Torino Film Festival - Significative le presenze femminili all’appuntamento torinese con il cinema
Mirella Caveggia Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Gennaio 2008
È già acqua passata il Torino Film Festival, ma vale la pena di richiamare i segni della presenza femminile in questa rassegna senza orpelli, che quest’anno sotto la direzione asciutta e severa di Nanni Moretti ha mantenuto il suo carattere originario.
Ha tutte le caratteristiche di un’opera d’arte ed è appassionante come una bella fiction ‘Vogliamo anche le rose’, un documentario di Alina Marazzi, che con acume e un filo di ironia affonda lo sguardo sulla rivoluzione femminile, affiorata con timidezza alla fine degli anni ‘50 ed esplosa con vigore negli anni ‘60 e ‘70. Documenti straordinari e rare immagini di repertorio, frutto di una lunga ricerca e ben amalgamate con pungenti animazioni accompagnano l’esperienza di tre donne diverse per provenienza e stato sociale, decise a cambiare le cose e a sottrarsi a una società patriarcale e maschilista. Sono una ragazzina oppressa da un padre ottuso, un’adolescente nell’incubo di un aborto clandestino, una militante stretta fra l’impegno femminista e quello sentimentale. Per questo film, che diverte e interessa con temi ancora incandescenti, la giovane regista già premiata al Festival torinese per il bellissimo ‘Un’ora sola ti vorrei’, dedicato alla madre suicida, ha avuto un riconoscimento a Locarno l’estate scorsa.
Da una stagione all’altra della vita. Away from Her (Il distacco da lei) opera prima dell’attrice canadese Sara Polley, si volge alla condizione della vecchiaia. In un cottage circondato da un paesaggio innevato vive una coppia che ha trascorso in armonia e serenità mezzo secolo di vita. Li lega stima e affetto, ma la degenerazione indotta dall’Alzheimer che ha già intaccato le facoltà mentali di lei, si profila devastante. L’equilibrio si altera e la casa di riposo - luminosa, confortevole e spietata - è l’unica soluzione. Lì accade l’imprevisto: la donna che ha accettato il ricovero, dopo qualche tempo si abbandona con innocenza ad un sentimento di tenerezza e di dedizione per un anziano ospite che ha conosciuto in gioventù. Finale inatteso, un epilogo senza illusioni, ma ancora illuminato dal sorriso pallido di una stagione invernale che chiude il corso della vita. È una Julie Christie magnifica, in questo film degno di un Oscar, a narrare con infinite sfumature espressive il racconto senza flash back e sdolcinature di un passaggio venato di tristezza, ma sempre vivo, che dà la misura del tempo.
Si è invece invasi dalle sensazioni incandescenti e irresistibili dell’adolescenza in un altro film di esordio, ‘Naissance des pioevres’ (Nascita delle piovre) della ventisettenne francese Céline Sciamma. Al loro debutto sullo schermo sono anche le tre giovanissime interpreti, la più piccola soprattutto, Pauline Acquari, scovata per caso in un giardino pubblico e di una bravura eccezionale. L’intreccio si avvolge intorno ad una ragazza timida e insicura, che durante una prova di danza acquatica in una piscina rimane ammaliata da una bella allieva, la cui spavalda disinvoltura è tutta apparenza. Fra le due ragazze unite da un vincolo segreto si inserisce un giovanottello che le indurrà a penetrare per strade diverse i recessi più profondi della sessualità e dei sentimenti. Sensualità e tenerezza, titubanza e sfrontatezza si addensano nel racconto delle prime esperienze sessuali. Pervaso da un’atmosfera tutta femminile (i maschi appaiono e svaniscono senza lasciare impronte), il film di una disarmante franchezza e deliziosamente audace mette in luce situazioni vissute dai giovani d’oggi con inconsapevole e per noi incomprensibile distacco.
Altre brave artiste hanno dato il loro apporto al festival. Valeria Bruni Tedeschi è la regista e protagonista di ‘Actrices’ (Attrici), un film che parla di teatro, di camerini, di palcoscenico. Allieva di Patrice Chereau, ha elaborato per lo schermo con la consueta magnetica e trepidante sensibilità i suoi ricordi personali di vent’anni fa, quando ha interpretato ‘Un mese in campagna’ di Turgenev. Con ‘Signorina Effe’, Wilma Labate ha inserito una storia d’amore bella e tormentata sullo sfondo di immagini di repertorio (gli scioperi e della marcia dei 40.000 della Fiat nell’autunno dell’80), mentre con il suo documentario ‘In fabbrica’, Francesca Comencini ha estratto l’essenza dell’industria italiana e lo spessore umano dell’operaio. Con immagini eloquenti, espressioni, frasi e accenti dialettali di tutta la penisola ha tracciato un ritratto commovente di una categoria di lavoratori a lungo segnata dal disinteresse e dal silenzio. Per questo film la regista di ‘Mobbing’ si è aggiudicata il Premio Cipputi, che ogni anno è attribuito al miglior film sul lavoro.
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