Una ricerca delle Consigliere di parità della provincia di Bologna, realizzata dal Medec, fotografa le condizioni e le percezioni delle lavoratrici precarie
Martedi, 08/03/2011 - Attraverso interviste strutturate allo stesso campione già intervistato nella precedente ricerca del 2008 e ad un nuovo campione composto da 700 donne lavoratrici della provincia di Bologna, la ricerca "Donne al lavoro in provincia di Bologna" ha indagato l'impatto della crisi, cercando di rilevare in particolare come il fenomeno del precariato e la congiuntura socio-economica complessiva abbiano impattato sul sistema di tutele e diritti riconosciuti ai lavoratori e alle lavoratrici.
I risultati confermano i dati strutturali già rilevati nel sondaggio del 2008, tra cui la cronicizzazione del precariato come condizione costante della vita lavorativa, la sua diffusione tra le lavoratrici che svolgono mansioni intellettuali nel settore terziario, lo stretto legame tra condizioni precarie di lavoro, povertà e precarietà sociale.
La crisi ha sospinto le componenti più flessibili e dequalificate del lavoro precario femminile verso la disoccupazione e l’inattività, ha inasprito l’incertezza del reddito familiare e ha avuto un forte impatto sulle scelte di vita: aumentano infatti le precarie che rifiutano o rinunciano alla maternità. Parallelamente sono sostenute le percentuali di lavoratrici che denunciano situazione di perdurante o crescente irrigidimento del comportamento delle aziende verso la maternità. Cresce invece la rilevanza della protezione familiare, che, nella condizione di aggravamento della crisi economica, rappresenta sempre di più una fondamentale rete di protezione sociale.
L’analisi mostra una stretta correlazione fra il sentimento di insicurezza e la qualità del lavoro. Tra le precarie la quota delle lavoratrici angosciate dall’eventualità di perdere il lavoro cresce vistosamente (dal 28 al 45%). Tendenza che si replica anche circa il grado di sicurezza della vigente occupazione, dove l’insicurezza sale dal 49,5 al 57%. Di contro cresce anche la quota di precarie che denunciano un peggioramento della qualità del lavoro, ma con minore intensità: dal 23 al 27%.
L’abbassamento della qualità del lavoro corrisponde a una regressione nella gerarchia delle aspettative. Nelle lavoratrici tutte, ma in particolare nelle precarie, alberga la certezza (acuta nel 70% dei casi) che la crisi economica stia schiacciando verso il basso le attese/pretese dei lavoratori. Larga parte delle lavoratrici a tempo indeterminato pensa che la diffusione del precariato finirà per intaccare anche la componente più stabile del mercato del lavoro.
Se fino a non molto tempo fa la soggettivizzazione del lavoro, cioè la ricerca di una ottimizzazione del lavoro dal lato professionale e relazionale (la ‘buona occupazione’), era la costante espressiva di strati crescenti di lavoratrici, lo spirito del tempo attuale è piuttosto segnato da una sorta di ‘brutalizzazione’, con una regressione verso bisogni, come quelli di mera sicurezza, di tipo primordiale.
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