Lunedi, 11/02/2013 - La prima considerazione che mi è venuta in mente seguendo l’annuncio delle “dimissioni” del Papa, di pochi minuti fa, riguarda la successione. Ossia chi salirà al soglio di Pietro al posto di Ratzinger. Di per sé può essere un criterio, ma non certo il solo, per far luce sulla vicenda. L’evidenza delle cosiddette teorie complottiste che verranno presto chiamate in rassegna obbligano alla cautela. Gli scandali denunciati da Viganò nell’inchiesta sulla corruzione della banca vaticana rappresenteranno sicuramente una pista. Così come le compromissioni pedofile che da anni scuotono la base e le alte gerarchie del clero. Compromissioni per altro imbarazzanti per lo stesso Papa, da molti indicato a conoscenza se non addirittura testimone, di quel che a riguardo è stato denunciato in Baviera. L’affare di Emanuela Orlandi è un altro macigno che lede la credibilità di questo pontefice obbligato più dalla ragion di stato che dalla cura pastorale del proprio gregge. Eppoi naturalmente ci sono le forze interne alla politica del vaticano. I gruppi di potere cardinalizi che giocano in una direzione o in un’altra. Le scuole teologiche che premono per diventare egemoni o per recuperare il terreno perso. Logico quindi aspettare il nome che uscirà dal prossimo Conclave per cercare di comprendere. In base alla modestia o caratura del personaggio potranno svilupparsi interessanti ulteriori congetture. Utili a mantenere per un bel po’ sotto i riflettori l’intera chiesa.
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