Note ai margini - Nel 2016 finalmente si metterà fine alle discriminazioni di cui soffrono le poche lavoratrici del nostro Paese
Castelli Alida Lunedi, 23/07/2012 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Luglio 2012
Il Governo Monti si è assunto l’impegno di varare un opportuno programma affinché dal 2016 le donne e gli uomini a parità d’incarico godano dello stesso stipendio.
L’approvazione di un ordine del giorno al Senato è stata riportata dai media come una buona, anzi eccellente notizia. Nel 2016 finalmente si metterà fine alle discriminazioni di cui soffrono le poche lavoratrici del nostro Paese (non dimentichiamo infatti che da noi lavorano meno di 5 donne su 10), non a causa solo di reali difficoltà nel conciliare lavoro e famiglia, ma anche per il pregiudizio che la figura della lavoratrice continua a subire nei luoghi di lavoro. La discriminazione del differenziale retributivo riguarda infatti anche quelle che, per qualunque motivo, non hanno figli. E ce ne sono ormai molte.
Quindi aspettiamo fiduciose, ancora qualche annetto e poi tutto cambierà. Di notizie come queste a dir la verità ne abbiamo sentite già altre volte.
Forse nessuno/a ci crede, o nessuno/a ricorda quel minimo di storia dell’avanzamento dei diritti delle donne nel nostro Paese per indignarsi il dovuto, davanti all’apparente buona notizia.
L’articolo 2 della legge 903/77, quindi una legge di 35 anni fa, recita infatti: “La lavoratrice ha diritto alla stessa retribuzione del lavoratore quando le prestazioni richieste siano uguali o di pari valore. I sistemi di classificazione professionale ai fini della determinazione delle retribuzioni debbono adottare criteri comuni per uomini e donne.”
Mi sarei aspettata, come minimo, che qualcuno ci chiedesse scusa per non aver mai applicato questa legge e tutte quelle che successivamente l’hanno ribadita.
Mi sarei aspettata che tutto il decisionismo sperimentato sulla riforma delle pensioni producesse dei risultati un po’ più certi e celeri per mettere fine a questa vera e propria ingiustizia. Invece nella riforma delle pensioni abbiamo assistito proprio all’esatto contrario di quello che con l’ordine del giorno approvato si è prefigurato. Nessuna misura specifica, nessun tentativo di rimuovere ostacoli. Una parità appiattita che diventa ingiustizia. Ingiustizia che si ripercuote non solo negli anni di vita lavorativa, ma anche - ed in maniera consistente - sui redditi da pensione.
Ma nessuno più si meraviglia di nulla, nessuno si chiede come fanno a vivere quelle donne e quelle persone che percepiscono una pensione sotto i 500 euro (e non sono proprio poche), per la stragrande maggioranza sono donne e per di più sole.
Forse nessuno si aspetta e si aspettava miracoli dopo anni di disastri di ogni tipo, ma qualche segno lo pretendevamo, dovendo fare sacrifici non solo per il passato ma anche per prefigurare un futuro migliore.
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