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Donne d’Europa: puntini di sospensione - di Maria Pia Di Nonno / Intro Daniela Carlà

Donne d’Europa: puntini di sospensione - di Maria Pia Di Nonno / Intro Daniela Carlà

Nel febbraio del 1992 viene pubblicato l’ultimo numero della rivista Donne d’Europa curata e promossa dal Servizio People's Europe: information for women....

Lunedi, 29/06/2020 - Questo articolo è stato precedentemente pubblicato nella rivista Gli Stati Uniti d’Europa, n. 37, 23 dicembre 2019, pp. 25-33.

Introduzione di Daniela Carlà

Il 17 maggio 2019 Noi Rete Donne ha organizzato, in vista delle elezioni europee del 2019, un incontro intitolato L'autonomia delle donne ricchezza per l'Europa dedicandolo a Fausta Deshormes La Valle. Tale scelta, come ricordavo in un’intervista a Tiziana Bartolini del 14 maggio 2019 (noidonne.org), è derivata dal fatto che volevamo far in modo che anche i giovani, e in particolare le giovani, potessero conoscere la straordinaria biografia di questa donna e, soprattutto, le iniziative promosse a livello comunitario a favore delle donne.
Fausta Deshormes è stata, inoltre, presente anche ai primi incontri, a partire dal 2010, di Noi Rete Donne e ci ha seguite fino a quando quel male incurabile – una forma acuta di mesotelioma polmonare, contratto proprio negli uffici del Berlaymont a Bruxelles – ce l’ha portata via.
L’incontro è stato emozionante ed è stato reso ancora più speciale dalla presenza in sala di tante persone che hanno conosciuto in vita Fausta Deshormes: il fratello Raniero La Valle, l’amica Daniela Colombo (che collaborò anche a dei numeri della rivista Donne d’Europa, coordinata dalla Deshormes), la ricercatrice Federica Di Sarcina (che incontrò Fausta Deshormes durante i suoi studi universitari e che tenne un bel discorso durante la sua commemorazione funebre a Roma) e molte e molti altri. Tra questi io stessa ebbi la fortuna di incontrarla e ricordo che una volta le chiesi «Da cosa è dipeso il suo trasferimento a Bruxelles?». Noi mi rispose, e il giorno dopo mi scrisse una mail asserendo «Lo feci per amore».
Ma in quella sala, il 17 maggio 2019, vi era anche una giovane che Fausta Deshormes non l’aveva mai incontrata. Le due si erano scoperte “per caso”. Nel 2015 infatti la futura ricercatrice, Maria Pia Di Nonno, vinceva una borsa di dottorato per seguire il suo progetto sulle Madri Fondatrici dell’Europa presso la Sapienza Università di Roma. Sebbene inizialmente non avesse pensato di poter focalizzare la propria ricerca su una sola figura, un evento inatteso l’avrebbe spinta verso quella direzione. Mi raccontò, in una delle nostre prime chiacchierate, che un docente le avrebbe fatto notare che uno studio sulle Madri Fondatrici dell’Europa non potesse avere una valenza storica e che rischiasse di essere assimilato ad uno slogan politico.
La giovane non si disperò e trovò una soluzione. Si ricordò infatti, che durante una conferenza organizzata nel settembre 2015 presso gli Archivi Storici dell’Unione Europea di Firenze, e dedicata a Fausta, si era parlato di un Fondo della Deshormes. Pensò, così, di tornare a Firenze e vedere quanto e che tipo di materiale fosse conservato in quegli archivi. Capì subito, appena arrivata, che non solo i documenti fossero sufficienti, ma che Fausta Deshormes rappresentasse il fulcro della politica di informazione europea rivolta alle donne dagli anni ’70 fino agli ’90. Ed ecco che, senza averlo preventivato, quel momento di “crisi” finì per il tramutarsi in un’opportunità.
La tesi di dottorato è stata discussa il 27 settembre 2019 con il titolo Fausta Deshormes La Valle: un’artigiana dell’informazione a servizio dell’Europa.
Di seguito, a questa introduzione, lo scritto Donne d’Europa: puntini di sospensione 1) già pubblicato da Maria Pia Di Nonno nella rivista Gli Stati Uniti d’Europa (che gentilmente il Direttore della rivista, Giovanni Vetritto, e l’autrice ci hanno concesso di riprodurre).

Daniela Carlà

1)  L’articolo è tratto dalla rivista Gli Stati Uniti d’Europa, n. 37, 23 dicembre 2019, pp. 25-33

Donne d’Europa: puntini di sospensione
(Maria Pia Di Nonno, PhD in History of Europe)


Nel febbraio del 1992 viene pubblicato l’ultimo numero della rivista Donne d’Europa curata e promossa dal Servizio People's Europe: information for women – più semplicemente noto come Ufficio Informazione Donne della Direzione Generale Audiovisual Media, Information, Communication and Culture della Commissione europea – e posto in quegli anni sotto la responsabilità di Colette Flesch in veste di Direttrice Generale. (da notare che nel corso degli anni sia la DG che l’ufficio cambiarono più volte dicitura).

Si tratta del numero 70 di un periodico – la cui storia è oggi assai poco nota – ma che rappresenta un fenomeno di comunicazione verso le donne europee senza precedenti nel panorama europeo. Più precisamente la rivista a cadenza bimestrale presenta un aspetto assai scarno (anche se solo in apparenza) ed è priva di immagini o foto – gli unici disegni presenti sono quelli che compaiono in copertina – così come di colori. Una tenue, e appena accennata, tonalità di azzurro comincia ad abbellire le copertine del bollettino solo verso la fine degli anni ’80.

Tuttavia la parsimoniosa scelta di contenere i costi della grafica, dettata da limiti di finanziamento, comincia ben presto a divenire il tratto distintivo di quelle pagine e dalle quali ben emerge la volontà di condividere il più sinteticamente, ma anche il più accuratamente, possibile notizie relative alla normativa europea, eventi ed iniziative direttamente connessi con la situazione delle donne in Europa. Da qui deriva l’utilizzo di un testo assai fitto ma chiaro, schematico, diretto e suddiviso in sezioni tematiche ben strutturate come la sezione relativa all’informazione della normativa europea riguardante le donne, le notizie e le iniziative provenienti dai singoli Paesi membri, le pubblicazioni, gli studi realizzati e così via discorrendo.

Più precisamente la storia della rivista copre un arco temporale di circa 15 anni (1977-1992) ed ha inizio a seguito dell’indizione da parte delle Nazioni Unite dell’Anno Internazionale della Donna, e del grande incontro tenutosi a Città del Messico nel 1975, che conduce le stesse istituzioni comunitarie a prendere in debita considerazione la situazione delle donne europee.

È così che si viene creando a livello europeo un terreno propizio pronto ad accogliere alcune iniziative che sino a qualche mese prima avrebbero scatenato l’ilarità generale e che non sarebbero state prese sul serio. Tra queste la proposta di lanciare un sondaggio sulla condizione degli uomini e delle donne in Europa i cui risultati vengono ufficialmente raccolti in un documento presentato a Bruxelles durante una conferenza intitolata Le Donne e la Comunità Europea che riunisce, tra il 12 e il 13 marzo 1976 a Bruxelles, circa un centinaio personalità (principalmente donne) altamente rappresentative del mondo politico, sociale e culturale:

Nel marzo del 1975, in occasione dell’Anno Internazionale della Donna, la Commissione europea ha fatto svolgere un primo grande sondaggio, nei nove Paesi membri della Comunità, sugli atteggiamenti delle donne e degli uomini nei confronti di taluni problemi della nostra società. Tale sondaggio ha ottenuto un notevole successo. I risultati, ripresi dalla stampa, hanno suscitato numerose discussioni in seno alle organizzazioni femminili o femministe ed hanno costituito uno dei documenti di lavoro, presentati ai partecipanti al colloquio sull’evoluzione dello status e del ruolo della donna nella società europea, organizzato il 12-13 marzo 1976 a Bruxelles, dalla Commissione.

Dato l’incredibile successo rivestito dall’iniziativa – oltre che la presenza di un sempre crescente interesse delle istituzioni comunitarie – viene presa la decisione al termine dell’incontro di costituire due nuovi uffici all’interno della Commissione europea: l’Unità per le questioni sul lavoro delle donne, diretta da Jacqueline Nonon, e l’Unità Informazione della stampa e delle associazioni femminili, diretta da Fausta Deshormes La Valle e rispettivamente inquadrate nella DG Affari Sociali (DG V) e nella DG Informazione (DG X).

È all’interno dell’Unità Informazione della stampa e delle associazioni femminili che assume dal 1976 in poi diverse diciture (nel 1992 è nota come Servizio People's Europe: information for women) – e che passa dall’essere una semplice unità sino a divenire un servizio specializzato prima di essere completamente depennata, a cavallo tra gli anni ’90 e l’inizio del 2000 dall’organigramma della Commissione – che nasce l’idea di pubblicare una rivista che possa informare, e in tutte le lingue dei Paesi membri, le donne d’Europa.

È così che compare nel luglio del 1977 – dopo un precedente tentativo – il numero di prova 0 della rivista Donne d’Europa. La dirige la funzionaria Fausta Deshormes La Valle – giurista e giornalista alle dipendenze della Commissione europea sin dal 1961 e con, già in precedenza, una lunga carriera sia nel settore dell’associazionismo giovanile che in quello informativo – che ne è anche la principale ispiratrice. È infatti anche grazie a lei – distaccata per un breve periodo temporale (1974-1976) alle dipendenze del Commissario all’Informazione Carlo Scarascia Mugnozza– e al supporto ricevuto dal suo precedente Direttore, Jacques René Rabier, che viene ideato ed elaborato il questionario sulla condizione degli uomini e delle donne d’Europa, così come organizzato l’incontro del marzo del 1976 e di conseguenza costituito un ufficio informativo per le donne europee.

La principale idea è quella di creare un ufficio che possa divenire un punto di riferimento per le donne europee e che possa informarle e metterle in rete, anche in previsione delle prime elezioni a suffragio universale del 1979 (inizialmente previste per il 1978). Lo si legge chiaramente nel numero di prova della rivista n. 00 del novembre del 1979:

Ottobre 1977: per la prima volta nella storia della stampa in Europa, otto delle più note riviste femminili (una per Paese), hanno proposto a milioni di lettrici di partecipare ad un sondaggio (proposto dalla Commissione europea) sull’Europa vista dalle donne. Le elezioni europee si terranno il prossimo anno: abbiate sin d’ora la vostra opinione da dire!» Ecco, in breve, quello che è stato proposto alle donne dette “non organizzate”. Ogni giornale, una settimana prima della pubblicazione del questionario, ha presentato l’Europa di oggi, con le sue riuscite e sconfitte, e anche con le sue speranze. 25 milioni di persone sono state raggiunte. Le risposte al sondaggio, raccolte dalle riviste, saranno elaborate dagli specialisti e, nella primavera del 1978, i medesimi giornali pubblicheranno contemporaneamente risultati nazionali ed europei. Qualche settimana dopo, le elettrici d’Europa si recheranno alle urne per scegliere i propri deputati al Parlamento europeo. Affinché le donne – tutte le donne – abbiano la parola, è necessario che l’informazione – tutta l’informazione – le raggiunga. “Donne d’Europa” partecipa, modestamente, a questo sforzo e i vostri incoraggiamenti ci sono stati preziosi. Con il vostro aiuto – e le vostre informazioni – speriamo di divenirvi sempre più utili.

Ma in realtà nonostante i buoni propositi e il sincero interessamento mostrato da alcuni Commissari, come l’On. Carlo Scarascia Mugnozza, quell’ufficio viene sin da subito avversato dall’amministrazione che non ne ravvede proprio l’utilità. Ed è questa mancanza di appoggio gerarchico e finanziario che porta la Deshormes a concepire quella rivista in modo semplice, ma funzionale. La Deshormes immagina una corrispondente per ogni Stato membro – l’Italia ha dal 1977 sino al 1992 una sola ed unica corrispondente, Beatrice Rangoni Machiavelli – incaricata di recepire informazioni relative alla condizione delle donne, anche tramite il coinvolgimento di associazioni femminili e femministe. Notizie che una volta raccolte, scremate ed organizzate vengono tradotte e pubblicate sul periodico bimestrale suddiviso in sezioni tematiche.

Quasi contemporaneamente alla pubblicazione della rivista vengono diffusi dei numeri monografici – chiamati Supplementi a Donne d’Europa sino al 1988 ed, in seguito, Quaderni di Donne d’Europa – che trattano le più diverse tematiche come: Il fondo sociale europeo e le donne, La Comunità europea per il lavoro delle donne, Le donne al Parlamento europeo, Il diritto comunitario e le donne, Le donne nell’agricoltura, Donne e sviluppo, Donne e ricerca, Donne e musica, Donne e televisione in Europa, Le donne nella Rivoluzione francese 1789, Donne e linguaggio.

La rivista diviene così uno dei principali strumenti di informazione e di lavoro delle donne europee nel quindicennio 1977-1992; oltre che fautrice della realizzazione di una rete di solidarietà tra donne di diversa estrazione sociale, livello di istruzione, appartenenza politica, nazionalità ed età. Elementi che conducono presto Donne d’Europa, assieme ai numeri monografici, a ricevere grande apprezzamento sia dalla semplice società civile che dai più alti vertici politici. Si pensi che il 25 giugno del 1979 è proprio la futura prima presidente del Parlamento europeo, Simone Veil, ad indirizzare una lettera a Fausta Deshormes La Valle ringraziandola del contributo apportato alle elezioni del 1979 dall’ufficio da lei diretto.

Tuttavia, tale considerazione non proviene dalla gerarchia della Commissione europea che, come nel 1977, continua ad avversarne l’esistenza. Inizialmente, ad esempio, non ufficializzandolo come servizio specializzato e non dando seguito a quanto esplicitamente previsto dell’On. Mugnozza. È infatti solo nel 1986, dopo un intervento dell’On. Carlo Ripa di Meana, che viene inquadrato in tal senso ed è sempre in quegli anni che il gruppo di lavoro riesce a passare da 3 a 5 unità.

Sono dunque tutti questi aspetti e analisi che portano la Deshormes a prendere la ferma decisione di far terminare le pubblicazioni del bollettino – con l’approssimarsi dell’anno del proprio pensionamento, previsto per l’inizio del 1992 – per evitare che esso possa divenire oggetto di una lunga e lenta agonia e di far proseguire solo la stampa dei numeri monografici (sebbene dopo il 1992 vengano pubblicati solo quattro numeri) e di una rivista più snella che viene concepita proprio in sostituzione, a partire dal 1988, al bollettino ed ovvero la più snella Lettera delle Donne d’Europa. Come chiaramente scritto nel n. 0 del 1988 della Lettera di Donne d’Europa tale pubblicazione si differenza notevolmente rispetto al bollettino – presentandosi di fatto come una sorta di newsletter cartacea – in quanto il suo obiettivo è quello di garantire esigenze dissimili: «la rapidità – essa sarà pubblicata mensilmente; il contenuto – essa tratterà solo l’informazione di derivazione istituzionale e il numero delle lingue – essa sarà pubblicata (almeno in un primo tempo) solamente in due lingue, il francese e l’inglese».

In realtà la politica di informazione a livello europeo dopo il 1992, e anche con la nuova impostazione voluta dal Presidente della Commissione europea Jacques Delors, assume via via un’impostazione completamente differente dalla precedente prediligendo un’informazione generalizzata ad una settorializzata, come invece auspicato da Jean Monnet e dal suo stretto e fidato collaborato Jacques René Rabier, come il caso dell’informazione alle donne. Ed è così che inevitabilmente dopo il 1992, e la fine dell’esperimento di informazione al femminile del bollettino Donne d’Europa, che anche gli ormai orfani Quaderni e Lettere sono destinati a non sopravvivere a lungo. Tra la fine degli anni ’90 e l’inizio del 2000 è lo stesso Ufficio Informazione Donne ad essere completamente cancellato dall’organigramma della Commissione europea e dimenticato; così come alcune delle principali iniziative da esso proposte come il Premio Femmes d’Europe, il Premio Nike per l’Immagine della Donna nella Televisione.

L’assenza di Fausta Deshormes, dopo quindici anni di una vita trascorsa al servizio dell’Europa e delle donne, è destinata a farsi sentire non solo nei corridoi del Berlaymont ma in tutta Europa. Nell’editoriale scritto per il penultimo numero del bollettino (il n. 69 del 1991), animata da un grande ottimismo che le è proprio, la Deshormes presenta quel momento non come la fine di una bella avventura, ma come un nuovo inizio. Crede, infatti, che si tratti di un momento di passaggio e che le donne d’Europa debbano essere pronte ad affrontare nuove sfide. Non è un caso che quell’editoriale venga intitolato Voltare pagina:

Donne d’Europa finisce. Il numero 70, che uscirà alla fine dell’anno, metterà la parola fine ad una saga dei nostri tempi. Dal giorno in cui il Commissario Carlo Scarascia Mugnozza decise la creazione di un Servizio specificatamente incaricato dell’informazione delle donne e dall’uscita del numero 0 di Donne d’Europa, nel 1977, molte cose sono cambiate […] Nuovi mezzi di comunicazione si sono venuti sviluppando. Di tutto questo bisogna tener conto e, senza rimpianto, ma non senza nostalgia, conviene ora trovare altre vie per una informazione rapida, efficace e utile. […] L’informazione è stata così al tempo stesso strumento e artefice del cambiamento. Le donne sono state associate come protagoniste a tutti i grandi eventi della Comunità. […] Niente di tutto questo sarà dimenticato grazie a Donne d’Europa. Altri lavori ci attendono, altri problemi stanno sorgendo che richiedono mezzi diversi. Auguro alle donne d’Europa di continuare a mettere la loro immaginazione e la loro creatività al servizio del progresso e della costruzione europea.

A conclusione del racconto della rivista di Donne d’Europa nella tesi di dottorato – intitolata Fausta Deshormes La Valle un’artigiana dell’informazione a servizio dell’Europa – e discussa il 27 settembre del 2019 scrivevo: «Forse non ci sarebbe parola migliore del termine portoghese “saudade” per descrivere le sensazioni che quegli ultimi numeri di Donne d’Europa dovevano, e che ancora oggi, trasmettono. Un sentimento di nostalgia, ma tutto rivolto al futuro, l’impotenza del presente che guarda con ottimismo e speranza all’avvenire. Da un lato il “voltare pagina” e dall’altro l’intrepida e fiduciosa attesa del domani.» Ecco dunque il significato del titolo Donne d’Europa: puntini di sospensione che prende spunto, a sua volta, da un’espressione utilizzata da Fausta Deshormes La Valle.

Ed, infine, una riflessione conclusiva. Non è un caso che l’ultimo numero della rivista Donne d’Europa – pubblicato nel febbraio del 1992 – riporti nella propria copertina una maratoneta colta nell’attimo in cui raggiunge il traguardo della vittoria e dietro la quale si scorge un lungo sentiero che deve stare probabilmente a rappresentare il quindicennio 1977-1992. Un quindicennio di successi per le donne europee che grazie ad una forte resilienza e ad un lavoro di squadra – qui si comprende l’immagine della corritrice – riescono in quegli anni a porre le basi per le future politiche europee. Senza di loro nulla di questo ci sarebbe stato. Tuttavia, la strada da percorrere non è terminata e nuove protagoniste e protagonisti – tramite lo sviluppo e l’utilizzo di strumenti in linea con i tempi moderni – sono chiamati a riprendere il cammino in parte interrotto.
























Immagine riportata nell’ultimo numero del bollettino Donne d’Europa, il n. 70 del 1992.


La stessa immagine è stata utilizzata dall’autrice a conclusione del percorso di ricerca su Fausta Deshormes La Valle e la cui tesi di dottorato – intitolata Fausta Deshormes La Valle: un’artigiana dell’informazione a servizio dell’Europa – è stata discussa il 27 settembre 2019 presso l’Università Sapienza di Roma. Tanto è vero che la maratoneta esultante è stata riprodotta su delle tazze realizzate per ringraziare, a loro volta, tutti e tutte coloro che hanno reso – più o meno direttamente – quel modesto e collaterale traguardo possibile. Perché in fondo la vita di ognuno di noi altro non è che una maratona ed ogni nostro passo acquista senso e valore solo se condiviso.

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