Società/ Multiculturalismo/2 - Il nodo della coesistenza fra europei originari ed europei acquisiti, un processo in divenire
Hela Mascia Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Ottobre 2005
Come far conoscere e rispettare ai quattordici milioni di immigrati musulmani le regole su cui è basata la società europea? Il problema si pone in Olanda, dove gli immigrati islamici, pur godendo dei diritti di cittadinanza, si rinchiudono in ghetti in cui riproducono le loro consuetudini a danno delle donne. I giovani islamici fanno venire le mogli dai paesi di origine per tenerle in casa come prigioniere. Lo stesso problema si presenta in Germania con le cinquemila donne musulmane costrette dalle famiglie, ogni anno, a matrimoni combinati.
Lo scorso anno il caso del velo indossato dalle ragazze nelle scuole francesi ha creato una spaccatura fra le donne che appoggiavano la scelta dello stato Francese di negarlo e le altre che, in nome della libertà femminile, hanno invocato la libertà di poter indossare lo chador anche a scuola.
Il tema della posizione della donna nella società è centrale quando culture differenti devono poter comunicare nel rispetto reciproco e si avverte la necessità di dire parole chiarificatrici su come vorremmo che il nostro vantaggio di donne occidentali si estendesse alle altre donne e se la modalità dei diritti umani sia difendibile e accettabile. Per poter iniziare a fare chiarezza sui due punti, bisogna partire dalla nostra storia di donne. Carla Lonzi, nei primi anni Sessanta, ha detto che la democrazia non ci tutela, ma ci azzera nell’universale maschile. La inclusione nell’ ordinamento giuridico, che contempla solo il modello maschile, ci impone l’omologazione e, come sesso, ci annulla.
Da questa realtà inconfutabile discende la scarsa fiducia che le femministe del pensiero della differenza sessuale hanno nei diritti umani. Ma fa parte della nostra storia politica anche il partire dalla propria esperienza prima che dai grandi assiomi. Anche la libertà femminile rischia di diventare un dogma di fede, una verità inconfutabile se si scontra con i fatti e con l’evoluzione di quel fenomeno storico chiamato emancipazione. La libertà della persona – cardine della rivoluzione umanistica – è scivolata sempre più nella libertà di ciascuno/a che non riconosce più la libertà degli altri. Dai dogma religiosi siamo passati ai dogma laici. Per questo motivo la libertà femminile rischia di diventare un’astrazione o un principio culturale che oscura il diritto di ogni donna, ad esempio, a scegliersi un marito o ad autodeteminarsi nella vita sessuale. Non è una violazione dei diritti umani la lapidazione delle adultere ad esempio o l’imporre l’infibulazione alle bambine? Come reagire di fronte alla spaventosa serie di delitti d’onore? Giovani donne vengono uccise dai familiari per aver rifiutato di velarsi o di sposare un uomo scelto dalla famiglia.
La difesa dei diritti umani non significa imporre i valori di una cultura, quella occidentale, su altre, ma significa difendere i diritti di tutti in nome dello Stato laico. Applicarli alle donne musulmane che vivono in Europa, non significa chiedere loro di convertirsi né di assumere il nostro modello di vita emancipazionista, di cui, per prime, non siamo orgogliose, ma di difendere diritti che riguardano tutte.
I diritti umani sono difendibili e accettabili anche in presenza di alcune incongruenze. Per esempio moltissime donne praticano la cooperazione con la mentalità neutra di chi tenta di alleviare i dolori del mondo a prescindere dal sesso. Tutta la cooperazione si basa sul sostegno dei diritti politici neutri e sul protagonismo istituzionale delle donne dei vari paesi. Cosa intendiamo per diritti politici neutri? Quei diritti che includono la donna in un modello universale che è solo maschile. E su questo non vi sono dubbi né tentennamenti. Tuttavia non si può essere contro la cooperazione che è necessaria per sostenere in vita intere popolazioni che altrimenti morirebbero di fame senza alcuna possibilità di ambire a possibili lotte per la loro emancipazione.
Alla luce di questo dato di realtà appare evidente che il diritto alla sopravvivenza attraverso la soddisfazione dei bisogni primari, è un diritto cui non possiamo disconoscere la universalità. Il primo diritto universale è la sopravvivenza.
In questa fase di coesistenza fra europei originari ed europei acquisiti la possibilità di riferirsi ai diritti umani rappresenta un processo in divenire i cui esiti sono tutti a vantaggio delle donne.
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