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Donne e pirati mediterranei

Donne e pirati mediterranei

Cultura/ Libri - In “Lumi e Corsari. Europa e Maghreb nel Settecento”, il traffico di schiavi e le razzie piratesche che tra il 1450 e il 1850 hanno avuto corso nel Mediterraneo

Emanuela Irace Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Settembre 2005

Ci sono libri che ci riportano indietro negli anni rendendo vive atmosfere dimenticate. E’il fascino dei pirati, memoria di avventure, sfide all’ultimo sangue e arrembaggi. E’ l’epica che entra nella storia, informando di sé, intere generazioni di ragazzi.
Tra bende nere, uncini, e casse di rum, abbiamo tutti disegnato mappe e cercato isole del tesoro. Abbiamo letto Stevenson. Sognato capitan uncino o la saga del corsaro nero.
Ma come spesso accade la realtà è più avventurosa e crudele della fantasia e il lavoro degli storici può rivelare sorprese inaspettate. E’ il caso della cospicua produzione di Salvatore Bono, docente africanista, decano tra gli studiosi europei esperti di storia del Mediterraneo. Nel suo ultimo libro ‘Lumi e corsari’, Bono ci regala una inedita carrellata di profili femminili.
Un concetto, quello del ‘pirata’, che sembra anticipare di secoli l’epopea americana del far west. Da noi il Mediterraneo, oltreoceano le sterminate pianure degli indiani e dei cow boy. Da sempre e a ogni latitudine razzia e schiavitù hanno accompagnato la storia di uomini e donne. Da sempre gli storici hanno scandagliato la storia del Mediterraneo, terra di tutti e di nessuno, luogo politico per eccellenza, fonte di guadagno per predoni fin dall’epoca dei greci. Ma se il termine pirata non è ancora stato declinato al femminile, altri punti cruciali della nostra storia sono stati completamente sottaciuti. Per far luce sulle razzie e sul traffico di schiavi che tra il 1450 e il 1850 hanno avuto per epicentro il bacino del mediterraneo Salvatore Bono ha dedicato una vita di ricerche.
Sono Cristiani e Musulmani, entrambi: predoni e prede. Cristiani-europei schiavi nel mondo islamico, Musulmani, arabi e Turchi schiavi nel mondo europeo. Mentre la storiografia tace sulle migliaia e migliaia di musulmani catturati o commercializzati nei paesi d’Europa, secondo Bono le stime complessive relative ai quattro secoli considerati oscillano tra i 4 milioni e mezzo ai 9 milioni di individui coinvolti.
Uno sterminio silenzioso di cui non c’è traccia nei lavori degli storici. Ancora più difficile calcolare il numero delle donne. Nonostante le fonti (registri notarili, registri parrocchiali ecc.) attestino la presenza di schiavi maghrebini nei paesi europei, nulla trapela sulla ferocia con cui pirati e corsari cristiani catturavano per mare e per terra musulmani ridotti in schiavitù senza speranza di riscatto.
Una storia ancora tutta da scrivere quella delle donne musulmane schiave degli europei. E’ il secolo dei Lumi. La concorrenza tra le potenze è spietata. Le coalizioni vanno e vengono. Sono gli anni in cui la battaglia politica tra gli stati nazionali nell’Europa del ‘700 si giocava anche sul tavolo degli scambi commerciali tra i paesi del Maghreb e i pirati barbareschi venivano pagati dai sovrani illuminati per garantirsi l’immunità dagli attacchi dei corsari. Furono molte le donne europee ridotte in schiavitù “Alla cui sorte - come sottolinea Bono - non è stata sinora rivolta alcuna specifica attenzione”. Vicende a tinte forti, da far impallidire gli sceneggiatori più disincantati ma sconosciute anche al pubblico di specialisti. Come quella della signora Jones una inglese non più giovane ma decisamente attraente fatta schiava ad Algeri con i suoi due figli. La signora impunemente corteggiata da un turco riuscì per giorni a resistere alle avances dell’uomo che per vendetta le uccise uno dei figli. In risposta la Jones accoltellò il musulmano che in quel frangente perse la vita. Un’altra storia riguarda l’olandese Maria Ter Meetelen catturata dai pirati nel 1743 e deportata come schiava in Marocco. Senza perdere la testa riuscì da subito ad ottenere l’appoggio del raìs e con abilità e risolutezza, nonostante l’ostracismo interno che subì dalla comunità degli schiavi, riuscì a ritagliarsi uno spazio di libertà, spendendo le sue grazie fino a diventare una delle favorite del sultano.

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