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Donne e diritti umani

Donne e diritti umani

Un aggiornamento sui fatti in corso ne El Salvador e in Nigeria

Domenica, 06/07/2014 -
Diciassette donne detenute nelle prigioni ne El Salvador. Sono accusate di aver interrotto volontariamente la gravidanza, e poiché nel paese centro-americano l’aborto è illegale, le donne, tutte provenienti da situazioni di povertà e disagio, sono state condannate a pene dai dodici ai quaranta anni di carcere. Pur avendo cercato di provare tramite i loro avvocati, di aver abortito per cause naturali o per complicazioni sopraggiunte durante la gravidanza, le donne sono state arrestate mentre erano ancora in ospedale, passando direttamente dal letto alla cella. Su di loro pesa la condanna per omicidio aggravato. Molte le organizzazioni sociali che si stanno muovendo. Una notizia dello scorso martedì 1 luglio, riporta che i rappresentanti di alcune associazioni hanno chiesto al Parlamento di rispondere, con la massima urgenza, alla richiesta di indulto per le diciassette donne presentata lo scorso primo aprile. In prima fila Sara García portavoce della Agrupación Ciudadana por la Despenalización del Aborto, Terapéutico, Ético y Eugenésico, che ha denunciato alla stampa locale di non essere stata ricevuto da nessuno dei membri della Commissione Giustizia e Diritti Umani per sapere lo stato di avanzamento dei casi. Tra le altre organizzazioni coinvolte nella mobilitazione per le diciassette, anche la Red Salvadoreña de Defensoras de Derechos Humanos e l’organizzazione femmnista "Las Dignas". Perché l’indulto venga applicato deve passare per l’approvazione del Parlamento, dopo per quello della Corte Suprema di Giustizia e infine ratificato dal Governo. El Salvador è uno dei cinque paesi dell’America Latina, insieme a Nicaragua, Honduras, Repubblica Domenicana e Cile, che proibiscono l’aborto, e secondo i dati della Agrupación Ciudadana, tra il 2000 e il 2011 oltre 129 donne nel paese sono state accusate per aver abortito, 29 delle quali risultano ancora in carcere.





Proseguono le ricerche delle studentesse nigeriane rapite lo scorso 29 aprile dagli estremisti islamici del gruppo Boko Haram ad Abuja nel nord della Nigeria. Oltre 230 ragazze, prelevate dalla scuola di Chibok, sono state vendute a 8 dollari l'una come schiave per i guerriglieri. Dopo che la polizia nigeriana aveva proibito le manifestazioni per la loro liberazione, a seguito di una forte pressione internazionale, è arrivato il dietrofront e la notizia che 25 militari nigeriani, tra i quali figurano 10 generali e 15 ufficiali dell’esercito, sono stati incriminati per aver appoggiato Boko Haram: avrebbero fornito al gruppo islamista armi e dati di intelligence. In manette anche un informatore. E' di ieri la notizia dell'arresto di tre donne accusate di reclutare giovani ragazze e vedove per farle sposare con i combattenti estremisti. Repubblica di oggi riporta la notizia di 63 ragazze sfuggite a Boko Haram che però non farebbero parte del gruppo di studentesse rapite ad aprile. Alcuni parlano di trattative segrete tra l'esercito e il gruppo estremista per il rilascio delle giovani in cambio di guerriglieri ad oggi prigionieri, ma il futuro delle ragazze appare ancora molto incerto. 

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