Un convegno pubblico, svoltosi a Montesano sulla Marcellana (Sa), diventa l'occasione per valutare il ruolo delle donne all'interno di un più generale impegno a difesa dei beni comuni e della democrazia partecipata.
Venerdi, 15/06/2012 - Quando ti invitano a relazionare in un convegno pubblico sulla tua esperienza a difesa dell’acqua bene comune, perché il comitato cittadino che presiedi si è connotato nel panorama locale per la proficuità della propria azione politica, immediatamente ti balza agli occhi che il tavolo di presidenza è caratterizzato dalla presenza di cinque donne e due uomini. Una rappresentanza femminile ben rilevante, facente capo ad associazioni, altri comitati comprensoriali e movimenti civici, offre la concreta dimensione di quanto vi sia un riconoscimento delle capacità e delle competenze delle donne nella rappresentanza collettiva di istanze, diritti e prerogative in capo agli appartenenti ad ogni singola comunità. Ma quel che avverti dirompente tra di noi , che sediamo una vicina all’altra, è la convinzione che la nostra individuale esperienza, raccontata durante il pubblico incontro, si rafforzi alla luce di quella analoga delle altre. Parlare della ripubblicizzazione dell’acqua quale servizio essenziale per i cittadini, richiamare l’attenzione sul paventato attentato all’habitat naturale posto in essere dall’inizio dell’iter burocratico per ottenere i permessi alle trivellazioni petrolifere della Shell, invocare a viva voce la difesa della salute pubblica posta sotto la spada di Damocle di una mai autorizzata sottostazione elettrica di notevole portata da costruire in un centro abitato, rivendicare la richiesta di una maggiore e più qualificata presenza femminile nelle istituzioni pubbliche, donare la propria esperienza professionale a favore di una pratica della legalità più mordente e tenace in materia di sostegno e cura degli interessi di un’intera collettività, ha fortificato ognuna di noi nelle sue individuali istanze. E’ come se sia avvenuta una magica alchimia, grazie alla quale siamo riuscite a credere maggiormente nella bontà delle rivendicazioni, che portiamo avanti in nome e per conto degli altri/e. Ne è risultato straordinario, conseguentemente, non solo tenere banco rispetto ai due uomini presenti, un rappresentante istituzionale ed un avvocato, ma anche vedere che un consigliere regionale, seduto in prima fila tra il pubblico, si sia limitato ad esporre il suo lavoro su di un precipuo tema senza rivendicare una maggiore visibilità che, normalmente, è più che onorata nei convegni pubblici.
Quel che successivamente ci ha riempito di orgoglio è stato il riconoscimento collettivo del lavoro delle associazioni, dei comitati e dei movimenti che rappresentiamo e la cartina di tornasole è stata quella alta soglia di attenzione che abbiamo constatato durante i nostri interventi. Avvertire che ci abbiano ascoltato con impegno ci ha oltremodo gratificato, perché, al di là dell’iniziale curiosità nel sentire parlare alcune donne su temi pubblici in un contesto territoriale dove la presenza femminile nelle istituzioni pubbliche è pressappoco nulla, c’è stato il conseguente coinvolgimento nelle idee e nelle proposte che abbiamo illustrato. Certo, non siamo alle prime armi, non calchiamo per la prima volta i palcoscenici della politica locale, ognuna di noi ha le proprie storie alle spalle, quel che, però, ci è piaciuto constatare è che, oltre a quegli occhi attenti, abbiamo avvertito la particolare tensione positiva delle donne presenti tra il pubblico. E’ lì che abbiamo compreso che il nostro protagonismo è il loro, che ci seguivano tenaci perché credono in noi, che, se si fossero lanciate al di là dei loro personali ruoli, avrebbero condiviso le nostre battaglie. Questa consapevolezza ci ha fatto andare via fiere del consenso ricevuto soprattutto dalle presenti, ma anche coscienti della necessità di adoperarci a coinvolgerle meglio e di più. E’, indubbiamente, difficile nelle zone interne del Sud chiamare ad un impegno collettivo chi è stata educata a non travalicare certi limiti e recinti in cui la cultura dominante relega le donne, ma confidiamo che il nostro esempio e, precipuamente, il nostro sentire con loro la necessità di un lavoro comune sui temi della salvaguardia dell’ambiente, della salute, dei beni comuni sia l’elemento che consolidi ogni nuovo tipo di esperienza al riguardo. Un agire congiunto, che superi le singole appartenenze ideologiche, ci sembra la migliore risposta agli opportunistici arroccamenti ed alle strenue difese delle rendite di posizione da parte di una classe politica che non è più capace di instillare tra i suoi governati il senso della comunità e la sua conseguente difesa, ogniqualvolta esso sia leso da attacchi interni o esterni allo stesso consesso. Chissà, le donne ci riescono di più e, come sono capaci di proteggere i propri congiunti al meglio di sé stesse, così profondono lo stesso impegno nelle rivendicazione delle istanze che stanno alla base di ogni comunità.
Forse abbiamo capito che è inutile rincorrere i partiti per chiedergli maggiore democrazia di genere nei ruoli da svolgere in nome e per conto dei loro rappresentati. Forse abbiamo pensato che è meglio dedicare le nostre poche energie pubbliche a singoli e precipui temi concreti, stanche come siamo di avere sulle spalle il lavoro quotidiano con figli, genitori anziani, disabili, lavoro che altrimenti lo Stato sociale in prima istanza deve assicurare. Forse speriamo che il riconoscimento collettivo della propria attività politica sia di stimolo ai partiti per un reale rinnovamento delle loro classe dirigenti. O, forse, no. Tanto, partendo dall’assunto che “nei partiti fanno parlare le donne, ma non le ascoltano” (M. Mafai), sarebbe opportuno iniziare a farsi ascoltare dalle persone che hanno a cuore le sorti del proprio contesto sociale. Questa dovrebbe essere la priorità politica per quante di noi desiderano cominciare ad annodare i fili di un consenso vivo, sentito e partecipato. Se a ciò conseguirà un cambio di rotta nell’ottenere una maggiore rappresentanza femminile nei partiti e nelle istituzioni, ben venga. Nel frattempo sarebbe opportuno continuare la nostra azione dal basso, perché ci serve ottenere subito risultati concreti su quei temi tanto poco avvertiti dagli altri soggetti pubblici deputati alla loro difesa. Semmai, dopo, forti delle vittorie che speriamo di conseguire, proveremo tutte/i insieme ad invertire le tendenza che vede le donne poco presenti nelle istituzioni pubbliche e private, coscienti di un ruolo che chi ha lavorato con noi necessariamente sentirà l’esigenza di riconoscerci.
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