Venerdi, 08/07/2022 - "Dio è donna e si chiama Petrunya" è un film macedone del 2019 della regista Teona Mitevska. La pellicola è stata proiettata presso il frantoio oleario dei fratelli Sportelli a Carosino (TA) i primi di Luglio. Il merito va alle associazioni Fucarazza e Babele per avere progettato questa rassegna che fissa le luci sulle donne, guardandone il mondo da diversi punti di vista. Una grande occasione per il pubblico che in queste ultime settimane nel tarantino sta avendo diverse possibilità di assaporare film belli nei colori, nelle idee, nelle storie, nell’arte per l’arte, nelle musiche.
Siamo partiti con l’appuntamento sotto le stelle del cinema all’aperto presso il Circumarpiccolo di Taranto dal titolo: “Lo sguardo della tigre - By the women of Islam”, ed è stato subito amore a prima vista verso film che si distinguono per la capacità di trattare temi rilevanti nel dibattito socio-politico-religioso-artistico che dovrebbe portare alla costruzione di una comune identità. Il potere dell’arte.
Sempre nella settimana di Luglio Rai5 ha trasmesso il film di Danilo Caputo “Semina il vento”; il regista è nato e vive a Carosino, tante le strade e le atmosfere della sua terra nel film. Le narrazioni del regista mi hanno sempre affascinata come amante della settima arte, per il suo tempo rallentato, per la fotografia che a volte sgrana in lontananza fondendo i colori del Sud, per i colori sabbia o grigio dove va a bussare improvvisamente il rosso o il verde brillante. E poi tetti di case, sezioni di fabbriche, visi in primo piano con maglioni fatti ai ferri che tanto ricordano le pellicole dei paesi dell’Est. Almeno questa è la mia impressione.
Atmosfere che noto nel film della regista macedone Mitevska. La protagonista vista di spalle osserva la croce che forse potrebbe cambiarle la vita, fatta di umiliazioni e vessazioni. La colpa che le viene inflitta è l’essere donna, per di più goffa e in sovrappeso. E che importa se è laureata in Storia. Questo è solo un dettaglio per una società patriarcale, che affonda le sue radici nella stessa famiglia, nel pensiero di una madre che vede la figlia brutta, poco spendibile nel mondo del lavoro e privato.
Petrunya con i suoi maglioni di lana, gonne lunghe e anfibi si ribellerà alla madre, al patriarca, ai maschi inviperiti, alla polizia. Sola contro tutti, ma con un sorriso finale che profuma di dignità e che ci rappresenta, perché espressione di scelte coraggiose e condivisibili.
Anche dai film passano le buone pratiche. Alla prossima e non dimenticate di portare la seggitedda.
Elena Manigrasso
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