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Dilma Rousseff in stato d'accusa

Dilma Rousseff in stato d'accusa

Eduardo Cunha ha autorizzato l'apertura del procedimento di impeachment contro la Presidente. Avrebbe falsificato i bilanci del 2014 e del 2015 e ricevuto finanziamenti illeciti durante la campagna elettorale.

Giovedi, 10/12/2015 - Dilma Rousseff sull’orlo del precipizio. Contro di lei Eduardo Cunha, il presidente della camera dei deputati del Brasile, ha autorizzato l’apertura di un’inchiesta. Brutte notizie per la Presidente, che rischia di essere destituita se lo stato dell’accusa fosse approvato da due terzi dei parlamentari. L’imputazione, che viene dall’opposizione al governo, è quella di avere falsificato i bilanci del 2014 e del 2015 e di avere ricevuto finanziamenti illeciti durante la campagna elettorale. Da parte sua, in un breve discorso tenuto al Palacio do Planato a Brasilia, Rousseff ha definito inconsistenti, e non fondate su alcun atto irregolare, le incriminazioni alla base dell’indagine. “Ho ricevuto con indignazione la decisione del Presidente della Camera dei Deputati contraria a un mandato democraticamente conferito dal popolo brasiliano”, ha affermato, “non c’è contro di me un sospetto di malversazione di denaro pubblico, non ho conti segreti all’estero e non ho fatto pressioni su istituzioni o persone”.



La mozione, composta da 28 fascicoli, era stata presentata lo scorso ottobre. Ora la costituzione di una Commissione speciale che valuti le accuse; poi, entro dieci sessioni amministrative, la decisione del Parlamento se procedere o meno a notificare le stesse alla Presidente. Se i due terzi della Camera (342 dei 513 parlamentati) assumeranno posizione a favore dell’impeachment, il processo continuerà. In questo caso, Rousseff verrebbe sollevata dall’incarico e sostituita dal vicepresidente Michel Temer, appartenente al Partito del movimento democratico brasiliano, la stessa formazione di Cunha. Infine il Senato che, con la supervisione della Corte di giustizia, emetterà il decreto finale entro un periodo di 180 giorni.



Sull’accusa di falsificazione del bilancio c’era già stato un verdetto emesso dalla Corte dei conti, che ha il potere di supervisionare l’esecutivo. Nel mese di ottobre, l’organo dichiarava che nel 2014 il governo aveva preso in prestito fondi statali in maniera illegale per coprire ammanchi nel bilancio. Ma i partiti dell’opposizione accusano il governo di essere coinvolto anche nella corruzione che riguarda la Petrobras, l’azienda petrolifera di Stato di cui Rousseff era presidente prima di essere chiamata al governo dal suo predecessore Louiz Ignacio Lula da Silva. Più di 50 persone, comprese le cariche principali e alcuni appartenenti al Pt, avrebbero gonfiato dall’1 al 3 per cento del loro valore i contratti con alcune società di costruzioni per realizzare infrastrutture al largo delle coste brasiliane, secondo gli inquirenti. In cambio i partiti della coalizione di governo, compreso il Partito dei lavoratori che è alla testa del Paese dal 2003, avrebbero ricevuto tangenti e finanziamenti illeciti.



Ad aggravare la situazione anche l’economia. Il Paese è entrato in recessione: tra aprile e giugno il pil è sceso dell’1.9 per cento, dopo che nel primo trimestre si era registrato un calo dello 0.7 per cento.

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