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Donne ai vertici del settore pubblico: operazione di immagine o vero cambiamento?

Donne ai vertici del settore pubblico: operazione di immagine o vero cambiamento?

un'interessante analisi del cambiamento che sta avvenendo ai vertici del settore pubblico e privato, ci sono più donne di prima ma a che prezzo?vera trasformazione o solo pubblicità?

Martedi, 29/04/2014 - Donne ai vertici: operazione di immagine o vero cambiamento?



L’equilibrio di genere è la parola chiave di questi ultimi giorni. Dopo la nomina di sette donne ministro della Repubblica, di cui una, Marianna Madia, per la prima volta a capo di un ministero importante come quello della Pubblica Amministrazione, abbiamo sempre per la prima volta, una donna, Pia Marconi, a Capo del Dipartimento di Funzione Pubblica, a coordinare le politiche per la semplificazione della pubblica amministrazione.

Il trend positivo non sembra arrestarsi e il 14 aprile tra le nuove nomine del Governo Renzi troviamo quattro donne a capo di importanti aziende pubbliche, Emma Marcegaglia all’Eni, Patrizia Grieco all’Enel, Luisa Todini alle Poste e Catia Bastioli a Terna. Con queste nomine le Presidenti donna controllate dal Ministero dell'economia e delle finanze salgono a 7 su 29 , un dato importante se confrontato con quello che troviamo nel I Rapporto di Rete Armida sulle donne ai vertici del settore pubblico del 2012, che evidenziava come nessuna donna, prima dell’arrivo di AnnaMaria Tarantola alla Rai nel 2012 era presente ai vertici di queste società, ne' come presidente ne' come amministratore delegato e in tutto in quelle stesse società i consiglieri di amministrazione donna erano soltanto 12 su 161 .

Inoltre possiamo riscontrare che dall’entrata in vigore, lo scorso 12 febbraio 2013, del decreto sulle “Quote di genere” il numero di consiglieri è considerevolmente aumentato se si considerano i dati emersi dai primi monitoraggi delle società controllate dalle Pubbliche Amministrazioni effettuati da Cerved Group in collaborazione con il dipartimento Pari Opportunità, quale organo di vigilanza sull’applicazione delle quote di genere nei CDA. Circa due terzi dei consigli di amministrazione e più della metà dei collegi sindacali si sono adeguati alle disposizioni del decreto (ndr).

Dati positivi dunque. Eppure il II Rapporto sulle donne ai vertici del settore pubblico, presentato da Rete Armida il 13 gennaio scorso ci aveva lasciati davanti ad un quadro non proprio confortante, sotto vari aspetti.

Le donne conquistano anche più della metà dei posti in palio nei concorsi pubblici, ma quelle agli apici della pubblica amministrazione sono ancora molto poche. Per esempio nel rapporto si evidenziava come tra i 32 nuovi magistrati referendari dei Tar vincitori di concorso, 19 sono donne; e nelle ultime selezioni per la magistratura contabile, 10 su 21 sono donne. Le percentuali però peggiorano quando all’incarico ricoperto si accede non più mediante procedure assistite da garanzie meritocratiche, come l’anonimato delle prove, bensì in virtù di meccanismi di nomine e cooptazione da parte di vertici politici o amministrativi dell’ente.

Per quanto riguarda la magistratura ordinaria potevamo osservare che negli uffici giudicanti le donne magistrato sfiorano la perfetta parità: sono il 49,9%, ma la situazione cambia radicalmente quando si considerano gli incarichi direttivi e semidirettivi. Tra i semidirettivi giudicanti le donne sono il 28 % e tra i direttivi soltanto il 17 %. La situazione è peggiore negli uffici requirenti, dove le donne complessivamente sono meno presenti (il 39% del totale) e le percentuali di quelle che ricoprono incarichi semidirettivi e direttivi è rispettivamente del 14% e dell’11%. Nessuna donna in Italia è invece Procuratore generale in una Corte d’appello e nessuna è presidente di un Tar.





Un caso di rilievo è poi quello dell’Associazione Nazionale Magistrati (ANM) che grazie all’introduzione delle quote di genere “di risultato” del 30% per le elezioni del comitato direttivo centrale vede salire le donne al 33% del totale (12 su 36 membri della giunta). Ancora una volta quindi viene rimarcata la necessità di inserire delle “quote di genere” per ottenere risultati incoraggianti sul breve periodo. Nel Csm (Consiglio superiore della magistratura), invece, su 24 membri elettivi, le donne sono soltanto due.

C’è poi la situazione nelle Agenzie, che si inserisce ancora nei casi negativi. La presenza femminile nella dirigenza generale delle agenzie varia dalla percentuale del 19% nell’agenzia del Demanio a quella del 10% nell’agenzia delle Entrate, di recente accorpata con l’agenzia del Territorio. La donna direttore dell’agenzia del Territorio, in seguito all’accorpamento, è passata al ruolo di vice. Per quanto riguarda invece gli enti di ricerca vigilati dal ministero dell’Istruzione, dell’università e della ricerca, in nessuno dei 12 esaminati il presidente o il direttore è donna. C’è un unico vicepresidente donna, all’Istituto nazionale di Alta matematica, e anche nei Consigli di amministrazione le donne sono pochissime (8 in tutto); mentre la componente femminile è maggiormente presente nei Collegi dei revisori (all’Istituto Nazionale di Astrofisica una donna è presidente del Collegio dei Revisori) e leggermente in aumento rispetto al 2012 (22 donne nei Collegi dei Revisori rispetto alle 20 rilevate nel precedente rapporto).

Tra i dati aggregati della dirigenza generale e apicale della Presidenza del Consiglio (posizioni alle quali si accede per cooptazione) le donne ricoprono solo il 30% delle 44 posizioni dirigenziali apicali.

La percentuale di donne nei ruoli apicali rimane bassa in molti Ministeri ed è donna soltanto un segretario generale (massima posizione amministrativa apicale), presso il Ministero dei Beni Culturali. La percentuale di dirigenti generali e apicali è invece ben al di sotto della media al Ministero degli Esteri, al Ministero dell’Agricoltura e al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. Al Ministero del lavoro e delle Politiche Sociali il Segretario Generale non è più una donna. Il Ministero dell’Ambiente non vede nessun apicale o dirigente generale donna, anche se nella diretta collaborazione del Ministro sono donne sia il Capo di Gabinetto sia il Capo dell’Ufficio Legislativo.

Al contrario si raggiunge la soglia di parità del 50% al ministero dell’Economia e delle Finanze. Anche al ministero dell’Interno i numeri salgono: 50% di donne nella dirigenza generale, più del 60% in quella apicale. Buone anche le percentuali del ministero della Salute e del ministero dello Sviluppo economico, dove una donna è diventata capo dipartimento.

Una novità di rilevo, insieme alla nomina di cui già abbiamo detto di una donna a capo del Dipartimento della Funzione pubblica, è la presenza di una donna tra i tre Vice segretari generali della presidenza del consiglio, nominata nel 2013.

Sui dati provenienti dallo Stato Centrale possiamo già fare una prima riflessione. Quando sono presenti dirigenti apicali donne, ricoprono spesso il ruolo di vice, oppure rivestono il ruolo di capo dipartimento del personale (ad esempio, al Ministero dell’Economia e al Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca).

Ai vertici della carriera diplomatica le presenza femminile è esigua: su 923 diplomatici di carriera, le donne sono soltanto 178 e tra queste le donne ambasciatore sono solo 2, a fronte di 29 ambasciatori di sesso maschile. Le donne Ambasciatore sono quindi meno del 7% . A conferma del fatto che sebbene si siano innescate correnti positive verso una maggiore partecipazione delle donne alla dirigenza del settore pubblico il tipo di ruoli ricoperti sconta ancora il pregiudizio di “affidare ad una donna ruoli da donna”

Alla Camera e al Senato le posizioni apicali sono quasi tutte appannaggio. La presenza delle donne, pur non aumentando in termini assoluti nei ruoli direttivi, registra un aumento percentuale in funzione della diminuita presenza dei colleghi uomini.

Infine anche nelle Università come già segnalato nel rapporto 2012, i principali dati relativi alla composizione di genere dei docenti universitari evidenziano come l’accesso e la carriera siano più difficoltosi per le donne che per gli uomini, e, come osservato da Frattini e Rossi (2012), risentano di stereotipi, segregazioni e discriminazioni di genere.

Alla luce di questo scenario (per osservare i grafici consulta il II rapporto Rete Armida) e in relazione alla scoraggiante analisi nel tempo delle nomine, l’evoluzione di questo ultimo periodo è sicuramente positiva. Non possiamo però ritenere di aver vinto la guerra ma semplicemente una battaglia.

Da una parte c’è infatti il rischio che la presenza femminile rimanga legata al “ritorno mediatico” della nomina, come osserva Silvia Maria Sacchi quando sottolinea che il ruolo di presidente è spesso un ruolo di facciata e non corrisponde in termini di potere ad un amministratore delegato. C’è il rischio che questa sia solo l’ultima operazione di immagine di una classe politica che ha compreso il valore inestimabile delle parole parità di genere. Ed è vero c’è l’ulteriore rischio, e questo ce lo spiega bene Roberta Carlini che nell’enfasi da “quote rosa”, per quanto io preferisca “di genere” ma qui rende meglio l’idea, si tenda a non considerare le effettive competenze e le reali capacità delle figure femminili prescelte.

Eppure dall’altra parte non possiamo non considerare l’importante segnale che queste azioni volenti o nolenti riescono a dare. Che venissero nominate 4 donne su 6 società che hanno rinnovato i cda non era un fatto assolutamente scontato e soprattutto non era scontato il fatto che, in ossequio alla legge sulle quote non ci si sia limitati ad inserire nomi femminili nei consigli di amministrazione e collegi sindacali ma siano state fatte arrivare al vertice. Ciò potrà sicuramente incoraggiare altri decisori pubblici a mettere alla prova le donne anche in ruoli più operativi in altre società.

L’auspicio è dunque quello di aver innescato un vero e proprio cambiamento culturale, mirato ad aumentare il valore Donna nei ruoli manageriali tipicamente appannaggio di uomii e quindi orientato ad una riorganizzazione della team manageriale.



Siti consultati

http://www.ingenere.it/articoli/le-quote-di-genere-due-anni-dopo

http://annazavaritt.blog.ilsole24ore.com/la_revolution_en_rose/2014/04/progress-on-equality-between-women-and-men-in-europe-2013.html

http://www.ingenere.it/articoli/donne-al-vertice-la-partita-comincia

http://www.linkiesta.it/donne-concorsi-pa

http://www.pariopportunita.gov.it/index.php/primo-piano/2449-quote-di-genere-nei-cda-bilancio-positivo-a-un-anno-dallapprovazione-del-decreto

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