Donne in Parlamento: cosa chi/Scuola OCSE Coscia – di Paola Avetta
Il Rapporto OCSE sulla scuola italiana mostra un bilancio poverissimo. “Con questo Governo non c'è interlocuzione, nega i dati anche davanti all'evidenza” dice l’on. Coscia del PD
Venerdi, 16/09/2011 - Che la scuola italiana, appena riaperta dopo le vacanze estive, sia in sofferenza lo stanno a dimostrare le continue manifestazioni di insegnanti , precari , donne e anche bambini (che in questo anno hanno spesso accompagnato i loro genitori nelle proteste pacifiche) ma in questi giorni se ne è accorta anche l 'OCSE che, presentando un Rapporto sullo stato dell'istruzione in Europa, ha fornito il ritratto di una scuola italiana povera, con gli insegnanti peggio pagati d'Europa e con un bilancio finale di diplomati e laureati inferiore alla media europea. In Parlamento questo rapporto non è passato inosservato e i parlamentari che da anni contrastano la politica dei tagli alla scuola pubblica di Tremonti e Gelmini, hanno colto l'occasione per riaffermare la loro protesta. L'on. Maria Coscia, che ha presentato con il suo gruppo del PD una serie di interrogazioni e mozioni, respinte, per chiedere che il Governo torni indietro nella sua politica "disattenta" sull'importanza dell' istruzione e della formazione, mette ad esempio il dito su una piaga che è in realtà ancora più profonda di quanto documentato dall'OCSE. I dati OCSE sono riferiti infatti al 2008, non tengono quindi conto dei tagli per oltre 10 mila miliardi che il Governo ha effettuato nel frattempo, e non tengono conto del fatto che in questi anni sono state addirittura le famiglie a doversi far carico di spese (come quelle per la carta igienica, le seggiole rotte o le bande antiscivolo sui gradini ) che si sono imposte in alcune scuole , pena l'inciviltà nella vita quotidiana. Che fare? L'on Coscia è desolata: "sui problemi della scuola pubblica con questo Governo non c'è interlocuzione, il Governo nega questi dati anche davanti all'evidenza ed è convinto che non sia la scuola pubblica a premiarlo o castigarlo sul piano degli elettori".
Il Parlamento non ha quindi i numeri per imporre un'inversione di tendenza, non resta che parlarne e parlarne, sperando che cresca la consapevolezza sui costi (per la crescita del paese, il futuro dei giovani e il lavoro delle donne-mamme) che comporta questo disinteresse per la scuola pubblica.
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