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Dodona, degli alberi e dell’ombra. Il racconto di Matilde Tortora

Dodona, degli alberi e dell’ombra. Il racconto di Matilde Tortora

Fra non molti giorni, assieme ai bimbi festanti, io pure canterò “Oh tannebaum!” la canzone di Natale in tedesco, chi l’avrebbe mai detto! ...

Mercoledi, 15/12/2021 - Dodona, degli alberi e dell’ombra. Il racconto di Matilde Tortora    

Giorni fa abbiamo preso ad un vivaio un bell’albero per portarlo a casa e avere anche noi l’albero di Natale da, finalmente, decorare e illuminare per fugare ogni ombra di dubbio che festa venga, che essa compiutamente avvenga.

Ha nevicato giorni addietro per più giorni, sicché sull’albero, se pure non in un bosco ma in un vivaio, aveva nevicato e ancora della neve sui rami, si sa quanta attrattiva e connivenza ci sia tra loro, esso conservava.

Lo abbiamo caricato in macchina, un poco di neve si è scrollata per gli scossoni durante il tragitto, ma ancora ne restava, sicché lo abbiamo lasciato fuori della porta di casa, ai piedi un tappetino, appoggiato al muro e, a malincuore, abbiamo chiuso la porta, sebbene il suo profumo fosse già entrato in casa con noi e ci siamo detti che l’indomani avremmo fatto entrare pure lui. Abbiamo chiuso la porta, ma prima ci è venuto come di fare un inchino all’albero, insomma come di sghimbescio siamo sgattaiolati nella nostra casa, pure noi infreddoliti.

Da quando vivo in Baviera molte cose hanno un che di nuovo, di sorprendente e pure di antico per me. Non avevo ancora chiuso del tutto la porta, chiudendo con delicatezza per non fare un’ulteriore sgarberìa all’albero infreddolito, mi sono d’improvviso vista con gli occhi della mente uscire dal tunnel della metro di Piazza Amedeo, poteva essere il 1971 o qualche anno dopo o addirittura molto dopo, facevo l’Università a Napoli, mi capitava a volte di prendere la metro che sempre mi dava un poco di sospensione, come uscissi ogni volta da una caverna.

Quel giorno ero dovuta andare con la metro a Piazza Amedeo e proseguire a piedi ancora un poco per un’incombenza non so forse andare a prendere un libro o un fascicolo alla libreria Macchiaroli che mi sembrava, austera ed elegante com’era, quando vi entravo, essere un santuario.

Trovandomi poi per strada, mi dissi perché no? E così proseguii, camminai, camminai e passando per Via Vittoria arrivai a Piazza dei Martiri là proprio dove volevo andare, alla Galleria di Lucio Amelio e là, sapevamo che ci sarebbe stato, lui il grande già leggendario artista, Joseph Beuys.

Ho chiuso la porta, ma la ventenne al cospetto di lui ha continuato a sostare sull’uscio interno della mia casa a Monaco di Baviera a distanza di tanto tempo, di tanti accadimenti.

Mi è sembrato pure di sentire, di là dalla porta chiusa, un frusciare di rami. Forse l’albero muto si stava liberando della neve residua, stava assecondando il nostro desiderio. Mi sono detta che la stessa parola tempo contiene il significato di lacerazione, di taglio, questo dice anche la sua etimologia greca, e la mente mi è andata a Dodona e ai vaticini che colà davvero erano emessi dal solo frusciare delle foglie e non ho intenzionalmente acceso la luce, sono restata sull’uscio interno della mia casa al buio, non mi sono mossa.

Ma perché mai dubitare degli alberi, dei boschi, delle foreste e non ascoltare le loro voci se poi il grande artista Beuys a Kassel nel 1982 diede avvìo alla piantumazione e all’esistenza futura di settemila alberi, se il poeta Zanzotto scrisse in Galateo in bosco nel suo Sonetto dello schivarsi e dell'inchinarsi “Galatei, sparsi enunciati, dulcedini / di giusto a voi, fronde e ombre, egregio codice...” e il poeta Holderlin nella poesia Le querce scrisse “ Oh, se d’un tratto /non mi avvincesse più questo mio cuore, /che d’amar non si sazia, agli altri umani, / come felice abiterei per sempre, / figlie della montagna, in mezzo a voi!

Fra non molti giorni, assieme ai bimbi festanti, io pure canterò “Oh tannebaum!” la canzone di Natale in tedesco, chi l’avrebbe mai detto! e mi piacerà tanto farlo e ripenserò al viso rugoso, alle mani del grande artista tedesco che incontrai tanti decenni fa e mi ripeterò nella mente le sue parole

Se noi non abbiamo rispetto per l’autorità dell’albero, o per il genio, o per l’intelligenza dell’albero… l’albero deciderà di fare la sua telefonata agli animali, alle montagne, alle nuvole e ai fiumi, deciderà di parlare con le forze geologiche. Possiamo ancora decidere di allineare la nostra intelligenza a quella della natura - Joseph Beuys

Ecco mi sono detta, allora, che cosa sere fa forse ho ascoltato di là dalla porta di casa e come pure Dodona continua a parlarci se pure in tanti arcani e moderni modi attraverso l’Arte, attraverso la Poesia.

Immagine: Joseph Beuys ritratto mentre pianta la prima quercia nella Friedrichspaltz di Kassel il 19 giugno 1982, giorno dell’inaugurazione di Kassel 7. Alla morte di Beuys, avvenuta il 23 gennaio 1986, nell’area comunale di Kassel si contavano cinquemilacinquecento piante (non solo querce, ma anche frassini, platani, aceri e castagni). All’apertura di documenta 8, il 12 giugno 1987, il figlio Wenzel pose nel terreno la settemillesima quercia in presenza di Eva Beuys, moglie dell’artista. Quest’anno è ricorso ed è stato ricordato in molte parti del mondo il centenario della nascita del grande artista.


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