Farefuturo - Presentata la ricerca curata da Valentina Cardinali e Istituto Piepoli che ha coinvolto immigrate e immigrati sui temi dell’integrazione, della cittadinanza e su argomenti controversi quali il velo e la poligamia
Ribet Elena Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Ottobre 2008
Presentata a Roma la ricerca “Donne del Mediterraneo. L’integrazione possibile” curata da Valentina Cardinali, realizzata con l’Istituto Piepoli e edita da Marsilio. Voluta dalla Fondazione Farefuturo la ricerca ha affrontato il tema dell’immigrazione dal punto di vista di chi arriva nel nostro Paese. 600 interviste (numero ritenuto più che adeguato per chi lavora in campo statistico) hanno messo in luce aspetti interessanti riguardanti aspettative, opinioni, condizioni di vita di uomini e donne provenienti dal Mediterraneo del Sud (Tunisia, Marocco, Algeria, Libia, Egitto, Etiopia, Eritrea, Somalia) e dell’Est (Croazia, Slovenia, Bosnia, Serbia, Albania, Macedonia, Turchia, Libano, Paesi Arabi) su questioni legate all’appartenenza etnica e culturale, religiosa, al lavoro, alla famiglia, ai rapporti di genere, alla parità dei diritti, al velo, alla poligamia.
In un processo di ‘femminilizzazione’ delle migrazioni, il ruolo delle donne è visto (finalmente?) come dominante, in quanto agenti di integrazione e depositarie primarie del ruolo di trasmissione di identità.
“A dispetto di vecchi stereotipi e luoghi comuni che vogliono la destra poco attenta alle esigenze degli immigrati, la Fondazione ha voluto ascoltare innanzi tutto le ragioni e le emozioni dell’altro, cioè di chi vive questa difficile esperienza, soprattutto delle donne, su cui gravano molte delle questioni legate all’integrazione”. Con queste parole ha aperto i lavori Adolfo Urso, segretario generale della Fondazione, il quale ha anche evidenziato alcune caratteristiche di questo complesso processo chiamato integrazione.
In sintesi e riprendendo alcuni dati emersi dalla ricerca, Urso afferma che
• l’integrazione è possibile(l’80% di chi ha un lavoro regolare non si sente discriminato)
• l’integrazione è necessaria (solo il 20% degli intervistati intende tornare nel Paese d’origine)
• l’integrazione è legalità (oltre il 70% ritiene fondamentale il rispetto delle leggi vigenti)
• l’integrazione è donna
• l’integrazione è neutrale.
L’analisi è lucida, concreta, e parte da basi solide quali la promozione dell’istruzione, della formazione, dell’educazione nelle scuole, della partecipazione, tenendo fermi valori quali la libertà e la dignità della persona. Unica nota stonata e dal sapore vagamente incostituzionale, l’idea di ‘dare preferenza per quanto possibile ai flussi immigrativi dal Mediterraneo Est che sono quelli più propensi all’integrazione’.
Nel corso del convegno, nel cui programma figurano la Vice Presidente del Senato della Repubblica Emma Bonino, la Ministra per le Pari Opportunità Mara Carfagna e la Ministra Ombra Vittoria Franco, sono state dibattute questioni anche spinose quali il voto agli immigrati, la conciliazione dei tempi per le assistenti domiciliari, la rappresentanza politica delle donne, i modelli economici, la natalità. Nelle conclusioni, brevi accenni anche a problematiche quali quelle delle prostituzioni, dei diritti, dei matrimoni misti, dei ricongiungimenti familiari, delle questioni legate al degrado nelle città e alla tutela dei patrimoni artistici, culturali e urbanistici.
Diverse le donne al tavolo. Laura Zanfrini ha sottolineato, alla luce dei dati di indagine, il VALORE FORTEMENTE EMANCIPATIVO DEL LAVORO PER LE DONNE MIGRANTI. Ciò nonostante, sono sempre le donne (straniere e non) a trovare più difficoltà, a essere esposte alla disoccupazione, a essere quindi più a rischio di discriminazioni e a conciliare i tempi.
Ancora troppe le donne che lavorano in nero, con un tasso di legalità che incide negativamente sia per quanto riguarda i costi sociali che quelli culturali. Basti pensare che tra qualche anno avremo una generazione di lavoratrici con pensioni basse, anziane povere che incideranno sul welfare italiano.
Quanto ai modelli di integrazione, Laura Zanfrini parlando di un recente convegno in Germania ha sfatato il mito delle cosiddette seconde generazioni: per il modello tedesco, infatti, gli italiani di seconda generazione (i figli degli emigrati in Germania degli anni 80) risultano ancora essere molto discriminati.
Molto acuta la domanda del sociologo Sabino Acquaviva: SIAMO SICURI CHE L’IMMIGRAZIONE SIA SOLO UN PROBLEMA NAZIONALE? La sua ambizione è di estendere la ricerca a tutti gli Stati Uniti d’Europa, magari con una attenzione particolare alle singole aree culturali. Alla base di un lavoro di questo tipo, ci deve essere la consapevolezza che ci troviamo in una società in rapida trasformazione che raduna la civiltà europea tradizionale, con i suoi stati nazionali, i suoi sistemi anche rigidi, con migrazioni e culture di altri paesi; parliamo di centinaia di milioni di persone e di una nuova civilità in cui non esiste più un ‘dentro’ e un ‘fuori’. Vera Slepoj ha parlato, fra l’altro, di recessione e di razzismi incrociati che possono essere un rischio forte in un’epoca in cui tutto si muove per necessità economiche o personali. Le esigenze di stabilità, di organizzazione, di regole chiare, la precarietà psicologica, l’idea di una ‘cultura dominante’, sono tutti elementi da approfondire, soprattutto e anche per le nuove generazioni e alla luce della multiculturalità nascente. Tutto questo richiede NUOVE VIE PER TRASMETTERE IMMAGINI POSITIVE DEL NOSTRO PAESE, cosa che ad esempio la televisione non fa.
Nelle parole della Sottosegretaria di Stato al Lavoro, Salute e Politiche Sociali Eugenia Roccella, è emerso uno dei punti cruciali del dibattito, anche squisitamente politico e attualissimo, e cioè quello della PRESUNTA CONTRAPPOSIZIONE: ACCOGLIENZA = ASSENZA DI SICUREZZA, LEGALITÀ = ASSENZA DI SOLIDARIETÀ.
Alla luce del fallimento di tutti i modelli di integrazione, “non esistono best practises europee” ha affermato Roccella (pensiamo alla Francia e alla Germania, appunto) la sfida del futuro è proprio quella di INVENTARE UNA POLITICA PER L’IMMIGRAZIONE. Per fare questo, non si può fare a meno di un percorso di conoscenza reciproca; è complesso e richiede tempo, ma in questo le donne possono essere attrici attive, “trasmettendo cultura, intrecciando relazioni, mettendo in comune le esperienze”.
LA RICERCA - Alcuni dati:
RESIDENZA
24% degli intervistati risiedono in Italia da oltre 10 anni
40% risiedono in Italia da 1 a 5 anni
FIGLI
Oltre il 60% degli intervistati con figli afferma di avere figli nati in Italia, di cui il 46% ha 2 o più figli.
LAVORO
È irregolare ossia senza un contratto l’80% del lavoro saltuario degli uomini e il 71% delle donne.
Quanto al lavoro fisso, invece, l’83% degli uomini è formalizzato, contro il 75% delle donne.
CASA
Il 70% del campione vive in affitto, per lo più con familiari, amici o parenti e in periferia.
RELIGIONE – LAICITA’
Il 49% sono musulmani. Il 17% non credenti. Il 17% cattolici, e i restanti appartengono a diverse confessioni cristiane e altro.
Molto diversa la frequenza dei luoghi di culto, la percezione dell’importanza della fede nella quotidianità e la percezione del rapporto stato/religione e influenza sull’attività politica.
Per il 57% la religione non è guida dell’attività politica e per il 78% lo Stato deve lasciare libertà di culto.
UOMINI E DONNE
Sulla visione della donna e i rapporti di genere i dati sono molto interessanti, soprattutto nella lettura analitica maschi/femmine. Ne appare un quadro contrastante, in cui per i maschi va bene che le donne lavorino ma è meno importante che le donne abbiano l’indipendenza economica.
La ricerca indaga anche la percezione su questioni come la guida di auto e moto da parte delle donne, la scelta del partner o marito, il vestirsi o truccarsi, il tempo libero…
Sul confine tra uguaglianza e gerarchia fra i sessi , il 29% degli uomini intervistati sostiene che le donne non abbiano gli stessi diritti nella società, a fronte del 17% delle donne.
Alla domanda se uomini e donne abbiano lo stesso valore all’interno della famiglia, il 27% dei maschi risponde NO.
Sulla suddivisione dei ruoli, per il 63% dei maschi la donna deve occuparsi della casa e dei figli e il maschio del lavoro e del mantenimento. Le femmine hanno la stessa opinione nel 46% dei casi.
VELO
Velo delle bambine a scuola: 39% d’accordo e 39% in disaccordo
Velo delle donne: per il 66% del campione la legge italiana non dovrebbe stabilire eccezioni per le musulmane, anche se il 46% delle musulmane desidererebbero una deroga. Anche il 70% dei maschi musulmani auspicano una deroga.
POLIGAMIA
Per il 58% delle DONNE intervistate, la poligamia è OFFENSIVA. Per il 3% VANTAGGIOSA.
La poligamia è considerata offensiva (della donna) per il 37% dei maschi. E vantaggiosa (per la donna) dall’11% dei maschi.
Per gli altri, non sanno o è normale.
Per lo più i maschi ritengono che le motivazioni della scelta poligamica sia legata a una questione di tradizione, per le donne avviene per ‘ESERCITARE POTERE’ (da parte del maschio) e PER SESSO.
Il 18% degli uomini NON SA e il 15 % dice PER AVERE PIU’ FIGLI.
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