Parliamo di bioetica - Aumentata nell’opinione pubblica la confusione sui concetti legati alla morte cerebrale, al coma, al fine vita
Simeone Silvana Martedi, 26/05/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Maggio 2009
Le polemiche che hanno accompagnato la dolorosa vicenda di Eluana Englaro fin dal suo nascere, ed il dibattito pubblico che ne è scaturito, mentre da una parte hanno contribuito a destare l’interesse dell’opinione pubblica sui temi legati alla morte, all’accanimento terapeutico, all’eutanasia, dall’altra hanno fatto sì che aumentasse nell’opinione pubblica la confusione sui concetti legati alla morte cerebrale, al coma, al fine vita. Molto spesso, infatti, si sono levate voci non sempre esatte, frequentemente faziose ed incomplete, più spesso ancora poco attendibili, o eccessivamente ideologizzate.
Una situazione che ha portato il Centro Nazionale Trapianti a fare delle precisazioni in un apposito comunicato stampa diramato il 5 febbraio scorso. “In merito ad alcune confuse affermazioni –vi si leggeva- emerse negli ultimi giorni nell’ambito del dibattito sul caso Englaro” e “per introdurre elementi di chiarezza sottolineando la sostanziale differenza che vi è tra lo stato di coma, quello di ‘stato vegetativo persistente’, in cui si trova Eluana, e la morte cerebrale”.
Una differenza fondamentale tra lo stato in cui si troverebbe Eluana e la morte chiarita illustrando alcuni criteri atti a distinguere fra il coma (…alterazione del regolare funzionamento del cervello… compromissione dello stato di coscienza... ma le cellule cerebrali sono vive ed emettono un segnale elettrico rilevabile attraverso l’elettroencefalogramma…e comunque situazione dinamica, che può variare sia in senso regressivo che progressivo…). Il comunicato prosegue descrivendo lo stato vegetativo persistente (spesso confuso con la morte cerebrale), in cui “le cellule cerebrali sono vive e mandano segnali elettrici evidenziati in modo chiaro dall’elettroencefalogramma, mentre nella morte encefalica le cellule cerebrali sono morte, non mandano segnale elettrico”.
Il raffronto fra i due stati è evidente, ed “ha precisi riscontri sul piano clinico: nello stato vegetativo persistente il paziente può respirare in modo autonomo; mantiene una vitalità circolatoria, respiratoria e metabolica e un controllo sulle cosiddette funzioni vegetative (temperatura corporea, pressione arteriosa, diuresi, etc..). Nella morte encefalica il soggetto ha perso in modo irreversibile la capacità di respirare e tutte le funzioni encefaliche: non ha controllo sulle funzioni vegetative”.
Appare evidente che lo status vegetativo persistente in cui si trovava Eluana non poteva essere in alcun modo assimilato alla morte cerebrale, che coincide con la cessazione di tutte le funzioni vitali del cervello, generata dalla distruzione totale delle cellule cerebrali.
Si è potuto chiarire, così, l’equivoco di fondo. Eluana, infatti era in coma, e non in morte cerebrale.
E’ stato questo il malinteso, il punto cardine del caso, l’origine di molte dichiarazioni improprie, di tanta confusione. La discussione si è erroneamente incentrata sul suicidio assistito, sull’eutanasia, sull’accanimento terapeutico, mentre il vero dibattito (purtroppo mediatico, piuttosto che etico, giuridico e filosofico) andava sviluppato esclusivamente sulle dichiarazioni di fine vita (TAD), o testamento biologico. Una premessa, questa, che avrebbe già di per sé contribuito a fare un po’ di chiarezza. Certamente, come minimo, avrebbe limitato di molto gli errori ed gli orrori che sono circolati su tv, stampa e web.
Il caso di Eluana quindi, o meglio, ciò che ne è scaturito in termini di pubblico dibattito, ha finito inevitabilmente per incidere negativamente sul trend dei donatori di organi in Italia, facendo sì che anni di sensibilizzazione alla cultura della donazione degli organi fossero rimessi in discussione.
Il dibattito, falsato ed alterato da erronee convinzioni, ha inciso negativamente sulla coscienza di tutte quelle persone che avevano sentito l’esigenza di aprirsi all’altro, di riconoscerlo e di prendersene cura, compiendo l’atto estremo (nel senso di “ultimo”) della loro esistenza terrena. Quello della donazione dei propri organi e dei propri tessuti.
La disinformazione, la confusione, ed alla fine la repulsione per un argomento trattato e bistrattato in tutte le salse, ha fatto sì che si registrasse un periodo di flessione (anche se leggera, per la verità) del numero dei donatori. Flessione puntualmente rilevata dal report annuale sull’attività di donazione e trapianto, pubblicato dal Centro Nazionale Trapianti.
Una tesi che trova la sua conferma sul fatto che, appena deceduta la povera Eluana ed il circo mediatico ha spento le sue luci, lo stesso CNT ha immediatamente registrato una ripresa delle adesioni.
Nell’ultimo anno il potenziali donatori segnati dalle Rianimazioni ai Centri di Coordinamento della Rete Nazionale Trapianti sono stati 2.289 (40,1 per milione di abitanti) si tratta dato più elevato sinora registrato. Rispetto al 2007 l’incremento è stato di 89 donatori segnalati, pari al 4,05% in più.- (Fonte Centro Nazionale Trapianti – Ministero Salute)
E’ come se, dopo la sbornia comunicativa, la coscienza delle persone fosse rientrata nella normalità delle cose, ed il buon senso fosse tornato a prevalere.
Come se la cultura della donazione degli organi fosse ritornata a muoversi nella direzione di una valorizzazione del carattere personale della corporeità, ed il proprio corpo considerato di nuovo come una cosa che deve finire con la morte.
Che è, in pratica, il principale assunto dell’educazione alla donazione degli organi.
Il ritorno ad una condizione di speranza che la medicina dei trapianti ha contribuito ad alimentare, allargando la nostra possibilità di vivere la cura per l’altro: “i trapianti hanno conferito all’uomo poteri nuovi sulla vita e sulla morte dei propri simili”.
Un modo di pensare concepito in base alla doverosità etica della solidarietà.
Non ha più alcuna giustificazione, infatti, il concetto del possesso estremistico del proprio corpo.
Il corpo ritorna ed essere la “macchina”. Preziosa, misteriosa, affascinante. E con l’estremo gesto, anche etica, morale, che và, in tal modo, oltre i limiti dell’umano e del terreno.
Silvana Simeone*
Istituto italiano di Bioetica
* Collaboratore di Cattedra in Bioetica, presso l’Istituto Universitario Suor Orsola Benincasa di Napoli. Dottoranda di Ricerca in “Etica e Filosofia Politico-Giuridica” presso l’Università di Salerno. Lavora presso la Struttura Complessa del Centro Direzionale Coordinamento Prelievi e Trapianti d’organi e tessuti dell’ A.S.L. SA/1 come Collaboratrice Laureata in Scienze dell’educazione. Referente e Consulente per la Bioetica per la donazione del Sangue del Cordone Ombelicale. Referente Aziendale per il Sistema Informativo Trapianti. Componente del Collegio Medico per l’Accertamento della Morte Cerebrale.
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