Cara direttora - Non hanno il diritto di farsi visitare da sole, sono donne pakistane, cinesi e non solo
Anna Vittoria Ciardullo Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Febbraio 2007
Cara Direttora,
scrivo in merito ad un problema che affronto quotidianamente nel mio lavoro. Sono una donna medico ospedaliero (Carpi, Mo) e tra i pazienti che afferiscono alle nostre strutture ci sono molti immigrati. C'è un aspetto in particolare sul quale sto riflettendo molto ultimamente, quello delle "donne invisibili". Si tratta di donne che appartengono ad alcune etnie (ad es. pakistane, cinesi ma non solo), ma specialmente quelle sposate ad islamici integralisti, in cui non hanno volto né nome (dove il nome tradotto in italiano significa "femmina" o cose del genere) ed i nomi sono tutti uguali.
Sono donne che non hanno il diritto di fare una visita da sole ma deve parlare sempre il marito con noi. Sono donne che non sanno leggere neanche nelle loro lingue madri e che non sono in grado di comunicare con noi in nessun modo. Se questa donna ha difficoltà a procreare il marito non si pone alcun problema: la cambia (sic!) con un'altra e quella precedente viene rispedita al mittente (non oso immaginare con quale futuro). Credo che una riflessione seria sul destino di queste persone "invisibili" che transitano sul nostro territorio vada fatta, ad esempio sfruttando di più le leggi che abbiamo contro la schiavitù o la tratta/commercio di essere umani. Forse un prerequisito a tutto questo è che si sia in grado di identificare inequivocabilmente l'identità di una persona? Forse si potrebbe partire da una legislazione sulla tutela delle persone deboli o "fragili"? Forse sto delirando, ma è chiaro che non sono un'esperta in materia ed è per questo che vi presento un problema che, credetemi, riesce a togliermi il sonno. Ancora una volta non finirò mai di ringraziare il buon Dio per il luogo in cui mi è capitato di nascere. Cordialmente
Anna Vittoria Ciardullo
La segnalazione che ci fa è particolarmente significativa perchè offre una testimonianza diretta e assai concreta di quello che significa per una donna essere considerata alla stregua di una bestia. Tanto abbiamo detto, scritto, urlato come donne in decenni di lotte ... ma il mondo è grande e la nostra voce non è arrivata ovunque. Lì, dove non ci hanno sentito, questa la situazione. Tra gli effetti e le contraddizioni delle trasmigrazioni globali, questa sua segnalazione è di segno positivo. Se non altro perchè, in tutta la sua crudeltà, fa emergere una realtà. E pone un problema, enorme, a noi che con forza e sofferenza ci siamo lasciate alle spalle quella condizione. Legiferare è certo necessario e anche doveroso. Ma ci dobbiamo anche chiedere quanto può essere efficace e compresa un'emancipazione non reclamata e quindi non sentita come diritto e valore per la dignità della persona.
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