Sabato, 20/07/2024 - La Corte europea dei diritti dell'uomo ha censurato il governo italiano per il trattenimento presso il Centro di permanenza per i rimpatri di Ponte Galeria, di una donna con problemi di salute mentale, ordinando il trasferimento in un luogo idoneo alla cura. Nonostane l 'incompatibilità dello stato di salute della donna ( della cui nazionalità neppure si ha certezza! ) la Questura di Roma, da ottobre dello scorso anno, ha richiesto per ben cinque volte la proroga del suo trattenimento, puntualmente convalidato dal giudice di pace, abbandonando la detenuta a se stessa, in una cella di isolamento. A seguito del ricorso inoltrato alla CEDU, la Corte ha sottolineato che la detenzione di una persona con problemi di salute mentale in un Cpr, è contraria al divieto di tortura e ai trattamenti inumani e degradanti, ai sensi dell'art. 3 della Convenzione, rimarcando anche in questa pronuncia, l' inadeguatezza della disciplina italiana in tema di detenzione amministrativa degli stranieri. Per scongiurare la violazione del richiamato art. 3, secondo la Corte, non basta il divieto negativo di tortura o di trattamento inumano, in quanto lo stato della persona detenuta può necessitare di una tutela ulteriore dettata dalla vulnerabilità del contesto nel quale si trova. Il singolo Stato deve garantire che ogni persona sia detenuta in condizioni compatibili con il rispetto della dignità umana. Difficile, in ogni caso, comprendere il senso di questo consistente ed incontrollabile utilizzo della detenzione amministrativa, laddove l'unico motivo giustificatorio risulta essere la necessità di salvaguardare la sicurezza delle proprie frontiere nazionali, a discapito, evidentemente, dei diritti umani, in primis della salute fisica e mentale.
Nel nostro ordinamento, la detenzione amministrativa per gli immigrati irregolari, ( così definiti perchè destinatari di un decreto di espulsione), è stata introdotta, nel 1995, come misura eccezionale e temporanea, dal cosiddetto decreto Dini, per una durata massima di trenta giorni, in strutture all' epoca non meglio definite, di volta in volta indicate dal Ministero dell' interno.
Con la legge Turco-Napolitano ( n. 40/1998), viene legalizzata la pratica della privazione della libertà dello straniero, sulla base di un semplice provvedimento amministrativo. Si statuiva, in particolare, che laddove non fosse stato possibile eseguire immediatamente il provvedimento di respingimento alla frontiera, il Questore avrebbe potuto disporre il trattenimento dello straniero per un massimo di trenta giorni. A disciplinare ulteriormente quelli che all'epoca furono definiti CPTA, fu il Regolamento attuativo della legge richiamata, che cristallizzò le linee guida nazionali per la gestione dei centri, autorizzando le Prefetture ad appaltare la gestione dei centri ad enti esterni.
Nel 2002, con la legge Bossi-Fini ( n. 189), vennero ridefinite le politiche sull' immigrazione, prescrivendo la criminalizzazione della condizione di clandestinità e l' espulsione immediata degli immigrati irregolari, da eseguirsi con l' accompagnamento alla frontiera ad opera della forza pubblica. Nel 2008, con decreto legge, i CPTA vengono rinominati in centri di identificazione ed espulsione ( Cie) e, con il pacchetto sicurezza, del governo Berlusconi, nel 2009, venne innalzato il termine massimo di detenzione da sessanta a centottanta giorni e si introdusse il reato di immigrazione clandestina da giudicarsi con rito direttissimo innanzi al giudice di pace. Nel 2011, il termine di trattenimento viene esteso a diciotto mesi. Tralasciando le innumerevoli modifiche temporali intercorse negli anni, va evidenziato che, nonostante lo status di trattenuti od ospiti all'interno dei centri, la permanenza degli stranieri corrisponde ad una vera e propria detenzione, perchè sottoposti ad un regime che impedisce loro sia di ricevere visite dall'esterno sia di far valere il diritto alla difesa legale. Con il governo Meloni, si è ulteriormente aggravata l' azione repressiva in danno dei migranti e dei richiedenti asilo: oltre a riportare a diciotto mesi il periodo di trattenimento, il Ministro dell' interno ha riproposto l 'ipotesi di realizzare un Cpr in ogni regione italiana oltre ad una cauzione di circa cinquemila euro ( definita garanzia finanziaria) per i migranti che non vogliano essere trattenuti.
Scelte scellerate, finalizzate ad alimentare marginalità, discriminazione ed esclusione sociale.
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