Buono, Natale - Se proprio non rinunciamo all'orgia consumistica, almeno indirizziamoci verso i prodotti del commercio equo e solidale
Angelucci Nadia Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Dicembre 2006
La prospettiva del Natale e la corsa al regalo è ormai paragonabile, nell’immaginario collettivo del cittadino, ad una specie di invasione delle cavallette tanto che parlarne male sembra quasi scontato. Tuttavia, per quanto l’aspettativa di dover trascorrere le feste in famiglia scambiandosi regali inutili e spesso anche imbarazzanti per la loro mostruosità crei angoscia alla maggior parte della popolazione, la quasi totalità dei giornali e delle televisioni continua a propinarci mielosi e scintillanti servizi che dovrebbero convincerci, e purtroppo nella maggior parte dei casi ci riescono, che abbiamo bisogno di oggetti assolutamente inservibili durante l’anno come la tovaglia con Babbo Natale, gli strofinacci con la slitta e le renne e il perizoma rosso da indossare a Capodanno, tra gli altri, a seconda della collocazione nella scala dei ruoli sociali: nonna, mamma, figlia. Sfuggire a questa follia sembra impossibile a meno che non siate asceti, non adduciate motivi religiosi (ma in questo caso e di questi tempi verreste guardati con sospetto) o che non vi importi nulla di essere tacciati di tirchieria o snobismo. Se anche quest’anno state per rinunciare a combattere questa battaglia contro il consumismo e lo strapotere della pubblicità, che però, a mio parere, rimane dignitosa e legittima, c’è l’alternativa “equa e solidale”.
Prodotti artigianali ed alimentari che vengono dal Sud del Mondo, importati in Italia da organizzazioni che hanno con i contadini/e e gli artigiani/e relazioni non solo commerciali ma soprattutto di partenariato e che perseguono come obiettivo finale il sostegno a produttori economicamente svantaggiati, favorendo loro un accesso sostenibile al mercato e permettendogli di passare da una posizione di povertà e vulnerabilità ad una maggiore sicurezza, sostenibilità e dignità. Le organizzazioni che lavorano nel campo del commercio equo e solidale, per essere considerate tali hanno l'obbligo di rispondere ad una serie di requisiti e criteri che devono guidare il loro agire. Innanzitutto la trasparenza nelle relazioni con i produttori del Sud che vengono coinvolti nei processi decisionali; l’impegno a sviluppare le capacità dei locali offrendo opportunità di formazione e continuità nelle commesse; l’obbligo a stabilire un prezzo equo, concordato tra le parti tramite il dialogo e la partecipazione, che garantisca una retribuzione giusta per i produttori ma allo stesso tempo sia sostenibile dal mercato; il compito di diffondere informazioni sugli obiettivi del commercio equo e solidale; il dovere di rispettare le pari opportunità tra uomini e donne, di promuovere i diritti dei lavoratori, di osservare la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dei bambini e delle bambine e di rispettare l’ambiente.
I prodotti che potrete trovare vanno dall’artigianato, soprattutto tessuti, legno, argento, all’alimentare con una grande varietà di cereali e legumi, spezie, riso, caffè, cioccolata; spesso è presente anche l’angolo dell’editoria con libri e musica.
I negozi del commercio equo sono anche un luogo di ritrovo e di informazione sui paesi del Sud; se ancora non avete avuto modo di conoscere uno di questi posti vi consigliamo caldamente di farlo cogliendo l'occasione del prossimo Natale e di cominciare un percorso quotidiano di consumo critico e più attento ai meccanismi, spesso degenerati, del mercato.
In questo modo i regali di Natale saranno UTILI almeno a chi li produce….
In Europa le botteghe del commercio equo e solidale sono quasi 3000, i volontari sono 96.000 e il giro di affari di 4.000 milioni di euro (dati 2001). In Italia le botteghe sono 350, 10 le centrali importatrici, 10.000 i volontari e circa 150 i lavoratori.
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