vittime civili e militari. In Vietnam ci sono stati oltre tre milioni di morti. Centinaia e centinaia sono state le persone nate con deformità che ancora puoi incontrare. Ancora oggi si combatte sulle conseguenze della diossina sparsa a tonnellate sul paese. Le foreste vicine a Saigon erano anche uno dei cuori della lotta incredibile che i vietcong hanno combattuto attraverso la loro rete inestricabile di tunnel e cunicoli sotterranei dove centinaia di uomini e donne per lo più contadini vivevano pronti sempre a colpire con azioni improvvise e invisibili. L’incubo dei marines. Oggi quella zona, Cu Chi, ancora segnata da crateri fatte dalle bombe americane è un grande museo turistico-educativo immerso nel verde: puoi misurare di persona la ridottissima dimensione degli spazi nei quali quelle donne e quegli uomini hanno vissuto tanto tempo, dove si erano organizzati per fare tutto: preparare armi e munizioni, agguati e trappole, ma anche vivere, mangiare, curare i feriti. Puoi riaccendere visivamente la memoria di quella che è stata la lotta impari tra il Davide vietnamita e il Golia americano. Intelligenza anche militare, determinazione e resistenza a tutti i costi per la conquista della indipendenza, una condizione storica di un popolo contadino abituato a lottare e a vivere in condizioni estreme. Ma i vietnamiti hanno da molto tempo oramai una grande voglia di lasciare tutto questo alle spalle, di pensare e lavorare al proprio sviluppo personale e di paese che si chiama industria grande e piccola, commercio di ogni dimensione e genere, rete di infrastrutture da fare, grandi problemi ambientali da affrontare. L’inglese, la lingua del loro più grande nemico, sta diventando la loro seconda lingua. Oggi l’America significa marchi commerciali, capi di vestiario, turismo che arriva.

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