Donna Vita Libertà: la voce potente delle iraniane per pace e democrazia
La follia della guerra di Israele all'Iran supportata da USA e le riflessioni per un futuro libero se basato sulla volontà popolare. Le parole di due Nobel per la Pace: Narges Mohammadi e Shirin Ebadi
Martedi, 24/06/2025 - Il femminile di giornata. sessantatrè / Donna Vita Libertà: la voce potente delle iraniane per pace e democrazia
Nelle calde notti di giugno la guerra tra Israele e Iran - con la partecipazione di Trump - diviene realtà. Gli attacchi israeliani con l’aiuto USA puntano essenzialmente ai siti di “costruzione” del nucleare ma non solo, perché la guerra quando scoppia non ha limiti. E così, sia in Israele che in Iran strutture civili oltre quelle militari diventano bersagli. Tra questi, a Teheran è colpito il terrificante carcere di Evin e, forse non casualmente, è centrato l’edificio dei detenuti politici. Un atto che nell’informazione qualcuno definisce simbolico, quasi a voler attaccare il luogo più truce e violento della repressione degli ayatollah, dove abbiamo visto entrare e non sempre uscire moltissimi oppositori uomini e tante donne; coloro in sintesi che si battono da anni per la democrazia.
Una resistenza in cui le donne iraniane sono da anni in prima fila anche con il movimento “Donne Vita Libertà” nato dopo l’uccisione di Mahsa Amini: la giovane picchiata a morte per aver indossato in modo troppo sbarazzino e femminilmente allusivo il hijab, colpevoli i riccioli che uscivano dallo stesso. Un movimento, quello “Donne Vita Libertà”, che ha dato voce e coraggio, nonostante la repressione che ha scatenato in Iran, non solo alle donne ma anche a tanti uomini che lo hanno accompagnato e condiviso.
Facendo riferimento a tutto questo sembra significativo e importante citare alcune dichiarazioni e interviste femminili che in questi giorni di guerra hanno trovato uno spazio interessante sui giornali. Molto acuta, e direi davvero coraggiosa, quella di Narges Mohammadi, Premio Nobel per la pace, assegnatole il 6 ottobre del 2023. Narges attualmente è momentaneamente fuori dal carcere per un grave problema fisico, ma ha parlato da un rifugio sicuro in Iran. Narges che quale vice presidente del Centro dei difensori dei Diritti Umani, impegnata per l’abolizione della pena di morte e contro l’uso del hijab per le donne, da anni entra ed esce dal carcere, si mostra molto preoccupata per la guerra in corso e non pensa che possa essere un aiuto per una transizione verso la democrazia, tantomeno per le trasformazioni radicali, in termini di democrazia, a cui aspira il popolo iraniano. A questo proposito afferma che, come sta avvenendo, quando si è in presenza "di un contesto di violenza, uccisioni di civili, minacce alla città, distruzione di infrastrutture vitali e grandi impianti, bombardamenti incessanti su strutture nucleari con il rischio reale di contaminazioni fuori controllo, democrazia e diritti umani vengono inevitabilmente messi da parte. E la democrazia senza diritti umani è priva di significato". E aggiunge ”l’immediato cessate il fuoco è oggi una necessità per tutto il Medio Oriente". Nel rispondere alla domanda se andando oltre la guerra, ci sia nel paese, una opposizione organizzata in grado di gestire una transizione democratica, afferma ancora ”le profonde trasformazioni innescate dai recenti movimenti in Iran come 'Donna Vita Libertà' rappresentano una forza reale e credibile di cambiamento, che deve nascere dalla volontà popolare, il ruolo delle donne può essere un modello per tutto il Medio Oriente. La società Iraniana può produrre questo cambiamento e fare in modo che si estenda oltre i suoi confini". Altrettanto interessante, in un momento così difficile, un'altra voce femminile iraniana, nonché altro premio Nobel della pace del 2003: l’avvocata Shirin Ebadi che, oggi in esilio a Londra, si occupa dei diritti di donne e bambini rifugiati. A Teheran con la rivoluzione del 1979 le fu proibito di esercitare la professione, che riprese solo nel 1992 fino poi a lasciare come tanti/e altre/i il paese. Ed è da Londra che, ripetutamente intervistata, anche Shirin sottolinea che il regime iraniano potrà essere solo il popolo, che peraltro non vuol più vivere sotto la dittatura, a farlo cadere dopo un referendum libero, e non la guerra in corso. E con l’occasione manda un appello agli iraniani dicendo ”mantenete la calma, stringete i denti, sopportate questa situazione e, soprattutto, continuate la disobbedienza civile”. Ulteriormente chiamata a dire la sua, Shirin Ebadi aggiunge “il regime è alle prese con la guerra contro Israele ma continua a colpire e martoriare la popolazione. Le autorità hanno dichiarato che chiunque diffonda notizie sulle conseguenze degli attacchi israeliani…verrà incriminato. Come è già accaduto, racconta, a una femminista molto conosciuta: Mutaha Regulei arrestata, (nuovamente) per aver scritto sui social una frase critica sul conflitto in corso.
Continuando a pensare al futuro, e sottolineando la forza delle donne iraniane ed il ruolo che possono continuare a svolgere per la democrazia, vale la pena di riportare una valutazione della giornalista Cecilia Sala che, come ricordiamo, è stata imprigionata proprio ad Evin e poi liberata grazia all’impegno del Governo italiano. Interrogata sul cambiamento culturale in atto in Iran sottolinea che “il cambiamento culturale c’è stato e si vede per le strade di Teheran, dove centinaia di migliaia di donne non indossano per esempio più il velo, troppe perchè il regime possa pensare di arrestarle. Noi abbiamo un‘idea vecchia dell'Iran, spesso usiamo le immagini dell’Agenzia di Stato con i video degli ayatollah che filmano solo le manifestazioni pro regime con le donne con il chador nero. Se uno si fa un giro per Teheran, non è assolutamente quello il colpo d’occhio. Il 70% degli iraniani vive nelle grandi città e il punto di vista dei giovani, che sono la maggioranza schiacciante del Paese, non è marginale. Dal punto di vista culturale sarebbero già pronti per un cambiamento".
Se da un lato è convincente, come abbiamo constatato in altre guerre, che non è nè per volontà esterna, nè nel momento più difficile che sta vivendo un paese che si riesce ad affermare il cambiamento reale e duraturo; dall'altro è importante mettere in evidenza come ci siano tante forze che lo vogliono e che, quindi, la prospettiva possa essere guardata almeno con l’ottimismo della volontà. Nel caso specifico dell’Iran non è da sottovalutare il protagonismo di donne determinate, capaci, coraggiose, tanto da aver “meritato” in pochi anni ben due Nobel per la Pace. Questo rappresenta una speranza per il futuro in un momento così difficile e doloroso per la pace, appunto, la libertà e la democrazia di quel paese e di altra parte del Medio Oriente.
Paola Ortensi
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