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Detenute, un laboratorio Udi nel carcere di Bologna - di Alba Piolanti*

Detenute, un laboratorio Udi nel carcere di Bologna - di Alba Piolanti*

Il racconto di un laboratorio dell'Udi di Bologna nella sezione femminile del carcere sul tema della violenza

Lunedi, 18/01/2016 - PAROLE PER PENSARE LA VIOLENZA SULLE DONNE

Un laboratorio di UDI alla sezione femminile della Casa circondariale di Bologna: ciclo di quattro incontri dal 31 ottobre al 28 novembre 2015



UDI accoglie con entusiasmo nel 2014 l’invito delle Elette nell’Amministrazione comunale e in particolare della Dott.ssa Mariaraffaella Ferri in accordo con l’area pedagogica e direzionale, a svolgere un’attività nell’ambito del progetto NON SOLO MIMOSA, nella sezione femminile del carcere di Bologna. All’interno del tema generale che è quello della salute e del benessere delle detenute, UDI propone di affrontare le tematiche legate alla violenza sulle donne. E’ convinzione infatti delle ideatrici che una serie di letture sull’argomento e un confronto di idee e sguardi ben possano migliorare lo stato di salute psicologica delle detenute rafforzando la loro identità personale.

L’idea che sta alla base del progetto è quella di ascoltare/leggere parole che aiutino a riflettere, pensare, acquisire maggiore sensibilità e consapevolezza rispetto ai problemi che emergono, suscitando magari altre parole per confrontarsi e conoscersi. UDI, la mia associazione, che da sempre si occupa di tutelare le donne, i loro diritti, la libertà personale, l’autodeterminazione, il lavoro, la maternità, che interviene contro le discriminazioni di genere e la violenza, mi delega a questo incarico, unitamente alla fotografa Sara Colombazzi. Entrare in carcere: un’esperienza del tutto nuova per me! Perplessità, dubbi, timori…sì, è naturale, è un ambiente che non conosco: mi fido tuttavia delle mie tante esperienze. Peraltro l’idea di incontrare donne, figlie o madri della violenza per averla agita o subita, per averla vissuta direttamente o indirettamente, mi affascina e mi interessa fin da subito. Pertanto, richiamo brani provenienti dal mondo letterario e seleziono episodi dalla cronaca che siano di supporto ai nostri appuntamenti. Un po’ di vocabolario;la violenza e le discriminazioni su bambini e bambine; su donne, uomini, nelle società diverse; forme, volti e suoni delle violenze, con letture varie. Dunque, attraverso le parole spero di far riaffiorare emozioni, fatti, sentimenti, stati d’animo, sepolti dalla sabbia del tempo e dalle intemperie della vita.I volti della violenza sono tanti: si tratta di conoscerli per poi ri-conoscerli.

Commentarli insieme, riflettere, stimolare parole nuove? E poi, chissà,le donne che incontrerò vorranno leggerli ad alta voce? Servirebbe per esprimere la rabbia, la tristezza, la disperazione, la paura, l’amore, l’odio, che ciascuna di loro probabilmente cova dentro? Potrebbe essere un modo per aiutarle a sentirsi meglio, più libere e leggere? Più se stesse? A trovare dentro una maggiore forza, a sentirsi più solide, più robuste verso la vita forzata cui sono costrette?

Con queste idee in testa le incontro.

Un rumore di passi, voci e quindici belle ragazze, eleganti, sorridenti, entrano nella Sala Cinema: ci salutiamo, ci presentiamo…nomi, sguardi esplorativi, sorrisi, volti aperti. Nulla a che vedere con l’immagine delle detenute con le divise squallide, poco curate, spettinate e magari anche poco pulite, che ho visto nei film!

Si siedono sulle sedie in posizione di ascolto, una fila dietro l’altra … … No, no! “Che ne direste di spostare le sedie e metterci in cerchio? Così potremo vederci e stare più vicine?” L’UDI, l’attività, le parole mie e loro, i testi da leggere…chi ha voglia di leggerne uno? Questo sì…oppure quest’altro? Lentamente il dialogo si snoda, i loro occhi si fanno vivaci e pronti. Il mio scopo sarebbe che tutte alla fine avessero parlato, ce la faremo? Qualcuna è più restia, un’altra più aperta non ha bisogno di essere invitata. Vorrebbero parlare tutte insieme, le voci si sovrappongono, e allora bisogna invitarle ad intervenire una per volta. E’ importante che tutte siano ascoltate se vogliamo costruire un dialogo che, superando i confini del carcere, si fa multiculturale, multietnico, e plurilinguistico. Leggere ad alta voce? Temevo fosse un problema e invece…Angela, Teresa, Sonia, ….alla fine solo un paio hanno taciuto ma i loro volti sono più sereni, meno bui, e forse la volta prossima si fideranno. Abbiamo usato parole nuove per la violenza sulle donne, ci siamo raccontate. La prossima volta ciascuna leggerà, nella lingua madre, dai testi consegnati le frasi o le parole “che sentiamo più vicine” (ha detto una di loro), e io mi impegno a produrre altro materiale scritto che oggi hanno così apprezzato. Il tema del prossimo incontro dovrebbe essere “la violenza sui minori”: chissà se potrà interessare quanto quello di oggi? In fondo hanno tutte ben presente la loro infanzia-adolescenza, e alcune sono già madri se non addirittura nonne!

Gli incontri si susseguono secondo il calendario ed ogni volta è un piacere e una gioia reciproca. Fin dall’inizio, nonostante non ci conosciamo, solo dopo pochi minuti ci sentiamo sorelle, diciamo parole comuni, proviamo emozioni reciproche e facciamo passi enormi sulle nostre coscienze. Loro leggono ad alta voce e con interesse i testi, ascoltano e commentano in un confronto civile e meditato. Attraverso quelle parole possono rivivere brandelli di vita, le fanno proprie traducendole nella loro lingua per sentirne il suono e il sapore. La presenza di Sara Colombazzi che documenta l’incontro con le sue foto è molto ben accolta e anche i suoi contributi di giovane donna sono proficuamente recepiti. Sara ferma il tempo con gli scatti della sua macchina fotografica, alcune le chiedono un ritratto da sole, altre con la “sorella”, un termine che loro ci fanno riscoprire. Tanti sguardi vivaci, tanti punti di vista, tante storie e altre parole: violenza, discriminazione, sottomissione, diritto della donna, circo mediatico, disprezzo, paura e stop alla violenza. E quando, sempre all’interno del progetto generale, il regista Eugenio Melloni, allestendo il set per le riprese filmate, spiega loro con richieste precise e puntuali la sceneggiatura che ha in mente, tutte con spontaneità e rapidità si portano davanti alla telecamera dove sono protagoniste con il testo che hanno scelto di leggere. Il potere delle parole di fare riaffiorare momenti di vita rimossi o comunque tralasciati, è un tocco magico che illumina i loro sguardi e ci avvicina alle loro vite.Il tempo è volato e concludiamo l'incontro con un autoscatto di gruppo e una delle donne sorridendo ci dice: ci avete regalato ore di libertà. Ora nei loro silenzi potranno riflettere su quelle pagine e parole nuove le aiuteranno ad essere più consapevoli e libere. Ed io, ricca delle loro esperienze e del calore che mi hanno trasmesso, tristemente devo lasciarle, anche se l’abbonamento a NOIDONNE che Udi ha acceso per loro mi consola: le detenute sanno che, quando una tema legato alle questioni di genere susciterà la loro curiosità, noi saremo felici di ri-incontrarle.



*Alba Piolanti per l'Udi di Bologna

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