Sabato, 18/02/2017 - Un luogo comune è considerare il lavoro femminile più discontinuo e quindi più costoso di quello maschile considerando le maternità e i congedi parentali richiesti. L'intergruppo parlamentare delle donne della Camera dei deputati ha all'ordine del giorno, tra i temi di battaglia condivisi, quello di una inversione di tendenza culturale sulle responsabilità familiari dei lavoratori: i figli non devono essere un "peso" che grava solo sulle donne e sul lavoro delle donne. I papà e i datori di lavoro devono entrare nell'ordine di idee che il peso e le responsabilità genitoriali vanno ripartiti e condivisi. Con le leggi di Bilancio si sono cominciati a fare i primi passi in tal senso stabilendo che i permessi per restare a casa ad accudire i figli non siano una prerogativa femminile, ma diritti-doveri che entrambi, mamme e papà, debbano e possano prendere.
Con la legge di Bilancio 2015 si sono previsti sperimentalmente, per un anno, due giorni di congedo parentale obbligatori per gli uomini lavoratori. Non tutti i lavoratori ne hanno usufruito, non erano previste sanzioni per chi disattendeva la norma ed evidentemente che siano le donne a doversi far carico dei problemi familiari è una convinzione dura da far morire.
Con la legge di Bilancio 2016 le donne parlamentari sono tornate alla carica e si è ottenuto che, con andamento progressivo, gli uomini lavoratori condividano i problemi familiari: nel 2017 con 2 giorni di congedo parentale obbligatorio, nel 2018 con 5 giorni destinati alla cura dei figli. Di questi 5 giorni uno e' facoltativo e non può essere preso contemporaneamente alla mamma, contrariamente a quanto è possibile per gli altri 4 giorni obbligatori.
L'on. Titti di Salvo, del PD, vuole di più. Anche se considera molto positivi i passi in avanti fatti con le leggi di Bilancio ("ormai non si può più tornare indietro" dice) ha depositato una proposta di legge che prevede che il padre lavoratore sia tenuto ad astenersi obbligatoriamente dal lavoro per un periodo pari a 15 giorni lavorativi anche continuativi e da prendersi entro i 30 giorni successivi alla nascita del figlio. Lo considera un dovere del paese e un grosso vantaggio per i figli e per la libertà della donna.
Una proposta di legge analoga è stata contemporaneamente presentata al Senato da Valeria Fedeli del PD, ma non è solo prerogativa del PD questa battaglia per la condivisione dei congedi parentali. L'on Pia Locatelli, presidente onoraria dell'Internazionale Socialista Donne, è pienamente d'accordo con Titti di Salvo e ha deciso di presentare con lei, nella prossima legge di Bilancio, un emendamento che contempli i 15 giorni di congedo obbligatorio per i papà.
Il Movimento 5 Stelle non è contrario a questa battaglia per una crescita culturale del Paese sulle responsabilità genitoriali condivise, ma non è d'accordo sulle modalità con cui è condotta. L'on. Tiziana Ciprini (5stelle) è infatti perplessa per il fatto che questi 15 giorni di congedo paterni siano imposti obbligatoriamente. E' pienamente convinta che la partecipazione dei padri alla crescita dei figli sia necessaria quanto quella delle madri, ma non reputa opportuno che le battaglie sui diritti-doveri civili siano condotte in modo coercitivo. L'on Ciprini propone che i 15 giorni siano facoltativi, non obbligatori, e valuterà se votare la legge di Titti di Salvo qualora l'obbligatorietà sia mantenuta. In pratica è lo stesso atteggiamento che i 5 Stelle hanno assunto sulla pari opportunità: sì alla pari opportunità ma niente colpi autoritari per ottenerla.
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