ANMIL - "Gli uomini ottengono un indennizzo del danno subito per l’inabilità al lavoro più elevato rispetto alle donne; e tutto questo avviene per legge"...
Lunedi, 26/10/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Ottobre 2009
di Isa Ferraguti e Mirella Guicciardi *
“Sebbene il maschio e la femmina che lavorano non possono, secondo la nostra Costituzione, subire discriminazioni in ragione del proprio sesso, quando avviene un infortunio sul lavoro od una malattia professionale le donne subiscono trattamenti diversificati, a causa di una serie di fattori economici che trovano riscontro anche nelle valutazioni assicurative, medico-legali ed attuariali.
Il lavoro del maschio viene valutato di più, e questa è una prassi comunemente accettata: ma ciò implica immediatamente che gli uomini ottengano un indennizzo del danno subito per l’inabilità al lavoro più elevato rispetto alle donne; e tutto questo avviene per legge. (…) Nel decreto ministeriale 12 luglio 2000, emanato in attuazione dell'articolo 13 del decreto legislativo 23 febbraio 2000, n. 38, concernente il danno biologico ai fini della tutela dell'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, la Tabella dei coefficienti fa riferimento alla categoria di attività lavorativa di appartenenza per determinare la percentuale di retribuzione da prendere a base per l’indennizzo delle conseguenze delle menomazioni subite dalle vittime”.
E’ utile riportare integralmente alcuni passaggi dal 1° rapporto nazionale dell'Associazione Nazionale Mutilati ed Invalidi del Lavoro (8 marzo 2007) al fine di evidenziare la discriminazione di genere.
“Per calcolare quale sia la rendita che spetta ad una donna dopo un infortunio sul lavoro o una malattia professionale, la considerazione del patrimonio bio-attitudinale-professionale rappresenta un esplicito riferimento alla discriminazione sessuale tra uomini e donne, causando una diminuzione generalizzata degli indennizzi e delle rendite liquidate alle donne infortunate. (…)
Scopriamo che tale insensibilità alla dimensione femminile del danno da lavoro si verifica anche analizzando la Tabella delle menomazioni per quanto riguarda i tumori tipicamente femminili, come quelli della mammella o dell’utero, ovvero gli eventuali eventi traumatici che richiedono una mastectomia o una isteroannessioctomia totale, cioè l’asportazione totale dei genitali.
Nella Tabella delle menomazioni non c’è una esplicita definizione della mastectomia femminile, che è invece diventata una terapia chirurgica di elezione per patologie gravi sempre più diversificate. Quindi l’asportazione della mammella vale, sia per l’uomo che per la donna, al massimo 10 punti su 100, come qualsiasi altro intervento conseguente a neoplasie, in quanto la definizione generica indicata nella Tabella delle menomazioni è quella di ‘neoplasie maligne che si giovano di trattamento medico e/o chirurgico locale, radicale’: ma l’asportazione totale del seno in una donna può essere valutata così poco?”.
La discriminazione è palese nella valutazione posta in essere dalla Tabella delle menomazioni degli organi genitali riproduttivi, con una considerazione maggiore per quelli dei maschi rispetto a quelli delle femmine. Ad esempio nel maschio l’evirazione totale, a prescindere dall’età, vale fino a 50 punti, la perdita del solo pene fino a 40, l’impotenza fino a 30, l’impotenza trattabile o la difficoltà psicologica al coito fino a 15, la perdita di un testicolo fino a 6 punti su 100.
Invece per la sfera sessuale femminile: l’isteroannessiectomia totale vale al massimo 40 punti (fino a 25 se la donna ha più di 45 anni), l’isterectomia totale vale fino a 35 (fino a 15 se la donna ha più di 45 anni), l’ovariectomia bilaterale fino a 30 (fino a 20 se la donna ha più di 45 anni), l’ovariectomia monolaterale fino a 6 punti a seconda dell’età, la dismetria del bacino che consenta il parto solo per via addominale (impotenza a partorire) fino a 7 punti.
L’ANMIL ha proposto modifiche al testo unico dell’assicurazione contro gli infortuni (testo unico 30 giugno 1965 n. 1124) e modifiche al decreto n. 38 del 2000, tra cui aggiornamento biennale della tabella allegato 4 concernente l’elenco delle malattie professionali; previsione di un assegno per l’assistenza alla famiglia e la cura della casa in favore della donna infortunata o affetta da malattia professionale; previsione della prestazione di sostegno psicologico ed assistenza sociale, anche domiciliare, per il reinserimento familiare, lavorativo e sociale della donna infortunata o affetta da malattia professionale; previsione della corresponsione delle quote integrative in presenza di figli minori di anni tre; previsione delle modalità di erogazione dei servizi di sostegno psicologico e di assistenza sociale, anche domiciliare, da erogarsi in forma diretta o indiretta in favore delle donne vittime di infortunio sul lavoro o malattia professionale.
Riteniamo estremamente interessanti le proposte dell’ANMIL e crediamo che sarebbe opportuno da parte del Parlamento italiano raccoglierle e valorizzarle attraverso un progetto di legge che veda impegnate tutte le forze politiche.
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