Intervista a Mehmooda (seconda parte) - Prosegue l’intervista a Mehmooda, giovane donna membra del RAWA (Associazione Rivoluzionaria per le donne Afghane)
Cristina Carpinelli Domenica, 23/05/2010 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Maggio 2010
Qual è oggi la condizione dell’istruzione nel tuo paese?
Non buona, c’è un clima d’insicurezza che non aiuta. Nei villaggi in mano ai talebani l’istruzione quasi non esiste; le donne sono private di questo diritto. In alcuni villaggi remoti non ci sono istituti scolastici. E poi c’è la piaga endemica della povertà. E’ difficile per i bambini di famiglie povere, che non hanno nemmeno i mezzi per soddisfare i bisogni più elementari, frequentare la scuola. Circa 1/5 dei 28 milioni di afgani vive sotto la soglia di povertà. Il 40% della popolazione non trova lavoro e la maggior parte della popolazione spende quasi tutti i propri introiti per procurarsi da mangiare. Molti giovani abbandonano la scuola in cerca di un lavoro comunque difficile da trovare. Il tasso di alfabetismo è molto basso: quello femminile è solo del 4%.
E per quando riguarda la sanità?
Ci sono pochi ospedali. Alcuni sono stati bombardati. Mancano le attrezzature sanitarie e c’è carenza di personale medico e para-medico. In alcune zone rurali il diritto alla salute non esiste. Non si trovano i servizi sanitari di base e soprattutto non ci sono donne medico e infermiere in grado di prendersi cura delle pazienti, che non possono essere visitate da un medico di sesso maschile. Nelle grandi città esistono cliniche private dove lavora personale medico straniero, i cui costi sono da capogiro. Sono state costruite per le leadership politiche ed economiche e sono inavvicinabili per la gente comune.
Secondo te, quali sono i problemi più urgenti che le donne dovrebbero affrontare?
Direi tre. Politico: lottare per sconfiggere il fondamentalismo religioso. Culturale: lavorare per sconfiggere il patriarcato e la cultura del familismo, che ostacolano qualsiasi progresso e avanzamento della donna in famiglia e nella società. Economico: rimuovere gli ostacoli materiali, poiché ciò aiuta a migliorare effettivamente le condizioni di vita.
Quali sono i provvedimenti che il governo dovrebbe assumere per migliorare lo stato delle donne afgane?
Quelli per combattere il crimine e la corruzione. Dovrebbe, inoltre, lavorare per la democrazia e in difesa della laicità per rendere giustizia alle donne. Dovrebbe, infine, introdurre misure economiche per stimolare il lavoro femminile.
Non ci si può meravigliare, dopo il quadro del paese che hai illustrato, se in Afghanistan il tasso di suicidio tra le donne è in crescita…..
In effetti c’è un aumento significativo del tasso di suicidi femminili, soprattutto tra le donne di età compresa tra i 16 e i 25 anni che non vedono prospettive davanti a sé, se non una vita piena di umiliazioni e sofferenze. In molti casi, dietro questi suicidi si annida la violenza, domestica e non, che affligge le donne in una misura così rilevante da essere considerata un fattore d’emergenza nella società afgana.
Ci sono donne in top-position?
Si. Ma sono mogli di uomini di potere: politici o businessmen. Esercitano il potere che è loro attribuito dallo status coniugale. Una di queste è la moglie di Burhanuddin Rabbani (leader del partito islamico Jamiat-e-Islami e deputato in parlamento), che è un’importante donna d’affari.
Che cosa ci dici a proposito della partecipazione delle donne al voto politico?
Ci sono stati tempi in cui l’affluenza delle donne ai seggi era alta. Oggi si può dire che il loro interesse è scarso, e questo dipende dal fatto che non intravedono cambiamenti a loro favore, qualsiasi sia la compagine di governo. Le donne afgane vedono violati anche i loro diritti politici. Almeno il 90% non ha documenti e non può provare la propria cittadinanza. Centinaia di seggi elettorali riservati alle donne non sono aperti in alcune aree del paese. Gruppi armati le intimidiscono per impedire loro di esercitare il diritto di voto. In circa il 50% delle province il dato dell’affluenza elettorale delle donne è in calo.
Quante sono le donne in parlamento? In che modo s’impegnano per la causa femminile?
Circa il 27% dei seggi nel parlamento è riservato per legge alle donne. Le donne elette sono 68, ma sfortunatamente il loro impegno per la causa femminile non è incisivo. Battersi per questa causa può mettere a rischio la loro vita. Esemplare è il caso della giovane deputata Malaly Joya, che ha denunciato la presenza in parlamento di persone da lei definite “signori e criminali di guerra” e che è stata sospesa dal suo ruolo di deputato per aver aperto un contraddittorio con un collega durante una trasmissione televisiva. Oggi Malaly Joya è sotto scorta ed è costretta ogni notte a cambiare domicilio.
Durante il regime dei talebani Rawa ha gestito in clandestinità molte scuole per offrire educazione alle donne, cui era stato negato il diritto all’istruzione. Sono tutt’ora attive? Se sì, operano ancora segretamente?
Nelle città ce ne sono sempre di meno, mentre se ne trovano ancora nelle zone rurali. Rawa continua il suo lavoro. Molte scuole e programmi educativi sono tuttora operativi (pur non lavorando sotto il nome di Rawa), soprattutto nei villaggi dove le ragazze non hanno il permesso di andare a scuola. Ci sono ancora classi allestite nei cortili delle case per quelle bambine cui non è consentito nemmeno di uscire.
In tempi recenti, i media hanno avuto più libertà di espressione e maggiore diffusione. Questo è in qualche modo di aiuto per la causa delle donne?
Nell’Afghanistan di oggi, rispetto al periodo del terrore talebano, si vedono più giornali. Ma, chi più chi meno, sono asserviti alla propaganda ufficiale del governo e per i giornalisti ‘remare contro corrente’ può essere pericoloso. Anche Rawa ha una propria rivista, “Payam-e-Zan” (Il messaggio delle donne), ma gli edicolanti sono disincentivati, attraverso misure di pressione, dal tenerne delle copie per venderle. Così nel paese c’è una sua cattiva distribuzione. In alcune zone non riesce nemmeno ad arrivare.
In Occidente è opinione diffusa che ora le donne afgane stanno meglio. C’è una qualche responsabilità dei media occidentali riguardo a ciò?
Sì, penso che i media occidentali trasmettano questo messaggio a scopo propagandistico, per dimostrare quanto la presenza degli americani e dei loro alleati in territorio afgano sia stata e sia molto utile per la causa afgana (e delle donne). Purtroppo, la realtà non è questa. La presenza talebana è radicata soprattutto nelle regioni meridionali e orientali del paese su cui Kabul non ha nessun controllo.
Puoi dirci, in sintesi, qual è il programma futuro di Rawa per portare nel paese pace e prosperità?
Espandere le sue attività e indirizzarle il più possibile all’istruzione di donne e bambini. Istituire diversi corsi di formazione per donne, in particolare vedove, in modo che possano imparare un mestiere. Pubblicare libri e periodici appositamente per donne, bambini e adolescenti nelle varie lingue del paese. Fondare una ‘biblioteca Meena’ in ogni grande città dell’Afghanistan, e fornire al pubblico migliaia di libri moderni in persiano e pashtu. Continuare, insomma, nel lavoro di educazione e propaganda, con la consapevolezza che le attività di Rawa in Afghanistan sono ancora clandestine e limitate a causa del comportamento prevenuto e brutale dei fondamentalisti. Gestire i team medici mobili ‘gratuiti’, collocati in 8 province dell’Afghanistan, che curano principalmente le donne che non possono andare dal medico per problemi finanziari. Proseguire il lavoro sociale tra le donne afgane rifugiate nei campi profughi in Pakistan. Infine, impegnarsi nell’attività politica, e cioè in difesa dei diritti di libertà e democrazia delle donne e dei diritti umani, e nella denuncia delle azioni barbare compiute dai fondamentalisti. Per quanto riguarda le soluzioni da adottare per ottenere pace e benessere, quella prioritaria è certamente il ritiro immediato delle truppe straniere dal paese.
Avete contatti con organizzazioni internazionali come Amnesty, Emergency, Medici Senza Frontiere, o con le Ong?
Forniamo ai media stranieri, alle organizzazioni per i diritti umani, e ad altre che siano interessate, notizie e reportage su omicidi, lapidazioni, amputazioni, incarcerazioni, torture, pestaggi, frustate, umiliazioni e altri atti disumani compiuti dai fondamentalisti. Segnaliamo alle organizzazioni per i diritti umani, come Amnesty International e simili, le violazioni dei diritti umani subite dalle donne.
Come si finanzia Rawa?
Con piccole attività di apicoltura, allevamenti di polli e pesce; produciamo marmellate, verdure sottaceto. Gestiamo attività dimicro artigianato. Abbiamo officine per tessitura di tappeti, ricamo e lavoro a maglia con perline. Riceviamo anche donazioni e soldi da tutti coloro che ci sostengono, soprattutto dall’estero.
Durante il tour in Italia, che tipo di reazione hai percepito riguardo alla tua testimonianza sulla situazione in Afghanistan e sulla condizione delle donne afgane?
Ho avuto la sensazione che la maggior parte degli italiani non fosse a conoscenza di quello che sta realmente succedendo nel mio paese. Molti sono sinceramente convinti di quanto i media divulgano al proposito. E cioè che ora la situazione è decisamente migliore e che l’elezione di Barack Obama abbia segnato una svolta positiva. Ma come ho già accennato, spesso si tratta di mera propaganda. Comunque, il pubblico era molto interessato ad ascoltare, a capire e a rivedere le proprie idee. Sono convinta che questo viaggio sia stato per me e per voi molto utile.
Quali sono le tue speranze per il futuro?
Vedere il mio paese affrancato dai criminali, mafiosi, signori della guerra, fondamentalisti. Libero anche dalle truppe straniere e libero di auto-determinarsi. Poter vedere finalmente realizzato il rispetto dei diritti delle donne.
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