Donne e sanità pubblica. I numeri e le prestazioni
Prosegue il ciclo di incontri organizzato da Noi Rete Donne e il Consiglio nazionale degli Attuari: lunedì 5 febbraio 2024 (in presenza e on line)
Mercoledi, 17/01/2024 - Donne e sanità pubblica. I numeri e le prestazioni
Incontro on line e in presenza a Roma nell'ambito del ciclo 'LE SCOMODE CIFRE DELL'ITALIA DELLE DONNE'
Lunedì 5 febbraio 2024 (h 17:00 / 19:00) VIDEO INTEGRALE DELL'INCONTRO QUI https://www.youtube.com/watch?v=_yuBRVJb4RU
SINTESI DELL'INTRODUZIONE
In Italia il settore pubblico finanzia il 75,5% del fabbisogno sanitario; il restante 24,5% è coperto da spese sostenute privatamente dalle famiglie, con una quota molto elevata (circa il 90%) di spesa privata out of pocket (ovvero senza coperture di tipo assicurativo).
L’Italia, pur essendo considerata un sistema sanitario pubblico di stampo universalistico, secondo l’OECD registra una quota di finanziamento pubblico fra i più bassi in Europa, dove in media esso supera l’80% della spesa.
Dai confronti dell’Italia con gli altri Paesi EU emerge che nel 2022:
• la spesa sanitaria italiana ha perso ancora terreno rispetto ai Paesi europei “originari” (EU-Ante 1995) ed è sempre meno il “vantaggio” rispetto a quelli entrati successivamente (EU-Post 1995)
• per quanto concerne la spesa pubblica, la forbice che si è generata nel tempo verso i Paesi EU-Ante 1995 è ancora maggiore
• i livelli di spesa privata indicano che, dopo il 2014/2015, il SSN, pur globale e universalistico, non è riuscito più a fornire una tutela maggiore di quella in media offerta dagli altri sistemi EU
• in generale, il trend di crescita della spesa corrente in Italia è risultato inferiore sia alla media di quello dei Paesi EU-Ante 1995, che di quella dei Paesi EU-Post 1995.
La spesa sanitaria privata nel 2022 ha raggiunto i € 40,1 mld. in crescita dello 0,6% medio annuo nell’ultimo quinquennio.
L’89,6% della spesa rimane a totale carico delle famiglie (€ 36,0 mld.); il restante 10,4% (€ 4,2 mld., in aumento di 0,5 p.p. rispetto all’anno precedente) è intermediata, ovvero rimborsata da fondi sanitari (per il 76,5%, in crescita del +5% nell’ultimo anno) e da polizze assicurative (23,5%, +33,4% nell’ultimo anno).
La componente intermediata rappresenta il 17,1% della spesa privata delle famiglie residenti nel Nord-Ovest, il 10,6% per quelle del Nord-Est, il 10,1% per quelle del Centro e solo il 2,6% per quelle del Sud.
Le risorse umane sono un elemento strategico per la conservazione del Servizio Sanitario Nazionale (SSN). Non a caso, gran parte del dibattito di politica sanitaria nell’ultimo anno si è concentrato sul tema della carenza del personale: C.R.E.A. Sanità ha ritenuto opportuno dare un contributo originale dando voce direttamente ai professionisti sanitari, promuovendo una survey in collaborazione con la Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e Odontoiatri (FNOMCeO).
La survey ha confermato che la professione è animata da una forte spinta vocazionale ma la vocazione risulta “appesantita” dalla percezione di lavorare in un contesto non favorevole e che non riconosce adeguatamente la professionalità: oltre il 40% dei rispondenti non è soddisfatto della propria situazione professionale.
Pesa lo stress legato alla percezione di lavorare in situazioni caratterizzate da carenza di organico: rilevata da quasi tutti i rispondenti e, in particolare, da coloro che operano nei contesti ospedalieri pubblici. La valutazione è comune anche ai professionisti che lavorano in strutture convenzionate accreditate con il SSN; solo nelle strutture ospedaliere e ambulatoriali private non convenzionate la carenza di personale sembra essere percepita come un problema meno pressante.
L’insoddisfazione generalizzata si tramuta in un atteggiamento proattivo, con una quota rilevante di professionisti che sta valutando di cambiare lavoro e una non irrilevante che lo sta già facendo.
La carenza di personale si riverbera nella ricerca di orari di lavoro più accettabili e di maggiori stimoli professionali, senza però dimenticare la ricerca di un adeguamento della retribuzione, che è ragione di volontà di cambiamento per il 45% dei rispondenti.
Oltre il 75% dei medici ritiene che la retribuzione non sia più ragionevolmente commisurata ai carichi di lavoro
Dalla survey risulta che le aspettative dei professionisti vanno verso una richiesta di aumento della retribuzione posizionata nella fascia +20-40%.
A conforto dei risultati delle survey, va osservato che lo stipendio dei medici in Germania e Regno Unito è, a parità di potere di acquisto, rispettivamente del 79% e del 40% maggiore di quello dei medici italiani. Stesso discorso per gli infermieri, con differenze retributive più contenute ma comunque significative: sempre a parità di potere d’acquisto, gli stipendi annuali in Germania, Svizzera e Regno Unito sono rispettivamente del 56%, 46,2% e 20,0% superiori a quelli italiani.
Dai dati macro in cui si muove la sanità non possiamo esimerci da effettuare alcuni focus sui dati disponibili per le donne. In particolare, per quel che concerne l’assistenza specialistica, ospedaliera e l’equità del SSN.
Da una ricerca sviluppata da C.R.E.A. Sanità su un database amministrativo Regionale è emerso come il consumo delle prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale (diagnostica, laboratorio e visite) è minore per le donne rispetto agli uomini. Il minor accesso a tali prestazioni esita in termini di ospedalizzazione a un maggior ricorso da parte del genere femminile: 92,8 ricoveri acuti ordinari ogni 1.000 ab. (90,6 per gli uomini).
Il 75,9% delle famiglie residenti in Italia ricorre a spese sanitarie private. Considerando quelle monocomponente under 65 si osserva come tali spese sono sostenute dal57,4% delle donne e dal 71,4% degli uomini; spostando l’attenzione sugli over 75 invece il gap di ricorso tra i due generi praticamente si annulla, raggiungendo rispettivamente il 73,1% ed il 76,8%.
Analizzando il fenomeno in rapporto alla capacità di spesa delle famiglie si osserva come nel primo quintile più “povero” la quota di famiglie monocomponente maschile che ricorre a tali spese è maggiore rispetto a quelle femminili solo negli under 65; si allineano invece i livelli nella popolazione over 75. All’aumentare della capacità di spesa delle famiglie si osserva come, a fronte di un aumento progressivo di ricorso a tali tipologie di spesa, per il genere maschile il ricorso è maggiore negli under 65 e per il genere femminile invece nelle over 75.
Se le donne under 65 spendono soprattutto per il dentistaed i farmaci (37,1% e 28,2% della spesa sanitariarispettivamente), e per diagnostica e visite specialistiche(24,2%), gli uomini destinano oltre il 35% della spesa ai farmaci, il 37,3% alla diagnostica e alle visitespecialistiche ed il 24% alle cure odontoiatriche. Sugli over 75 aumenta la spesa destinata ai farmaci per entrambi i generi, restando sempre maggiore per gli uomini, per le donne segue quella per il dentista, per gli uomini invece quella per la specialistica.
L’impoverimento dovuto alle spese sanitarie privatecolpisce soprattutto il genere maschile, 0,53% negli under 65 e 2,48% negli anziani (over 75), sebbene il gapdi incidenza del fenomeno tra i due generi si riduceconsiderando gli over 75: l’1,6% delle donne versa in tale stato.
Il “disagio economico” delle famiglie dovuto a consumi sanitari (somma del fenomeno dell’impoverimento dovuto alle spese sanitarie e delle “rinunce” a curarsi derivante da motivi economici), nel 2021 affligge il 6,1% dei nuclei (1,58 milioni di famiglie): il fenomeno è in crescita di +0,9 punti percentuali rispetto all’anno precedente e di +1,5 rispetto al 2019.
L’incidenza del fenomeno è significativamente superiore (e in crescita di 0,1 p.p. rispetto all’anno precedente) nel Sud del Paese (8,2%, +0,1 p.p. rispetto all’anno precedente); segue il Nord-Ovest con il 5,9% delle famiglie (+2,0 p.p. rispetto all’anno precedente), il Centro (5,0%, + 1 p.p. rispetto all’anno precedente) ed il Nord-Est con il 4,0% (+0,2 p.p. rispetto all’anno precedente).
I casi di disagio economico sono più frequenti (18,1%) fra le famiglie del 20% più “povero” della popolazione e meno in quelle più ricche (1,6% delle famiglie).
Il fenomeno colpisce in misura maggiore per il genere femminile: il 7,4% delle famiglie monocomponente donna under 65 (+ 1,5 punti percentuali rispetto agli uomini); tra gli over 75 l’incidenza del fenomeno è piùcontenuta: 5,5% delle donne vs 4,9% degli uomini.
Definendo “catastrofiche” le spese che al 40% della “Capacity To Pay” delle famiglie (a sua volta pari ai consumi totali della famiglia al netto delle spese di sussistenza), si registra un aumento dei casi, che interessano il 2,8% delle famiglie residenti (731.489 nuclei), dato in aumento di +0,4 p.p. rispetto al 2019.
Il Mezzogiorno continua ad essere la ripartizione geografica più colpita: 4,7% delle famiglie, in aumento di +1,0 punti percentuali nell’ultimo anno; segue il Nord-Est con 2,4% (+0,5 p.p.), il Nord-Ovest con l1,9% (+0,1 p.p.) ed il Centro con l’1,5% (-0,2 p.p.).
I casi sono più frequenti nei nuclei meno abbienti (13,5%), mentre si fermano all’1,8% in quelle più abbienti.
Le famiglie più esposte al rischio di spese “catastrofiche” sono quelle degli anziani over 75 (soli o in coppia) e le coppie con tre o più figli minorenni: queste ultime, in particolare, a causa delle cure odontoiatriche.
Nelle famiglie monocomponente under 75 l’incidenza è maggiore nel genere maschile (4,8%), raggiunge il 2,9% in quello femminile.
In sintesi le donne, che hanno alla nascita una maggiore aspettativa di vita, negli anni perdono il loro vantaggio a causa di un minore accesso ai servizi di assistenza specialistica, prevenzione etc. che è possibile ipotizzaresia associato ad una sotto diagnosi delle cronicità con un conseguente maggior ricorso all’ospedalizzazione. Le donne sono altresì costrette più degli uomini a rinunciare a prestazioni sanitarie.
Gli elementi sinteticamente, con buona probabilità, sono la causa di una peggiore speranza di vita in buona salute a 65 anni rispetto agli uomini.
C.R.E.A. Sanità ritiene sia importante promuovere una riforma del nostro SSN che superi una programmazione limitata all’offerta e analizzi invece la stratificazione della domanda tra cui le differenze di bisogno legate al genere.
A tal fine non si può prescindere da un potenziamento dei flussi informativi con un dettaglio per genere, che possa guidare le politiche di programmazione nazionale e regionale, finalizzate anche a governare gli impatti in termini equitativi.
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