Georgia O’Keeffe - “Ha contribuito a fondare un linguaggio artistico nuovo, indipendente dai modelli europei e ha incarnato uno dei miti americani più duraturi, quello della frontiera”
Flavia Matitti Venerdi, 20/01/2012 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Gennaio 2012
“Dicono che le donne non possono essere grandi pittrici. Io non l’ho mai pensato. Io dipingevo e basta”. Sono parole di Georgia O’Keeffe (1887-1986) considerata oggi tra i grandi protagonisti dell’arte moderna americana, una delle icone più celebrate del suo paese, un simbolo, come Frida Kahlo in Messico. O’Keeffe infatti con i suoi dipinti raffiguranti grandi fiori sensuali o austeri paesaggi desertici, dominati da teschi animali, non solo ha contribuito a fondare un linguaggio artistico nuovo, indipendente dai modelli europei, ma ha anche incarnato uno dei miti americani più duraturi, quello della frontiera. Chi l’andava a trovare nei territori desertici del sud-ovest, dove ha trascorso gran parte della sua lunga esistenza, restava colpito dal suo stile di vita semplice, fatto di solitudine ma anche di intima comunione con la natura. E in occasione della retrospettiva allestita nel 1970 al Whitney Museum of American Art di New York quest’immagine di donna forte, di pioniera intrepida e solitaria, entusiasmò il movimento femminista.
L’occasione di tornare a riflettere su Georgia O’Keeffe è offerta in questi giorni da una mostra importante aperta a Roma nelle sale della Fondazione Roma Museo, Palazzo Cipolla (Roma - Via del Corso, 320), curata da Barbara Buhler Lynes, massima esperta dell’artista (fino al 22 gennaio, catalogo Skira). L’esposizione, che dopo la sede romana andrà a Monaco e poi a Helsinki, riunisce più di sessanta opere provenienti dal Georgia O’Keeffe Museum di Santa Fe (New Mexico), oltre ad altri prestigiosi prestiti da musei internazionali. Il percorso espositivo, diviso in quattro sezioni, ripercorre l’intera carriera dell’artista ed è scandito da un allestimento suggestivo che ne sottolinea le tappe principali. In mostra perciò si attraversano ambienti che ricreano e suggeriscono prima la Fifth Avenue, con la celebre Galleria 291 di Alfred Stieglitz, poi la casa di famiglia a Lake George, quindi le abitazioni modellate in argilla tipiche dei villaggi del New Mexico, infine la ricostruzione di parti della casa di Ghost Ranch e dello studio di Abiquiu.
Nata nel 1887 nel Wisconsin, a trent’anni O’Keeffe attira l’attenzione della comunità artistica newyorkese con la sua prima personale organizzata da Alfred Stieglitz (1864-1946), paladino del modernismo e fotografo di fama internazionale. Nel 1918 si trasferisce a New York e inizia con Stieglitz una relazione e una stretta collaborazione professionale. Si sposeranno nel 1924 e Stieglitz sarà, fino alla morte, il principale sostenitore della sua opera, organizzandole una mostra l’anno, parlando a tutti del suo lavoro, curando la diffusione delle foto che la ritraggono. A quell’epoca O’Keeffe dipingeva opere quasi astratte, interpretate dalla critica in chiave sessuale. L’artista però non condivideva tale interpretazione e per evitare fraintendimenti decise di passare a forme più figurative. E’ così che dalla metà degli anni Venti inizia a dipingere fiori, un soggetto che la renderà presto famosa ma non distoglierà i critici dalle interpretazioni freudiane. Contemporaneamente O’Keeffe si rende conto che sebbene debba molto a Stieglitz il modo in cui lui la promuove, insistendo sul carattere femminile e fragile della sua arte, non le corrisponde. Inizierà allora a mettere in atto una serie di strategie per ribaltare questa lettura del suo lavoro e ci riuscirà, in modo convincente, attraverso l’immagine del deserto, di cui lei stessa finirà per essere percepita come una sorta di emanazione.
Negli ultimi anni della sua vita, sicura ormai del modo in cui il pubblico e la critica vedono il suo lavoro, O’Keeffe si impegna a rinnovare l’attenzione nei confronti dell’opera fotografica di Stieglitz, allora trascurata, e si adopera affinché al marito venga riconosciuto il ruolo determinante svolto nella promozione dell’arte americana moderna.
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