Donne in Parlamento. La responsabilità di fare la differenza.
Emilia Romagna - Innumerevoli sono state le richieste dell’associazionismo femminile ai candidati e candidate al Parlamento in occasione della campagna elettorale per le Politiche.
Mori Roberta Domenica, 07/04/2013 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Aprile 2013
Innumerevoli sono state le richieste dell’associazionismo femminile ai candidati e candidate al Parlamento in occasione della campagna elettorale per le Politiche. Nel momento in cui scrivo non sappiamo come si risolverà la situazione di sostanziale ingovernabilità che l’esito elettorale ci ha consegnato. Conosciamo però gli impegni presi da molti nuovi eletti e dalle elette che delle associazioni, movimenti e istanze paritarie, anche non organizzate, sono comunque espressione o speranza.
Anche la Conferenza delle Presidenti degli organismi regionali di pari opportunità, che ho l’onore di coordinare da poche settimane, si è rivolta alle forze politiche in piena campagna elettorale, ponendo nero su bianco alcuni obiettivi che ora vale dunque la pena ribadire. Riteniamo prioritario assumere il lavoro femminile quale fattore strategico per il superamento della crisi, colmando quel gap occupazionale e salariale che costituisce e un oggettivo impedimento alla crescita economica in Italia. Parallelamente, crediamo indispensabile attuare e rafforzare le più recenti normative nazionali in materia di empowerment, volte ad una partecipazione qualificata delle donne nelle istituzioni, nelle società, ai vertici dei luoghi decisionali, senza la quale non si realizzerà una compiuta democrazia paritaria.
Ancora, è necessario rinnovare il Piano nazionale contro la violenza alle donne, garantendo stanziamenti economici adeguati e costanti ai Centri antiviolenza/Case rifugio attivi sul territorio nazionale; promuovere l’educazione di genere e il rispetto delle differenze nelle scuole, favorire una rappresentazione femminile sui mass media corretta, non stereotipata, rispondente al ruolo politico, culturale e sociale delle donne. Affinché ogni azione non cada nel vuoto, chiediamo al nuovo Parlamento di introdurre l’obbligo di valutazione dell’impatto di genere rispetto a tutti i provvedimenti legislativi e governativi, in linea con le raccomandazioni europee.
Al nostro massimo organo legislativo, rappresentativo della Nazione e della volontà popolare, composto dal 40% di donne e profondamente rinnovato sotto molti altri profili compreso quello generazionale, non possiamo non chiedere di agire finalmente per “fare la differenza”. L’urgenza di promuovere politiche dirette a dare piena attuazione alla Carta costituzionale, a garantire la convivenza civile e ridisegnare una società a misura di donne e di uomini, a contrastare tutte le forme di discriminazione di genere che alimentano intolleranza ed emarginazione, a sconfiggere la piaga inaccettabile dei femminicidi e di ogni violenza degli uomini contro le donne “in quanto donne”, responsabilizza trasversalmente e individualmente i nuovi eletti. C’è un motivo in più, su cui vogliamo avviare una seria riflessione, che ci impone di non perdere questa opportunità politica. Per la prima volta le donne italiane hanno raggiunto una rappresentanza parlamentare in linea con l’Europa, per la prima volta dispongono dei numeri sufficienti ad incidere sulla normativa e nella stessa cultura del Paese. Se questo capitale andasse sprecato, se non riuscissimo ad apportare cambiamenti sostanziali e duraturi sul piano dei diritti, è purtroppo ragionevole prefigurare un altro e pesante passo indietro la prossima volta. Come la nostra storia ci insegna, una conquista solo formale fa prestissimo ad essere archiviata tra le occasioni perdute.
PROFESSIONISTE IN EMILIA-ROMAGNA, PARITÀ CERCASI
Il divario di parità tra uomo e donna che già si sconta nella società, nelle libere professioni può diventare un abisso per le caratteristiche dell’organizzazione in proprio del lavoro. Lo dicono ad esempio i dati sul reddito forniti da Confprofessioni e presentati lo scorso febbraio a Bologna nel convegno “Donne e uomini nelle professioni. Uguali o diversi?” dalla consigliera di parità della Regione Rosa Amorevole. In Emilia-Romagna le donne avvocato sono più degli uomini (4.858 contro 4.725) eppure guadagnano meno della metà (il 57% in meno), le commercialiste percepiscono in media 42.634 euro contro gli 85.275 euro dei colleghi, mentre tra gli ingegneri le donne sono solo il 13% e guadagnano in media 25.192 euro all’anno contro i 48.800 degli uomini. In generale il mondo delle professioni sta diventando “rosa”. Le nuove iscrizioni, ad esempio all’ordine professionale dei medici e veterinari, sono più femminili che maschili, anche a causa della forte selezione nelle prove di ammissione. Ma persino dove gli uomini sono in minoranza sono comunque più ricchi, com’è il caso degli psicologi che sono il 18% ma guadagnano il 13% in più. Un protocollo di collaborazione, sottoscritto durante il convegno tra la consigliera di parità e la presidente di Confprofessioni regionale Maria Paglia, rappresenta un passo in avanti di maggiore attenzione e responsabilità da parte della categoria. La politica e i legislatori devono però incidere con i propri strumenti, per qualificare il lavoro femminile, promuoverne la remunerazione e la competitività, affinché le donne siano davvero pari nella loro diversità.
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