Madri del Concilio (libro di Adriana Valerio) - I rapporti delle donne con la Chiesa hanno visto spesso delle vivaci "dissidenze". Il libro di Adriana Valerio ne parla approfonditamente
Giancarla Codrignani Lunedi, 17/12/2012 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Dicembre 2012
I rapporti delle donne con la Chiesa hanno visto spesso delle vivaci "dissidenze". Ai tempi del Vaticano I (1869-'70) alcune donne fecero addirittura parte di un "anticoncilio" di liberi pensatori napoletani. Nel 1964/'65 la Chiesa, finalmente (anche se le forme dell'accoglienza non sono state un gran che) ha reso alcune di noi, come dice Adriana Valerio ( "Madri del Concilio", Carocci editore, 2012, 16 euro), "madri del Concilio", il Vaticano II.
La cosa può interessare tutte perché non si tratta della solita maternità simbolica, ma di una strana comparsa di 23 uditrici, in una tribuna riservata, a fianco, dietro, sotto, sopra l'aula conciliare (che era San Pietro).
Adriana Valerio ci racconta maliziosamente che la nomina, voluta dal Papa Paolo VI, si realizzò con tale lentezza per l'evidente opposizione della Curia (sempre fissa al "Velate tacciano" di san Paolo) che l' 8 settembre 1964, quando il Pontefice rivolse loro il saluto di accoglienza, le interessate.... non c'erano, perché gli inviti erano arrivati tardi.
Quando le 23 donne arrivarono, è chiaro che lasciarono il segno; ma il maschilismo imperante non ne trasmise la memoria e quasi nessuno ne sapeva nulla fino a questo libro, fatto con ricerche pazienti sia nell'archivio vaticano sia nelle memorie tenute dagli ordini religiosi. Delle suore, tutte superiore di conventi, vale la pena di ricordare Mary Luke Tobin, Suzanne Guillermin e Cristina Estrada. La prima esclamò, quando l'avvertirono, che poteva partecipare alle sessioni che riguardavano le donne, "Bene, allora a tutte" e, quando il Papa inviò un messaggio a "tutte le categorie comprese le donne", lo contraddisse: "Le donne non sono una categoria....Uomini e donne sono la Chiesa". Per la Guillemin, che pur era una contemplativa, la via per andare a Dio stava nell'azione, condannava l'immobilismo ecclesiastico e tolse dal capo delle sue suore vincenzine l'ingombro delle grandi ali inamidate, invitandole ad essere "principalmente donne". Cristina chiariva che per le religiose i tempi non erano più quelli di una volta: "le mie non sono suore che passano la vita a pregare chiuse nelle mura del loro convento". Le laiche non furono da meno: la Parentelli, vedendo le auto lussuose che portavano i cardinali ripeteva l'interpretazione che molti romani davano alla targa SVG del Vaticano: "Se Cristo Vedesse"; si irritò per l'androcentrismo persistente e se ne andò prima della fine. Rosemary Goldie, quando un padre conciliare paragonò le donne alla delicatezza dei fiori e ai raggi del sole (sic), intervenne: "Padre, lasci fuori i fiori. Ciò che le donne vogliono è essere riconosciute come persone pienamente umane". Luz Maria Longoria Gama, - che partecipò al Concilio con il marito, lui pure uditore, determinando insieme l'inserimento dell'amore nelle finalità del matrimonio - era manifestamente ostile alla definizione cattolica del fine matrimoniale come remedium concupiscentiae e disse che lei aveva avuto molti figli, ma concepiti solo nell'amore: "con tutto il rispetto, signori padri conciliari, vi dico che le vostre madri vi concepirono senza questo timore della concupiscenza". La Pilar Bellosillo, quella due volte respinta dalla tribuna a cui era stata delegata, partecipò anche al Sinodo del 1973 e, con altre quattro colleghe, delusa, minacciò le dimissioni: la Chiesa del clero continuava a non voler capire. E, infatti, il messaggio alle donne di Paolo VI a conclusione del Vaticano II è un florilegio del vecchio ruolo. Comunque loro ci hanno provato.
Adriana Valerio, "Madri del Concilio", Carocci editore, 2012, 16 euro
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