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Donne nelle cooperative italiane: preoccupazione per l'impatto del coronavirus

Donne nelle cooperative italiane: preoccupazione per l'impatto del coronavirus

Le donne sini la stragrande maggioranza nei servizi socio-sanitari e socio-educativi, nella cultura, nello sport e nel turismo, migliaia nel sommerso o impegnate a casa con lo smart working. La crisi le colpirà duramente

Venerdi, 24/04/2020 - Come donne imprenditrici e cooperatici (Commissione Donne e Parità dell’Alleanza delle Cooperative Italiane) ci preme fornire una lettura al femminile di questo periodo emergenziale che sta mettendo a dura prova il nostro sistema sociale ed economico. Questa pandemia segnerà pesantemente la condizione delle donne e di conseguenza ancor di più lo sviluppo socioeconomico del nostro Paese.
Sono per la stragrande maggioranza donne (in alcuni casi ben oltre il 70%) le operatrici impegnate nei servizi socio-sanitari, socio assistenziali e servizi ausiliari che le cooperative stanno svolgendo negli ospedali, nelle case di riposo, nei centri residenziali per disabili, minori, … messe a dura prova anche dal punto di vista umano, oltre che professionale.
E sono altresì per la maggior parte donne (sempre ben oltre il 70%) le occupate nelle cooperative impegnate in servizi educativi, scolastici e di produzione lavoro coinvolte dal fermo produttivo, alle prese con gli ammortizzatori sociali.
Ci preoccupa la grande incognita sulla ripresa e sul futuro delle cooperative della cultura, del turismo e dello sport, dove le donne rappresentano in ogni caso più del 50% della forza lavoro e abbiamo ben presentile molte donne impegnate nel settore primario, quelle impegnate nel settore florivivaistico fortemente colpito dall’emergenza o in quello della pesca, dove la forza lavoro femminile è presente, attiva, determinante, ma molto spesso invisibile, non tracciata e quindi priva di ammortizzatori in un momento come questo.
Ci preoccupa anche il destino delle start up cooperative, dove le donne, quasi sempre giovanissime, sono al contempo imprenditrice e lavoratrici, ma in molti casi non dipendenti, impegnate quindi a fronteggiare questa emergenza da più fronti e senza alcun tipo di ausilio o ammortizzatore sociale per esse pensato.
Prospettiamo drammatico il tema del credito, già difficile per le imprese femminili prima dell’emergenza sanitaria.
Non vogliamo dimenticare il mondo sommerso delle badanti, baby sitter e collaboratrici domestiche impegnate in servizi di cura familiare, interrotti per motivi di sicurezza, laddove vi fosse anche solo un sospetto di contagio. Alcune di loro forse riusciranno ad accedere a qualche misura di sostegno tra quelle previste, ma è evidente lo stato di segregazione in cui si trova questo importante lavoro di cura e di assistenza, e il rischio di povertà per molti nuclei familiari, specie monogenitoriali.
Vi è poi l’esercito silente delle lavoratrici in smart working, alle prese con l’eterno problema di condivisione e conciliazione: se questa pandemia ha costretto molte imprese all’adozione del lavoro a distanza, abbattendo barriere fino a ieri apparentemente insormontabili, ci ha posto di fronte all’eterno problema della necessità di una maggiore condivisione dei carichi di cura tra uomini e donne. I
n questo momento in cui tutto il nucleo familiare è letteralmente costretto a casa in modalità smart-working o smart-learning, è sempre la figura femminile a gestire prevalentemente carichi di lavoro e di cura, compresa l’assistenza oggi più complessa dei genitori anziani e soli, da dover accudire da lontano. I congedi parentali inseriti nel Decreto Cura Italia, da scegliersi in alternativa al bonus baby sitter, vedranno come sempre una selezione tra padre e madre lavoratore, sulla base di stereotipi ancora fortemente radicati e su una valutazione economica che visto il gender gap salariale, previlegerà la scelta delle figure materne lavoratrici a fermarsi. Mentre ancora ci risulta insufficiente l’attenzione verso i carichi di cura rivolti alle persone anziane.
Le diseguaglianze che si accentuano: i ragazzi sono a casa da settimane, gestendo momenti didattici che devono sostituire le ore scolastiche. Il divario tra famiglie con risorse e famiglie in difficoltà è emerso in maniera lampante: la didattica on line non funziona senza la disponibilità di device adeguati, senza una connessione sufficiente e genitori in grado di attivarsi. Assistiamo inermi all’inevitabile aumento della povertà educativa e della povertà minorile, di cui misureremo il generarsi nel prossimo futuro. Perché la cultura va vista anche dal punto della crescita e dell’aggregazione sociale, e tante delle attività e percorsi per ragazzi e adulti, anche in aree più degradate hanno perso la possibilità di presidiare e sostenere.
Vogliamo richiamare l’attenzione sul rischio esponenziale di violenza domestica: c’è stato un calo delle chiamate ai telefoni di aiuto e ascolto, sia da parte dei minori che delle donne, poiché è evidente che nella forzata clausura di tutti i membri di una famiglia, le vittime sono ancora meno libere. Va chiesta vigilanza e l’identificazione di forme alternative di segnalazione o come ha fatto il Procuratore di Trento immediato allontanamento del violento dal nucleo familiare. Riteniamo ottime le iniziative che si stanno moltiplicando sui territori da parte dei Centri antiviolenza, delle Associazioni maggiormente coinvolte, dalle Istituzioni, richiamando l’attenzione al tema e predisponendo modalità di richieste di aiuto adatte alla realtà attuale.
Siamo presenti e attive in un momento dove le difficoltà si sovrappongono le une alle altre. Stiamo tenendo sotto controllo il piano personale, il piano professionale e il piano cooperativo con la consapevolezza che già adesso tante situazioni lavorative molto vicine a noi, sono compromesse. Ma stiamo reagendo, con la resilienza, creatività e versatilità che ci contraddistingue, da protagoniste della cooperazione quali siamo, organizzando risposte innovative a bisogni vecchi e nuovi che intercettiamo grazie alla forte prossimità con le comunità di cui siamo espressione: impegnate a convertire linee produttive per la confezione di mascherine, a reinventare servizi educativi ed assistenziali nei tempi dell’isolamento, ad intensificare la collaborazione con i centri antiviolenza, ad adattare in poco tempo strutture per l’accoglienza di homeless, a istituire nuove catene di distribuzione per i nostri prodotti agroalimentari.

Occorre partire da qui, da questo forzato e anomalo Stop per ripensare percorsi più inclusivi, equilibrati e consapevoli della partecipazione di tutti, le donne in primis per costruire un nuovo paradigma sociale dove le persone, lo Stato, il Mercato produttivo, le imprese, le comunità, possano interagire costantemente, per rilevare dai diversi punti di osservazione le priorità che sono, per come ci troviamo adesso, comuni a tutti e interveniretempestivamente con risorse, e azioni sostenibili.

Commissione Donne e Parità dell’Alleanza delle Cooperative Italiane


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