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Donne protagoniste al Torino Film Festival - di Mirella Caveggia

Donne protagoniste al Torino Film Festival - di Mirella Caveggia

La rassegna riscontra grande interesse tra il pubblico. Donne in primo piano, come attrici, registe, sceneggiatrici, in giuria e nell’organizzazione .

Mercoledi, 18/11/2009 - Che sia una casualità o un proposito, nel Torino Film Festival di quest’anno la donna è realtà viva e centrale. La rassegna, a dispetto di alcuni osservatori strabici che seguitano a metterla a confronto con quelle di Venezia e di Roma, scorre a meraviglia. Basta constatare a qualsiasi ora la presenza del pubblico, soprattutto giovane, che infittisce le file di otto sale cinematografiche. Attirano dal mattino alla sera le novità concentrate nelle diverse sezioni di un cartellone immenso recante nomi di ispirazione letteraria (Festa mobile, Figli e amanti, Onde ecc..). Ma trovano un pubblico attento e partecipe anche le retrospettive e gli omaggi alle figure di spicco del cinema, gli incontri, le domande in sala improvvisate nelle occasioni di confronto.

Dicevamo delle donne: attrici, registe, sceneggiatrici, in giuria e nell’organizzazione hanno assunto quest’anno un rilievo particolare. Ecco qualche riflesso delle presenze femminili sempre più incisive. Ma la rassegna è in corso e chissà quante altre sorprese completeranno il quadro.

In una piccola sala gremita è apparsa Charlotte Rempling, che ha presentato “I love Max” del regista giapponese Nagisa Oshima, celebrato nel festival con un omaggio a tutto tondo. Lei ne è stata interprete 23 anni fa: il tempo è passato. Ma la bellezza lievemente altera e misteriosa e l’eleganza sono sempre le stesse. Il film, surreale e ironico, racconta la strategia, segnata da una punta di mistero, della bella moglie di un diplomatico infedele, la quale impone nella loro residenza lussuosa di Parigi la presenza di uno scimpanzè. La scimmia, in veste, anzi nel pelo, dell’amante, dovrà suscitare la gelosia del marito farfallone. È invece un racconto semplice, puro, etico, quello tracciato dalla giapponese Naomi Kavase nel film “Nanayo”, un lungometraggio in cui una turista giapponese per un equivoco che la paralizza dalla paura finisce in un villaggio sperduto nei boschi della Thailandia, dove vita, costumi e linguaggi le risultano incomprensibili. Sono differenze incolmabili in apparenza; ma fantastico e commovente si delinea, e a poco a poco si conferma, il suo inserimento nella piccola comunità raggiunta, composta da un giovane francese, una donna tailandese, il suo bambino e il tassista origine del malinteso.

Naturalmente abbondano i soggetti stretti nella spirale delle nevrosi d’oggi. Ne coglie un aspetto Ry Russo-Young, la regista di “You wont miss me”, una storia per frammenti, faticosa a dire il vero, anche per la tecnica di ripresa digitale. Ma la vicenda, interpretata da una solida Stella Shnabel, figlia del pittore e regista Julian, è molto emblematica del nostro tempo in cui i giovani accerchiati da droga, sesso, alcol, conflitti urlati , non sanno tessere una storia d’amore.

Si comprime invece tutto nel fondo della coscienza il mondo emotivo di Hiroko, la trentacinquenne protagonista di “Torso” un film inquietante di Yataka Yamazaki,. Fotografa nella moda, la protagonista (l’attrice Makiko Watanabe), ossessionata dalla violenza maschile di cui ha avuto esempi anche in famiglia, pur non essendo un’asociale, è insofferente alle intrusioni e alle interferenze esterne. Vive una vita ordinata e regolare sola in un piccolo appartamento di Tokio, dove si rifugia con un segreto: un busto maschile di lattice gonfiabile sul quale riversa eros e affettività. Un giorno arriva la sorellastra che cerca un rifugio dalle angherie del compagno, che in precedenza aveva dato prova anche con lei dei suoi modi violenti. La sorpresa finale si prepara a questo punto.

Fra i film in concorso, è da tenere presente il film del cileno Sebastian Silva “La Nana” (tata, in lingua spagnola). Lo interpreta un’indescrivibile, inesprimibile, ineffabile Catalina Saavedra. Attrice tutt’altro che bella, ma indimenticabile. Il film, che ha già trovato distribuzione in Italia, mette in campo una domestica che dopo 23 anni di servizio in una famiglia cilena signorile si sente parte importante della casa. Quando viene assunta un’altra donna per darle una mano, la tuttofare trama soverchierie verso l’intrusa, intreccia ghirlande di dispetti, e spenti i già rarissimi sorrisi attacca un mobbing feroce. Fino a quando l’arrivo di una collaboratrice amabile e comprensiva le farà conoscere una nuova. autentica dimensione

Film molto attuale, “La Bella Gente” avrà di sicuro un pubblico. Ivano De Matteo è il giovane regista che ha dato corpo all’ottima sceneggiatura di Valentina Ferlan. Il tema, tracciato da lontano, è quello dell’immigrazione e della prostituzione spesso conseguente. Una coppia romana di buona collocazione sociale, intellettuale e raffinata, architetto lui (Antonio Catania) e psicologa lei (Monica Guerritore), sul percorso verso la loro bella casa di campagna si imbattono in una prostituta ucraina, giovanissima e indifesa, che provano a strappare dalla violenza della strada. Sarà possibile o impossibile il riscatto che la coppia si ripromette di facilitare? Il film che dà una risposta amara è da vedere: è molto ben costruito e interpretato a dovere. La storia non ha nulla di singolare, ma è narrata con scioltezza ammirevole ed è aderente ai tempi segnati da un conformismo ipocrita e ammantato da benevolenza pelosa. Tutti bravi gli interpreti: Monica Guerritore è una protagonista dalla profonda e perfettamente mutevole espressione. Dolce e gentile, ma ferma la recitazione di Vittoria Larcenko. Nel cast, anche Iaia Forte, e Myriam Catania, entrambe ottime nei loro ruoli sgradevoli. Lo sfondo, i dialoghi, anche la tensione, tutto è ben equilibrato in un film di probabile successo.

Alcuni film in questa rassegna, questo compreso, possono apparire irrisolti, senza un finale conclusivo, privi dell’happy end che ci si aspetta. Le situazioni, insomma, sono lasciate come stanno. In altri termini, gli autori talvolta estraggono dalle realtà più diverse frammenti incandescenti per portarli sullo schermo a testimonianza del tempo o forse per sollecitare una comune riflessione.

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