Samah Hamdi è una giovane artista che ha deciso di denunciare lo stigma che le donne egiziane nubili devono subire nella società egiziana. E lo fa attraverso un video che le è valso un premio.
Egitto. Il Cairo. La storia di Samah Hamdi, è le storia di tutte quelle giovani egiziane che alla soglia dei 30 anni sono considerate donne a metà perché non ancora mogli e madri. Perchè dopo gli studi superiori o universitari le donne hanno il dovere di sposarsi, e se questo non accade, vuol dire che c’è qualcosa che non va. Nel tentativo di fare luce su questa questione, Samah Hamdi decide di realizzare un video con il tentativo di rompere con l’idea tradizionale, condivisa peraltro dalla maggioranza della società, che l’obiettivo principale di una donna sia quello di trovare marito e formare una famiglia. Intenzionata a protestare contro questi pregiudizi, decide così di indossare un abito da sposa e camminare per le strade della capitale egiziana, cercando di cogliere le reazioni delle persone che incontra per strada. Un racconto fatto di immagini che si snoda in tre giorni di riprese e fotografie volte ad immortalare la vita quotidiana della ragazza che esce di casa, cammina tra la gente, prende la metro ed arriva al lavoro, raccogliendo complimenti e a volte le derisioni di chi la incrocia.
Con cinque minuti di girato e più di 50 foto Samah riesce così a centrare il problema ed attirare su di sé l’attenzione mediatica del Paese con uno scopo ben preciso, quello di far capire che “Le donne devono farsi avanti, ripensare agli stereotipi sul matrimonio e parlare apertamente su una condizione che viene imposta da una società patriarcale. Una donna è molto di più dell’essere moglie e madre. Una donna deve avere il potere di decidere quello che vuole essere, senza che sia la società ad imporle un ruolo”. Solo nel 2011, secondo il censimento nazionale sulla popolazione egiziana, erano più di quattro milioni le donne nubili che avevano compiuto i 33 anni di età. Sono passati 4 anni e a oggi non è dato sapere di quanto sia salito questo numero.
“Ho voluto rappresentare quello che la mia famiglia ha sempre desiderato per me. Tutto quello che si fa, deve essere sempre e comunque finalizzato al matrimonio ed alla famiglia. Gli obiettivi e i traguardi personali raggiunti non significano nulla, se una donna non ha un marito e dei figli di cui occuparsi. Se non sei sposata a 25 anni può andare perché forse stai completando i tuoi studi. Ma se non sei ancora sposata a 30 anni o più le cose cambiano completamente. Vuol dire che hai sbagliato tutto nella tua vita” continua Samah. Queste donne vivono in un contesto patriarcale e maschilista all’interno del quale è invitabile il peso di quello che pensa la famiglia di origine e che spinge anche chi non ha il desiderio di sposarsi ad accettare un matrimonio che in realtà non vuole solo per quieto vivere familiare e sociale. “Ho 27 anni e subisco le pressioni di mia madre che vorrebbe che trovassi un marito. Ma io ora come ora non ho intenzione di sposarmi. Il mio unico obiettivo è quello di terminare il mio master”. Ed è proprio dalla sua esperienza personale che Samah ha avuto l'idea di realizzare il cortometraggio. Un progetto che vale alla giovane design egiziana l’inaspettata vincita a novembre scorso del Premio Ahmed Basiouny per la miglior installazione video-fotografica nel concorso rivolto ai giovani artisti emergenti egiziani.
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