Il Flauto magico è una grande favola, narra di un principe, una principessa, una regina, il cattivo e il giullare, e delle prove da superare per conquistare l’AMORE
Lunedi, 15/10/2018 - Die Zauberflöte - Il Flauto magico
di Adriana Moltedo esperta di Comunicazione e Media
Die Zauberflöte di Mozart è l’opera in lingua tedesca più eseguita al mondo, ma questa interpretata da Barrie Kosky e Suzanne Andrade è Opera Magna.
Mozart probabilmente si rifece allo singspiel, un tipo di spettacolo tipicamente tedesco in cui ai numeri musicali si alternano dialoghi parlati. Un intrattenimento farsesco che doveva stupire il pubblico con macchine e colpi di scena, e l’interpretazione di Barrie Kosky e Suzanne Andrade segue questa linea.
L’allestimento di Kosky e Andrade restituisce a Mozart le tante sfumature giocose dell’opera, tra ragni, gatti neri ed elefanti rosa galleggianti.
Il Flauto magico è una grande favola, narra di un principe, una principessa, una regina, il cattivo e il giullare, e delle prove da superare per conquistare l’AMORE.
Tamino si innamora di Pamina prima di vederla ed è separato da lei per la maggior parte del tempo, Papageno si dispera per l’assenza di una compagna, il moro Monostato, rifiutato da tutti, vorrebbe approfittare di Pamina nel sonno.
Tenera storia d’amore monumentale e metafora del potere della musica, del Flauto Magico e dei Campanellini.
L’amore è il cuore di tutta l’opera che parla di solitudine, di passioni vagheggiate, sentimenti idealizzati e perduti e di desideri impossibili che diventano ossessioni.
Perché tutto fa l’AMORE.
Mozart compose Die Zauberflöte nel 1791, pochi mesi prima di morire, insieme al librettista Emanuel Schikaneder.
Sua moglie era lontana e lui le scriveva lettere piene di nostalgia, struggendosi nell’attesa delle risposte.
Perché tutto fa l’AMORE ma dietro Mozart aveva celato capricci, misteri e allusioni.
Quello che abbiamo visto però nei giorni scorsi all’Opera di Roma, fondamentalmente è un cartone animato con la regia di Barrie Kosky e Suzanne Andrade che hanno trasformato Il Flauto Magico di Mozart in un film degli anni Venti.
Un’opera lirica come una pellicola del cinema muto, con le didascalie al posto dei dialoghi.
La scenografia non esiste: c’è solo uno schermo bianco con delle aperture a diversi metri d’altezza. Tutto il resto è luce proiettata su uno schermo, immagini surreali, oniriche, in cui gli attori si muovono coreografati con precisione millimetrica.
È l’antica illusione delle ombre cinesi, ma così sofisticata che è impossibile dire cosa sia vero e cosa no.
Papageno accarezza un gatto che non c’è e beve da un bicchiere virtuale. Il regno della notte sembra un film di Tim Burton, con gatti, ragnatele teschi, la regina Astrifiammante interpretata da Olga Pudova è un ragno gigante che con la famosa aria La vendetta ribolle nel mio cuore con quella serie di acuti incredibili ci ha fatto sussultare.
Il regno del sacerdote Sorastro invece è un trionfo della tecnica, tutto orologi e ingranaggi, come nella Metropolis di Fritz Lang.
La scelta “cinematografica” della regia nasce dal sodalizio artistico con il collettivo teatrale 1927, di Andrade con Paul Barrit.
Tutto nell’opera richiama le avanguardie artistiche degli anni Venti.
Le parti parlate sono state sostituite dalle didascalie sullo schermo, come nei film muti.
Gli attori dunque sono in una scenografia caledoiscopica fatta solo di immagini proiettate, piena di citazioni cinematografiche.
Pamina interpretata da Kiandra Howarth, ha il caschetto di Louise Brooks e un abito con il colletto bianco e i bottoni, Monostato interpretato da Marcello Nardis è identico al Nosferatu di Murnau. Papageno, interpretato da Joan-Martin Royo, che si alterna ad Alessio Arduini, è vestito come Buster Keaton,. Nel ruolo di Tamino, il tenore Giulio Pelligra, che dà il cambio all’argentino Juan Francisco Gatell.
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